Gli ottant’anni del film “Ossessione”


di Alberto Pellegrino

23 Giu 2023 - Approfondimenti cinema

Dopo ottant’anni “Ossessione”, di Luchino Visconti, rimane un capolavoro del cinema italiano.

Nel 1942 Luchino Visconti (1906-1976) decide di girare Ossessione, un film che oggi viene considerato una delle pietre miliari del nascente cinema neorealista insieme a I bambini ci guardano di Vittorio De Sica e 4 passi fra le nuvole di Alessandro Blasetti.

Il film è lo straordinario debutto di un regista di 37 anni che riunisce introno a sé un gruppo di giovani intellettuali che fanno parte quasi tutti di una organizzazione comunista clandestina e che collaborano alla rivista Cinema, dove circolano le prime forme di dissenso nei confronti del regime fascista. Nel 1941 Visconti scrive l’articolo Cadaveri, nel quale denuncia il grado di “fossilizzazione” in cui è caduto il cinema italiano. Nello stesso anno Mario Alicata e Giuseppe De Santis rivendicano, sempre su Cinema, la necessità di “un’arte rivoluzionaria ispirata ad un’umanità che soffre e spera”, intendendo per “umanità” la “classe operaia” e per “arte rivoluzionaria” una “rivoluzione socialista”. Su di loro comincia a rivolgersi l’attenzione della polizia politica segreta (Ovra) e nel 1943 Mario Alicata e Mario Puccini finiscono nelle prigioni fasciste, mentre nell’aprile del 1944 lo stesso Visconti è catturato dai fascisti della Banda Koch ed è rinchiuso nella famigerata “Pensione Jacarino”, dalla quale riesce a fuggire, evitando la condanna a morte.

La realizzazione del film

Visconti in un primo momento è attratto dal verismo di Giovanni Verga e pensa di realizzare due film tratti dalle novelle L’amante di Gramigna e Jeli il pastore, ma i progetti sono bocciati dalla censura fascista. Ripiega allora sul romanzo Il postino suona sempre due volte dello scrittore statunitense James Cain, autore di opere a metà strada tra il “melò” e il noir. Per scrivere la sceneggiatura, il regista si rivolge a Mario Alicata, Giuseppe De Santis, Mario Puccini (lo scrittore marchigiano che suggerirà di girare alcune sequenze in Ancona), Alberto Moravia (non accreditato in quanto ebreo), Pietro Ingrao, Rosario Assunto, Sergio Grieco (non accreditati per motivi politici);  Giorgio Bassani collaborerà solo alle riprese effettuate a Ferrara. Il cast tecnico è formato da Giuseppe De Santis e Antonio Pietrangeli (assistenti alla regia), Aldo Tonti e Domenico Scala (direttori della fotografia), Gino Franzi (scenografia), Mario Serandrei (montaggio), Giuseppe Rosati (autore delle musiche). Gli esterni, dal 15 giugno al 10 novembre 1942, sono girati a Codigoro lungo le rive del fiume Po, a Comacchio, a Ferrara e in Ancona. Queste ultime riprese acquistano una particolare importanza storica, perché interi quartieri del centro storico di Ancona saranno distrutti poco dopo dai bombardamenti aerei degli Alleati. Le sequenze più interessanti riguardano il porto, il sagrato della Cattedrale (dove si svolge la Fiera di San Ciriaco patrono della città), palazzi, abitazioni e strade sul Colle del Guasco.

Visconti impone a tutti gli attori una recitazione intensa e molto lineare in particolare ai due protagonisti Massimo Girotti (Gino Costa) e Clara Calamai (Giovanna Bragana), due star che provengono dal cinema “ufficiale” ai quali impone una interpretazione “antidivistica”. Girotti e la bellissima Clara Calamai è una diva celebre per le commedie dei “telefoni bianchi” e alcuni film storici, fra cui La cena delle beffe di Alessandro Blasetti, dove in una rapida scena compare il suo seno nudo. Visconti impone a Girotti una interpretazione “asciutta” e alla Calamai di entrare nel personaggio di una donna sciatta, spettinata, malvestita, ma con una forte personalità tormentata passionale, una moderna Lady Macbeth.

