Gl'innamorati di Goldoni- Artissunch tra finzione e realtà


di Emanuele Peretti e Claudia Zavaglini

11 Ago 2013 - Senza categoria

Teatro: Recensioni

Civitanova Marche (MC). Ci sono di quelle opere che possono fare a meno di una data di nascita e, infischiandosene del tempo che passa e del mondo che crede di cambiare, stupiscono chi le osserva per la loro attualità e freschezza. Ci sono di quegli autori che hanno avuto il genio e la sensibilità di analizzare così a fondo l'animo umano da restituircene dei tratti in cui ciascuno di noi può specchiarsi e riconoscersi. Se il tutto è anche reso con leggerezza (ma anche, vorremmo dire, con tenerezza), siamo certi di trovarci di fronte ad un capolavoro, ad un grande classico.
Gl'innamorati di Goldoni è tutto questo: un grande specchio magico, posto su un palco, che ci mostra come siamo fatti: le nostre passioni, le nostre debolezze, le nostre irrazionalità , i nostri orgogli e sentimenti, e ci fa sorridere di essi.
Due innamorati, Eugenia e Fulgenzio, che, per il troppo amore, cadono invischiati in un vortice di passioni (gelosia, orgoglio, risentimento) e sembrano non riuscire mai a trovare la pace e la serenità , in una continua altalena oscillante fra solenni giuramenti d'amore e rabbiosi addii. Due personaggi senza tempo, si è detto, contornati da altre figure, ognuna con un caratteristico tratto, un altro particolare del dipinto dell'animo umano. Come lo zio Fabrizio (personaggio trasformato in femminile nella messinscena di Artissunch): millantatore e opportunista, è pronto ad esprimere un'opinione diversa sulle persone e sugli eventi a seconda del momento e dei vantaggi che può ricavarne e si mette in ridicolo cercando di apparire come non è più (giovane e autoritario) e come non sarà mai (nobile e ricco). Davvero una grande opera su noi stessi e sulle dinamiche dei rapporti: assurde, complicate, irrazionali, profondamente umane.

Abbiamo visto Gl'innamorati nella versione del regista Stefano Artissunch e della sua compagnia Synergie Teatrali, in occasione della loro tappa al teatro Annibal Caro di Civitanova Marche. Si tratta della seconda replica in assoluto (dopo la prima nazionale) di questo spettacolo e questo spiega alcune minime, ma percettibili, dèfaillance di memoria e di affiatamento fra gli attori, penalizzati anche da qualche problema tecnico alle luci. Segnali che si è ancora nel rodaggio di una regia complicata, per quanto bella ed efficace.
Le caratteristiche che subito saltano all'occhio sono innanzitutto il rispetto del regista per il tempo e lo spazio storico in cui la commedia è ambientata: ci si trova infatti nella Milano del Settecento, nella casa di Fabrizia (Isa Barzizza); i costumi sono d'epoca, molto belli e curati nei dettagli, l'arredamento è scarno: alcune sedie, un piccolo tavolino, un baule e qualche libro alle pareti. Già , proprio le pareti sono la particolarità di questa scena. Esse sono costituite da una specie di scacchiera di legno, in cui dominano i vuoti. Sono pareti che non danno un senso di intimità e di protezione per le persone e le vicende che vivono al loro interno, ma, al contrario, sono permeabili da chiunque voglia osservare o addirittura entrare nella storia di Eugenia e Fulgenzio. Così anche alcuni cambi di costume sono a vista, dietro le strane pareti-non pareti che separano e non separano il teatro dalla realtà . Queste aperture nella struttura in legno sono molto sfruttate anche registicamente dagli attori che ci parlano attraverso o le scavalcano, o vi si appoggiano, come se anche loro fossero consapevoli del fatto che esse non servono certo a ripararli da sguardi indiscreti del mondo esterno. La scena ad un certo punto si chiude addirittura, con la comparsa di un'ulteriore parete dello stesso stile che si frappone parallelamente alla scena. Qui la sensazione da parte dello spettatore è proprio quella di stare spiando dal buco della serratura non solo i gesti, ma anche i pensieri dei due amanti.
Altro fatto è che la sorella vedova di Eugenia, Flamminia, è interpretata da un attore (Stefano De Bernardis) piuttosto che da un'attrice. Questo permette al regista di sfruttare ulteriori soluzioni comiche e paradossali, puntando sull'uso di diversi registri vocali e sul contrasto fra l'aspetto inevitabilmente rude del personaggio e la sua indole romantica e sognatrice. Infine, è chiara e, a nostro avviso, giustamente enfatizzata, la componente recitativa che attinge dal mondo della commedia dell'arte: caratteristica imprescindibile per Goldoni, qui ottimamente dosata ed utilizzata nei divertenti personaggi di Tognino e Ridolfo (Stefano Tosoni) e di Lisetta, Clorinda e Succianespole (Laura Graziosi), che utilizzano il tipico linguaggio, verbale e gestuale, ed i tipici espedienti comici delle maschere.
Le luci restituiscono un'atmosfera mai troppo sfavillante e luminosa, quanto più spesso cupa e introspettiva. Efficace la presenza di una fila di lanterne in proscenio, delle appliques alle pareti e dei proiettori messi di taglio, a dare profondità alla scena. Le musiche di Mozart commentano bene l'atmosfera ed è buona l'idea del tuono e del temporale messi a sottolineare i litigi ed i malumori dei personaggi.
Dal punto di vista più strettamente registico, abbiamo apprezzato la cura dei movimenti ed i tanti espedienti comici (a più livelli) incastonati nel testo goldoniano. La famosa e movimentata cena, alla cui preparazione è dedicata tutta l'attenzione della padrona di casa, Fabrizia, è raccontata dai due servitori che sono rivolti verso il pubblico, ai due lati del palco, e che fingono di spiare la scena da un'ipotetica porta. Le turbolenze e gli sdegni (per dirla proprio con Goldoni) che animano la cena, sono invece sottolineati dal movimento della tovaglia, tenuta sospesa dai commensali e più o meno agitata a secondo delle circostanze.
Per quanto riguarda gli attori, oltre che dalla ottima prova di un maestro come Artissunch, siamo rimasti piacevolmente impressionati dall'interpretazione coinvolgente ed appassionata di Selvaggia Quattrini, mentre leggermente sottotono ci è parsa Isa Barzizza, probabilmente per il fatto, che dicevamo, della fase ancora iniziale in cui versa la tournèe. Bene Stefano de Bernardis nella parte non facile di Flamminia e veramente bravi i due caratteristi Laura Graziosi e, soprattutto, Stefano Tosoni che ha sostenuto ben tre difficili e diversissimi ruoli: il servitore Tognino, il conte Roberto e l'avvocato ed amico Ridolfo, dando davvero un valore aggiunto per quanto riguarda la riuscita comica dello spettacolo.
Il pubblico, purtroppo non numerosissimo, è rimasto subito coinvolto ed interessato dalla vicenda dei due tormentati innamorati, come era inevitabile data la genialità del testo di Goldoni, ma è sembrato anche sinceramente divertito dalla messa in scena, tanto da regalare applausi a scena aperta agli attori sul palco.

Per concludere: dopo la felicissima esperienza con Lisistrata, Artissunch e Synergie Teatrali affrontano con successo anche un altro grande classico del teatro mondiale, riuscendo con una magistrale regia e delle ottime prove attoriali ad interpretare al meglio un testo stupendo ed immortale. Uno spettacolo consigliatissimo che, siamo certi, avrà il successo che merita.
(Emanuele Peretti e Claudia Zavaglini)


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