Giocoso incanto alla corte di Federico II


Anna Indipendente

6 Mar 2011 - Commenti classica

JESI (AN): A Jesi lo scorso 6 febbraio 2011, nella cornice settecentesca dello storico Palazzo Baldeschi Balleani, sede della Fondazione Federico II , è avvenuta la suggestiva rappresentazione della Serva Padrona di G. B. Pergolesi, nell'ambito della manifestazione culturale “alla corte di Federico”, organizzata dalla Fondazione Alessandro Lanari. Questa singolare ed imponente iniziativa che spazia, in più campi dal sapere all'arte con tre distinti cartelloni di appuntamenti: musica nei Palazzi storici, letture di grande letteratura, idee, studi, saperi, è stata organizzata per festeggiare i dieci anni di attività della stessa Fondazione, e, in omaggio allo spirito federiciano, vuole idealmente ricreare la caratteristica essenziale della sua multiforme attività culturale di cui lo Stupor Mundi, Federico II, amava circondarsi: la perspicace attenzione alle arti e ai saperi del suo tempo.
Come ha prontamente sottolineato nella sua brevissima introduzione alla serata il presidente Costantini la manifestazione soprattutto nella parte musicale rappresenta anche un'ideale collegamento all'attività della Fondazione Pergolesi Spontini, per cui non a caso è stata scelta quest'operina da camera per omaggiare i 300 anni dalla nascita del musicista jesino, di adozione napoletana.
Già nel salire gli antichi e consumati gradoni di Palazzo Balleani la mente suggestivamente vola a tempi ormai andati, ma quando poi si entra nella grande sala del vescovo, così riccamente decorata di effigi di nobile casata alle pareti, di sontuosi stucchi veneziani alle volte, con mobili e suppellettili antichi si ha veramente l'impressione di essere risucchiati indietro nel tempo. E la scena è questa: il cembalo, suonato da Fratini, quasi addossato agli astanti, fa sentire subito la sua presenza accompagnando l'entrata di Uberto, Giulio Boschetti in Aspettare e non venire. La malia dell'ambientazione settecentesca era resa ancora più fascinosa dalla presenza dell'orchestra da camera del Teatro Lirico Sperimentale delle Marche nella stanza immediatamente attigua a quella della rappresentazione, per cui l'effetto del “si sente, ma non si vede, anzi s'intravede” e la curiosità crescevano a dismisura, in un'acustica sempre perfetta. Quando poi entra in scena l'elemento burla, costituito da Vespone, Jacopo Mancini, e più avanti da Serpina, il soprano Maria Abbate che si gusta beatamente il cioccolatte senza curarsi affatto dell'ira del padrone che sta visibilmente crescendo, les jeaux sont fait: è impossibile volgere l'attenzione altrove, nemmeno quando ciò sarebbe opportuno anche nella pausa tra il primo e il secondo atto, occupata dall'esecuzione al cembalo di una Sonata di Pergolesi. L'abile regia di Gianni Gualdoni, pur rimanendo nel sicuro alveo della lettera pergolesiana, senza togliere smalto e verve al testo di G. A. Federico, ma anzi rinnovandolo, come quando nel primo intermezzo durante il recitativo che precede la famosa aria Stizzoso, mio stizzoso, fa mimare a Serpina mentre canta “io l'uscio a chiave chiuderò” l'azione della chiusura della porta, con annessi suoni onomatopeici dell'ottimo mimo Vespone, riproducenti quel caratteristico scricchiolio dei portoni antichi, è stata molto sapiente e ha saputo cogliere l'intercambiabilità tra '700 e i nostri giorni, soprattutto quando alla fine nell'ultimo recitativo secco, prima del duetto finale, che qui è quello originale Contento tu sarai, Serpina, nel comunicare ad Uberto la cifra della dote da consegnare, con un guizzo improvviso, invece di dire 4000 scudi pronuncia un milione d'euro. Anche i costumi di Giuliana Gualdoni seguivano l'indicazione della sovrapponibilità tra antico e moderno. La vivace capacità attoriale dei due giovani interpreti è indiscussa, mentre sul piano vocale forse bisognerà fare qualche distinguo: perfetta in tutti i registri la Abbate, qualche defaillance nelle zone basse, quelle perigliose di Sono imbrogliato io già , il Boschetti, forse dovuta alla sua giovane età . Il pubblico si è divertito molto, applaudendo entusiasticamente.
(Anna Indipendente)


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