“FIORI D’ACCIAIO”: come rimpiangere un film e un racconto.


di Elena Bartolucci

18 Apr 2023 - Commenti teatro

Donne delicate come fiori ma forti come l’acciaio che però non emergono come avrebbero dovuto, in questo “Fiori d’acciaio” visto al Teatro dell’Aquila di Fermo con Tosca D’Aquino. Emerge la recitazione di Martina Colombari e Gioia Spaziani.

Fermo – Lo scorso 13 aprile, presso il Teatro dell’Aquila di Fermo, è andato in scena Fiori d’acciaio, nel quale cast svettano i nomi di Tosca D’Aquino, Martina Colombari, Gioia Spaziani, Martina Difonte, Stefania Micheli e Rossella Pugliese.

Questa commedia agrodolce, suddivisa in due atti, gira intorno a un gruppo di donne legate da una profonda amicizia. Nella sintesi dell’arco di pochi anni, lo spettatore assiste agli ultimi preparativi prima delle nozze di Stella (Difonte, troppo sopra le righe rispetto al resto del cast), il suo primo Natale dopo sposata, il giorno prima che la giovane vada in ospedale dove la madre Marilù (Spaziani) ha accettato di donarle un rene a causa dell’aggravarsi del suo stato di salute dopo la gravidanza che le era stata caldamente sconsigliata dai dottori per via del diabete e i primi momenti dopo la morte della ragazza che non è riuscita a superare l’operazione.

Sarà proprio questo tragico evento a fortificare ulteriormente il rapporto tra queste creature così fragili e forti al tempo stesso.

Seppur tratto dalla famosa pièce teatrale di Robert Harling, resta veramente difficile non fare il confronto con la ben nota versione cinematografica, in cui svettava la bravura di attrici del calibro di Sally Field, Shirley MacLaine e un’acerba Julia Roberts.

Va comunque dato atto che questa versione teatrale ha cercato di ricreare la storia originaria concentrandosi prettamente sulle sei figure femminili predominanti nel racconto, dando voce in egual misura a ognuno dei personaggi.

La scelta più discutibile è però il fatto che il testo sia stato adattato al contesto italiano, ambientando il racconto, per l’esattezza, a Sorrento. La volontà di proporre una versione partenopea, un po’ forzata, non convince completamente soprattutto per il modo discontinuo con cui le attrici non riescono a mantenere coerenza e costanza nell’uso del dialetto napoletano (o romagnolo, nel caso del personaggio interpretato dalla Colombari, Anna, la giovane abbandonata dal marito e rimasta senza soldi, che riuscirà a trovare di nuovo l’amore e il conforto nella religione).

Felice ci è sembrata, invece, la scelta di concentrare il racconto direttamente nel negozio della parrucchiera, una sorta di microcosmo, in cui il tempo sembra fermarsi.

L’ambientazione è stata lasciata, come nel film, alla fine degli anni ’80, anche se non si direbbe dalla scelta di alcuni costumi o acconciature. Lo si evince a posteriori tramite alcuni oggetti di scena e soprattutto alcuni brani musicali utilizzati per sottolineare l’ingresso dei personaggi principali.

Tosca D’Aquino

Come si può leggere nelle note alla regia, questo spettacolo narra le “storie di donne, grandi figure femminili che crescono, sbagliano, si confrontano, amano, odiano, combattono e qualche volta muoiono. […] Fiori d’acciaio, che vidi in sala poco più che adolescente, è stato il film che più di ogni altro mi ha spiegato cosa significhi essere donne e, nonostante ciò, fare fronte comune, ovvero la famosa, leggendaria, solidarietà femminile. Che poi, tradotto in azione, significa conservare la propria identità, ritagliarsi un ruolo nel mondo, costruirsi uno spazio, intessere delle relazioni o alimentare dei conflitti e, malgrado tutto, essere capaci di unirsi.”.

Gran parte delle battute più divertenti presenti anche nel film sono state mantenute invariate, ma alcune scelte registiche e una certa discontinuità interpretativa sul palco non consentono di esprimere un giudizio completamente positivo di questa messa in scena.

Colombari e Spaziani sono sicuramente le due attrici più a fuoco di tutto lo spettacolo, al contrario di Tosca D’Aquino, rimasta così ancorata al personaggio di Luisa, vedova burbera e piena di soldi, tanto da riuscire a regalare una caricatura un po’ pesante a causa del suo accento troppo marcato e la sua gestualità forzata. Sono risultate piuttosto piatte anche le figure della parrucchiera un po’ tamarra di nome Tamara interpretata da Rossella Pugliese e quella dell’amica Clara Aiello, moglie dell’ex sindaco (Stefania Micheli).

La regia e l’adattamento sono di Michela AndreozziMassimiliano Vado; le scene sono di Carlo de Marino, i costumi sono di Maraan Gentile; le musiche sono di Roberto Procaccini, mentre le luci portano la firma di Paolo Fortini. Lo spettacolo è una produzione di Francesco Bellomo per Corte Arcana e L’Isola Trovata e una distribuzione Virginy Film Srl.

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One response

  1. Serena Cantalupi ha detto:

    Le attrici gridano troppo, sembra di essere all’ oratorio, forse basterebbe abbassare i microfoni, le recitazioni offrono un impasto disomogeneo, ogni caratterizzazione appare artificiale, i dialetti usati discontinui, proprio non ci siamo, salvo la pacatezza e lo spessore di Barbara. Sono uscita dopo il primo tempo, chissà, forse il secondo era migliore.

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