Frammenti di memoria tra Ascoli Piceno e Roma nelle sculture di Giuliano Giuliani
di Flavia Orsati
24 Ott 2022 - Arti Visive
A Roma, nella Galleria La Nuova Pesa e nel Parco Archeologico del Colosseo espone l’ascolano Giuliano Giuliani. Le mostre, rispettivamente fino al 2 dicembre 2022 e 8 gennaio 2023, sono a cura di Daniele Fortuna e mirano a raccontare le affinità tra le Marche e Roma.
(ph. di Simona Murrone)
C’è vita quando qualcosa è sempre anche qualcos’altro. C’è morte quando qualcosa è soltanto sé stessa, rigida tautologia. R. Calasso, L’Ardore
Lo scultore ascolano Giuliano Giuliani è stato accolto nella Capitale, in due luoghi di grande importanza, dal forte peso simbolico.
Il primo è la Galleria La Nuova Pesa, in via del Corso, che ospiterà alcune opere (con titolo Io morirò, ma quella stella resterà a guardare le mie cose) fino al 2 dicembre 2022; il secondo è un parco all’aria aperta: stiamo parlando del Parco Archeologico del Colosseo. L’esposizione, a cura di Daniele Fortuna e dal titolo Armonie di Pietra. Il paesaggio delle Marche nelle sculture di Giuliano Giuliani, mira a raccontare le affinità tra le Marche e Roma, città culla della civiltà occidentale. La mostra avrà due sedi: sarà a Roma fino all’8 gennaio 2023, per tornare ad Ascoli Piceno dal 7 aprile al 28 giugno 2023 presso il Chiostro di Sant’Agostino con la curatela di Carlo Bachetti Doria.
A Roma, il percorso espositivo, composto da 20 opere in travertino dell’artista scultore marchigiano, si snoda dalla Basilica Emilia alla Basilica Giulia passando per la piazza del Foro Romano e attraversando alcuni tra gli edifici più importanti di quello che era il centro politico, amministrativo, religioso, giudiziario e commerciale della città.
Le sculture si pongono in dialogo con frammenti di antichità, interagendo con le rovine come parti di storia di un corpo frastagliato, innescando un confronto inconscio tra una serie di testimonianze e memorie, sorta di memorandum e autoctisi dello spirito occidentale che diviene cosciente di sé. Del resto, la materia d’elezione dello scultore, il travertino, è una materia che parla di antichità ed eternità, valenza che ben si sposa alla riflessione sul tempo, in un luogo che di tempo ne è davvero carico. La fragilità di corpi scultorei si pone, dunque, a confronto con il monumentale e l’eternità, che a Roma, in molti punti, prende vita grazie al candore del travertino di Tivoli, con lo spirito del fare e con la praticità dei Padri, ricreando un paesaggio nel paesaggio.
Mentre ormai le rovine di Roma Antica narrano di un sistema tradizionale che non c’è più, le sculture che emergono dal buio delle architetture di Giuliani divengono rovine metafisiche, anime lacerate che lottano per fuoriuscire. Sarà facile percepirle, allora, come fantasmi che si aggirano per l’Urbe, tra i suoi resti. E si faccia attenzione: il termine “fantasma” evoca, nel folklore popolare nostrano, un’entità annoverabile alle fiabe, considerata dai più nient’altro che fantasia. Un immaginario onirico, insomma, che apparentemente ha poco a che fare con la concretezza del reale.
Ma cosa è stata Roma, per noi moderni, se non un magnifico, strabiliante sogno della nostra civiltà occidentale? Tale sogno, dunque, può condurci alle origini del nostro essere che, per un artista della pietra, coincidono per forza di cose con le origini dello scolpire, con l’espressione di tratti formali e metafisici. Lo scopo è dunque sottrarre al blocco originale ciò che il tempo ha sottratto alle monumentali rovine, modellandole lungo lo scorrimento cronologico nel flusso della storia. E a incidere non è solo il tempo della fondazione e dei grandi Re, della morigeratezza della Res Publica, dello splendore di Cesare e di Augusto, ma è il tempo delle invasioni barbariche e dell’uomo medievale, in tutta la sua incertezza, dei fasti della Roma dei Papi, di Raffaello, Michelangelo, Caravaggio e degli estasiati viaggiatori ottocenteschi. Ognuno di questi personaggi avrà certamente gettato uno sguardo sulle grandiose architetture, proiettandovi le proprie energie. Le sculture di Giuliani sembrano estrapolare dal caos la ieraticità, dare un volto di pietra a queste suggestioni ancestrali, affastellatesi nel corso dei secoli, formalizzando lo scorrere del tempo. Il merito della mostra è quello, dunque, di individuare un extra-tempo che si esprime nella pietra e si confonde nell’indefinitezza, in un piano dello spirito maggiormente elevato, tra sogno e realtà.