Grande successo a Palermo per il “Don Pasquale” firmato Michieletto
di Alma Torretta
22 Feb 2023 - Commenti classica
È arrivato il “Don Pasquale” firmato Michieletto al Teatro Massimo di Palermo. Brilla il tenore René Barbera nel ruolo di Ernesto.
(Foto di @Rosellina Garbo)
È arrivato in Italia, al Teatro Massimo di Palermo, il Don Pasquale firmato Damiano Michieletto che già tanto successo ha riscosso al Covent Garden di Londra e all’Opéra di Parigi.
Un allestimento che attualizza all’oggi l’opera buffa di Donizetti, come ama fare spesso il regista. Non ci sono pareti, solo porte, il tetto è definito da linee luminose e le diverse stanze individuate da qualche mobile, e cosi in fondo, dall’interno della casa, è possibile vedere anche l’auto posteggiata fuori l’ingresso. Il tutto è collocato su una piattaforma mobile che gira su se stessa regalando movimento ad un insieme che è già di per sé in perenne trasformazione, con gli attrezzisti continuamente in scena a montare e smontare, passando dalla casa di don Pasquale al set foto-cinematografico dove lavora Norina, collocazione che gioca di rimando con la messa in scena ideata dal dottore Malatesta per gabbare il vecchio. Set oltretutto con uno schermo verde che consente anche di creare in modo inaspettato, grazie alle proiezioni video, tra l’altro, il giardino dove si incontrano gli amanti.
Le bellissime scene, tanto semplici quanto originali ed efficaci, sono come al solito di Paolo Fantin, collaboratore abituale di Michieletto, e tra le sue più riuscite. Alla genialità dell’allestimento si aggiunge la qualità degli interpreti, due cast con artisti di livello in entrambi i casi, anche se non sempre perfettamente adatti ai ruoli, è il caso di Norina e Malatesta per ragioni diverse. Noi abbiamo assistito ad una rappresentazione del primo cast, con il basso Michele Pertusi nelle vesti di Don Pasquale, veterano del ruolo che conosce, e canta, alla perfezione e che la regia di Michieletto rende più simpatico mostrandoci Malatesta anche bambino coccolato dalla sua mamma, aggiungendo un tocco di nostalgia e tenerezza al burbero e un po’ ottuso settantenne. Nella seconda distribuzione c’è Carlo Lepore, altro specialista del personaggio.
Ma a brillare nel primo cast è innanzitutto il tenore americano di origini messicane René Barbera la cui voce squillante e piena riempie senza difficoltà la pure assai ampia sala del Teatro Massimo, facilità di acuti, grande musicalità naturale, dizione italiana perfetta, parole scolpite, anzi cesellate, alla perfezione, e quanto è divertente e credibile nella parte del bonario Ernesto che arriva in scena con una pizza da asporto, ma è sinceramente innamorato della sua Norina e canta divinamente la disperazione del suo sogno d’amore che va in frantumi alla decisione dello zio Pasquale di prendere moglie e diseredarlo. Molto poetica in questo passaggio la figura della sposa, materializzazione del suo sogno, che lo accompagna ma infine svanisce. Per Barbera gli applausi più lunghi e calorosi. Si alterna con il tenore rumeno Ioan Hotea.
Norina è invece nel primo cast il giovane soprano Giuliana Gianfaldoni, acuti luminosi ma non abbastanza volume, troppo spesso si sente poco ma mostra carattere quando interpreta Sofronia, la finta sorella di Malatesta, che fa impazzire don Pasquale sperperando i suoi soldi per rinnovare tutto in casa (e tutto davvero cambia, anche l’auto), e mentre lui resta in pantofole, lei si prepara per andare a teatro ed anche ad incontrare l’amante. Nel secondo cast il ruolo di Norina è affidato invece alla spagnola Marina Monzò.
L’ottimo baritono austriaco Markus Werba è poi Malatesta, le sue doti vocali le mostra subito ben cantando la famosa aria “Bella siccome un angelo” ma la sua immagine giovanile rende presto poco verosimile la fiducia che gli accorda don Pasquale. Nel secondo cast il ruolo è affidato invece al baritono Christian Senn. Infine, il basso Enrico Cossutta è, in entrambi i cast, il notaio, qui dormiente a bordo palcoscenico e chiamato all’azione solo quando serve.
In realtà ci sono anche altri protagonisti, i tre pupazzi che arricchiscono la seconda parte dello spettacolo e che fanno tanto ridere il pubblico, ma sin dall’apertura del sipario si fa notare pure la figura muta del maggiordomo che Michieletto ha trasformato in una severa “maggiordoma” molto presente.
Appropriati i costumi di Agostino Cavalca che non hanno bisogno di essere troppo estravaganti per essere ironicamente, sottilmente, divertenti. Buona la prova del coro, diretto con la consueta precisione dal maestro Salvatore Punturo, e dell’Orchestra del Teatro Massimo guidata dal giovane Michele Spotti che mette ben in risalto le parti soliste. La regia di Michieletto a Palermo è stata ripresa da Dan Dooner, staff director alla Royal Opera House.