“Ennio”, il monumentale tributo di Tornatore a Ennio Morricone
di Giovanni Longo
21 Feb 2022 - Commenti cinema
Il tributo che Giuseppe Tornatore ha reso a Ennio Morricone non poteva che essere monumentale, al pari della materia trattata.
Il regista siciliano ha costruito intorno alla figura del Maestro scomparso nel 2020 un avvincente racconto che procede attraverso un inarrestabile flusso di musica, immagini e testimonianze che non si limitano a coinvolgere emotivamente lo spettatore ma finiscono col diventare anche un istruttivo excursus su decenni di storia del cinema italiano e internazionale – alluvionale il materiale di repertorio collazionato – e su personaggi e situazioni della musica colta e d’avanguardia, generi sui quali Morricone si è formato e che ha continuato a coltivare e onorare anche dopo il suo ingresso e l’acquisita fama nel mondo della celluloide.
La narrazione si sofferma già da subito sui primi, difficili anni della guerra e della fame, quando un adolescente Morricone, che ha appreso dal padre i rudimenti della tromba, vive financo l’umiliazione di suonare in cambio – letteralmente – di viveri prima per i militari tedeschi e poi per gli americani. È questo forse il più toccante dei momenti dell’intero documentario, con un Morricone che non nasconde – e anzi rivive – a dispetto del tempo trascorso, tutta la sofferenza di quei momenti e di quel periodo.
Il riscatto è vicino, l’ingresso al Conservatorio di Santa Cecilia dove si diploma, tra l’altro, in Composizione con Goffredo Petrassi. La formazione accademica è l’indispensabile supporto a un naturale talento che Morricone inizia a far fruttare anche in altri campi della musica, in particolare in qualità di arrangiatore di musica leggera per la RCA Italiana, e il suo nome inizia ad acquistare una certa notorietà accostato a quelli più “di grido” di quel mondo, (in primis Edoardo Vianello, Gino Paoli, Gianni Morandi).
Parallelamente è però già avvenuto l’incontro con il cinema (colonna sonora de Il Federale, regia di Luciano Salce) e in particolare con il ritrovato ex compagno di scuola Sergio Leone. Da qui in avanti, con l’inizio del ciclo dei cd spaghetti-western – la biografia artistica di Morricone entra nel periodo aureo che farà del suo lavoro una delle presenze più solide nell’immaginario degli italiani. Qui è anche il “cuore” del documentario di Tornatore, dove ben si evidenzia, come testimoniato dagli autorevoli pareri che si susseguono, quanto i saperi e lo stile di Morricone abbiano nobilitato un genere, quello delle colonne sonore, fino a quel momento considerato di dubbio se non nullo valore artistico (era questo, del resto, il giudizio dello stesso Petrassi, che pure vi si era cimentato).
Ecco che il lavoro di Tornatore piacevolmente “dilaga” e avvolge lo spettatore con un’incalzante processione di sequenze di alcune tra centinaia di pellicole musicate da Morricone e di testimonianze e aneddoti di registi che con Morricone hanno lavorato (Bernardo Bertolucci, Gillo Pontecorvo, i fratelli Taviani, Dario Argento, Lina Wertmuller, Roberto Faenza, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, lo stesso Tornatore, Roland Joffè, Quentin Tarantino) o di musicisti la cui arte è in debito di ispirazione nei suoi confronti (Nicola Piovani, Franco Piersanti , Hans Zimmer, Bruce Springsteen, Pat Metheny). Sorta di vertigine di una lista, peraltro solo esemplificativa, dalla quale manca il nome di Stanley Kubrick, “simpaticamente” privato dell’arte di Morricone da un forse geloso Sergio Leone. Il mancato incontro con il visionario regista di Arancia Meccanica è da inscriversi nel novero di quelle occasioni mancate di cui altro intrigante esempio, sul versante musicale tout court è la leggendaria, mai concretizzatasi collaborazione Miles Davis-Jimi Hendrix.
Video di Giuseppe Tornatore che parla del documentario su Ennio Morricone a “Che Tempo Che Fa” (23/01/2022)
Pregevole la fatica di Tornatore e dei suoi collaboratori; vinta una sfida improba, che figura degnamente nella sua filmografia accanto alle più riuscite opere di finzione.