Grande Martinucci nella Turandot picena
Silvana Scaramucci
4 Dic 2008 - Commenti classica
Ascoli Piceno. Il pubblico ascolano, intervenuto numerosissimo in entrambe le serate in cartellone (28 e 30 novembre), ha gradito con calorosi applausi l'allestimento della Turandot di Giacomo Puccini prodotto dal teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno in collaborazione con i teatri di Massy (Francia) e Treviri (Germania) nella versione del regista tedesco Gerhard Weber e nella scenografia di Rocco Pugliese Eerola che ha curato pure i costumi. In realtà è stata una buona realizzazione del dramma pucciniano con la conclusione di Franco Alfano che subentrò al maestro di Torre del Lago attenendosi filologicamente ai librettisti G.Adami e R. Simoni e alle partiture musicali lasciate incompiute al terzo atto, precisamente all'aria di Liù, per il sopraggiungere dell'evento ferale.
La direzione dell'Orchestra di Trier affidata al maestro Anthony Barrese ha reso con scrupolo interpretativo ed esecutivo la specifica melodiosità del repertorio melodrammatico di Puccini, come pure all'altezza sono stati i Cori, delle voci bianche diretto da Mario Giorgi e del Coro di Carlo Morganti.
La scenografia, nel complesso e per quanto abbia consentito il pur valido palcoscenico del massimo ascolano, è apparsa originale e ben architettata soprattutto per essersi affidata ad espedienti-chiave del mondo orientale letti e rivisitati in chiave contemporanea: la maestria delle luci, il rigore delle scelte cromatiche e, in certo qual senso, i costumi. Non tutti, però. L'espediente di accostare abiti borghesi dei protagonisti principali, Calaf, Timur e Liù a costumi di chiaro ricalco orientale, se da una parte meglio ha sottolineato l'ardire dello straniero di tentare la sorte alla porta del palazzo imperiale per conquistare il cuore della gelida Turandot, dall'altra ha svilito la drammaticità dei ruoli. à così accaduto che l'anziano Timur, un bravo vocalisticamente parlando Andrei Kapralov, sia apparso poco probabile nell'abito scuro e nel trucco che malcelavano la sua giovanissima età a fronte di un evidente maturo Calaf che di Timur è figlio. La costumistica dell'opera molto può fare in fatto di travestimenti e/o camuffamenti .ma non si è fatto. Il risultato distonico ha disturbato la completa immersione del pubblico più attento nell'atmosfera favolistica che di quest'opera costituisce la trama, il tessuto, il nucleo, il tutto. Viceversa viene a scoprirsi il fragile impianto narrativo.
Ma siamo d'accordo sulla scelta del cast che, torniamo a sottolinearlo, è stato ottimo e coeso con Irina Gordei, Carlo Assogna, Gemma Cardinale (seconda serata), la triade Donato Di Gioia, Stefano Osbat, Stefano Pisani e, soprattutto lui, Nicola Martinucci. Teniamo a precisare che, negli ultimi anni, eccezion fatta per il trio Carreras, Pavarotti, Domingo ormai duo, non abbiamo sentito voci tenorili di così bella vocalità , pastosità timbrica e impostazione melodiosa come quella di Nicola Martinucci. Finalmente! E allora, se scelta doveva esserci nell'allestimento complessivo, meglio aver salvato la scelta della voce, dell'interprete
(Silvana Scaramucci)