Il film viene presentato in anteprima a Roma e, durante la proiezione, Vittorio Mussolini esce gridando ad alta voce che quella rappresentata nel film non è l’Italia. Il 28 aprile 1943 l’ufficio della censura concede il visto per la proiezione nelle sale, non avendo riscontrato allusioni antifasciste, ma il film viene ridotto da 135 a 73 minuti. Lo stesso Visconti nel 1957 potrà ricostruirne una versione sempre incompleta, mentre l’edizione integrale sarà disponibile solo in dvd. I critici più giovani accolgono il film con favore, mentre è stroncato dalla critica ufficiale. Il Centro Cattolico Cinematografico dà il seguente giudizio: “La pellicola, che risente l’influenza di lavoro d’oltre Alpe, denota tuttavia un impegno nella ricerca minuziosa di particolari e nella creazione dell’atmosfera. Degna di rilievo l’interpretazione pur accusando alcuni squilibri. In sede morale la pellicola è inaccettabile per il crudo verismo con cui è narrata tutta la biasimevole vicenda di adulterio, senza che questo risulti comunque riprovato. Escluso per tutti”. Nella primavera del 1943 il film viene proiettato ed è definitivamente tolto dalla circolazione per i suoi contenuti ritenuti “scandalosi”. Durante la Repubblica Sociale Italiana la pellicola è addirittura distrutta, ma Visconti riesce a nascondere una copia del negativo, per cui questo capolavoro si è salvato.

La trama

In una locanda della Bassa Padana arriva Gino e il padrone Giuseppe Bragana lo accoglie con simpatia questo vagabondo e gli offre un lavoro, mentre la moglie Giovanna lo guarda con sospetto, perché avverte oscuramente l’attrazione e il pericolo rappresentato da quel giovane. In breve tempo, senza destare i sospetti di Giuseppe, i due divengono amanti, ma entrambi avvertono il peso di questo tradimento: la donna sogna un’altra vita, un figlio, un vero amore; l’uomo desidera un’esistenza diversa, ma il senso di colpa e il richiamo della strada sono più forti e propone a Giovanna di fuggire ma lei rifiuta. Gino allora prende il treno verso Ancona per imbarcarsi in cerca di nuove avventure. Durante il viaggio fa amicizia con un girovago detto lo Spagnolo (che ha combattuto per i repubblicani durante la guerra civile spagnola). L’uomo convince Gino a non partire e a trovare un lavoro in Ancona durante la “Fiera di Maggio” dedicata al patrono San Ciriaco. Gino ritrova Giovanna venuta in Ancona in compagnia del marito che vuole partecipare a un concorso di canto lirico. La relazione ricomincia più passionale e più disperata di prima con la donna che progetta di sopprimere il marito e spinge Gino a eseguire il delitto. Giuseppe decide di riprendere in casa il giovane e durante il viaggio di ritorno in macchina, i due amanti mettono in atto il loro piano: tra i due uomini si accende una colluttazione mortale; i due amanti occultano il cadavere e preparano una versione da fornire alla polizia, sostenendosi a vicenda per sviare i sospetti. Giovanna riscuote l’assicurazione sulla vita del marito e riapre la trattoria, ma Gino è tormentato dai rimorsi, per cui parte per Ferrara, dove incontra Anita, una giovane prostituta dolce e comprensiva. Giovanna lo raggiunge in città per dirgli che è incinta e che è pronta a vivere una nuova esistenza. Ancora una volta sarà il destino ad avere l’ultima parola: durante il viaggio Gino affronta una curva con il vecchio furgoncino del padrone, perde il controllo e finisce fuori strada. Giovanna perde la vita e Gino confessa le sue colpe ai soccorritori e alla polizia.

L’importanza del film  

L’opera di Visconti con i suoi “poveri” eroi rappresenta un elemento di rottura rispetto ai due generi tipici del cinema fascista: il mondo patinato dei “telefoni bianchi” e la retorica dei film storici e militaristi. Visconti usa un linguaggio del tutto nuovo per raccontare una storia torbida e sensuale, incentrata sull’adulterio e l’assassinio, fatta di situazioni quotidiane e ambientata in piccole città, in periferie e campagne mai rappresentate finora, con personaggi come lo spagnolo, reduce dalla guerra di Spagna dove ha combattuto per i repubblicani.

Ossessione è anche un film “politico”, perché trasmette il bisogno di tempi nuovi e critica il vecchio ordine sociale: la provincia italiana diventa la metafora dello squallido modello di vita piccolo-borghese lontano anni luce dalla nuova umanità guerriera forgiata dal fascismo. L’opera risulta rivoluzionaria, perché per la prima volta il corpo di un uomo diviene elemento sensuale e oggetto di desiderio per lo sguardo di una donna, per l’uso di un abbigliamento maschile che enfatizza la caratterizzazione sensuale del personaggio. Lo stesso Spagnolo, oltre a rappresentare una componente politica del proletariato, mostra delle tendenze omosessuali e questo “sottotesto omosessuale” è voluto dal regista che non avverte nessuna contraddizione tra politica e condizione sessuale, che introduce di proposito l’adulterio e l’omosessualità in un’Italia pervasa da una cultura fascista che bandisce questi argomenti dalla vita ufficiale. Nel film si assiste allo azzeramento di tutti i valori che hanno nutrito l’immaginario collettivo: l’erotismo diventa carnalità; la famiglia si trasforma in una disumana prigionia; il popolo appare come un insieme di solitudini individuali; il paesaggio diventa uno scenario squallido e inquietante. L’autore mostra un’Italia “diversa” rispetto a quella rappresentata dalla cinematografia fascista: “Non educande, non principi consorti, non milionari affetti dal tedium vitae, ma tutta un’umanità spoglia, scarna, avida, sensuale e accanita, fatta così dalla quotidiana lotta per l’esistenza e per la soddisfazione di istinti irrefrenabili”, un’umanità dove i protagonisti “per questa loro istintiva animalità, per il nascere dei loro atti in questi remoti e incontrollati recessi della coscienza…appaiono dei puri di cuore, degli incolpevoli, delle vittime anche nello spiegarsi della passione, del tradimento, del delitto” (Antonio Pietrangeli, Cinema, n. 146, 1942).

I personaggi della storia

Secondo lo storico Lino Miccichè, il film ha una struttura narrativa articolata in sei lunghe sequenze che si possono definire “un canto funebre” di Eros (il primo tempo) e di Thanatos (il secondo tempo), un “canto” che contiene il “prima” e il “dopo” di un delitto che non viene mai rappresentato ma intorno al quale ruota tutta la vicenda. Siamo di fronte alla fine del mondo contadino pre-industriale, alla disfatta della famiglia intesa come unità economica e sentimentale distrutta da una “ossessione” che non esprime nuovi valori, ma un pessimismo di fondo che non consente nessuna fuga da una misera realtà, nessuna possibilità di realizzare il sogno di un nuovo nucleo familiare, perché questi due amanti, così “diversi”, sono incapaci di vivere nella normalità, destinati a distruggersi a vicenda, a restare chiusi nelle rispettive solitudini dalle quali cercano invano di fuggire.

Tutto ruota intorno a Giovanna, uno straordinario personaggio femminile che è un impasto di sessualità e maternità, di febbre di vita e pulsione di morte, una crudele e mitica forza della natura posseduta da uno spirito demoniaco, da un’animalesca capacità di progettazione criminale, ma anche capace di un amore appassionato e generoso. Di fronte a lei si pone il personaggio di Gino che rappresenta la giovinezza e l’attrazione fisica, l’incertezza del futuro e il fascino dell’avventura. Ai due si contrappone Giuseppe Bragana con la sua mediocrità di individuo medio, un simbolo del “brav’uomo” dal carattere violento ed egoista che, con la sua “oscenità”, è l’emblema dell’Ordine costituito, della voracità per il denaro, del maschilismo e del razzismo. Malgrado la repulsione fisica che suscita in lei, al suo fianco l’ex prostituta continua a prostituirsi nella forma istituzionale del matrimonio, divisa tra il bisogno di sicurezza e la voglia di infrangere la prigione dove le sue scelte l’hanno rinchiusa.

Potete guardare qui il film:

Tag: , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *