EDITORIALE DEL DIRETTORE PER IL NUOVO ANNO
di Alberto Pellegrino
2 Gen 2025 - Varie
Pubblichiamo l’editoriale del nostro Direttore Alberto Pellegrino che augura a tutti i nostri lettori un nuovo anno 2025 dove si possa prendere coscienza dell’importanza dell’impegno di ognuno di noi per sovvertire la drammatica situazione storica in cui ci troviamo.
Auguriamo un sereno 2025 a tutti i nostri lettori anche se questa fase storica ci costringe a vivere in un tempo segnato dalle sofferenze, dalle distruzioni e dalla morte di adulti e bambini, per cui si alza ancora verso il cielo il grido di una scandalosa e rinnovata “strage degli innocenti”. È un tempo segnato dall’ipocrisia di tanti fondamentalismi che si arrogano il diritto di parlare in nome di Dio e che si apprestano a inchiodare di nuovo il Nazzareno sulla croce della violenza. È preoccupante il manifestarsi di un nuovo “sonno della ragione” sempre pronto a partorire dei mostri, mentre i cosiddetti “Grandi della Terra” sono ritornati a “giocare alla guerra” convinti che il ricorso alle armi sia l’unica soluzione possibile per risolvere i problemi dell’umanità.
In un mondo, che non è mai stato veramente in pace, vi sono ben 52 Stati sconvolti dalla guerra con esiti particolarmente disastrosi nel Medio Oriente, in Ucraina e soprattutto a Gaza, dove si continua a compiere una strage che ha causato, secondo le fonti ONU, fino ad ottobre 2024 ben 43 mila vittime civili con un rilevante numero di bambini tra i 5 e i 9 anni, con oltre centomila feriti, mentre “Medici senza frontiere” denuncia una situazione di emergenza causata dalla fame, dalla mancanza di ospedali e di medicinali. Raniero La Valle ha definito questa situazione una eclissi della ragione che mostra il fallimento della Carta dell’ONU, che segna il fallimento di uno Stato democratico come Israele, il quale tradisce la stessa Bibbia dove è scritto di non “costruire Sion sul sangue e Gerusalemme con il sopruso” (secondo il profeta Michea). “Fallisce anche Mosè – afferma sempre La Valle – che Netanyahu ha preso a suo modello nel discorso all’Assemblea dell’Onu, perché Mosè aveva chiesto il perdono a Dio per l’idolo di metallo fuso che si era fatto il popolo nell’accampamento, mentre Netanyahu si è costruito con le sue armi l’idolo del forte che schiaccia il debole, e dello Stato che estirpa e allontana l’Altro da sé” (Rocca, 15 dicembre 2024, p. 11).
Danilo Dolci, in un profetico testo del 1971 intitolato Auschwitz sta figliando, ci ricorda che “In un paese tanto ricco di tecnica/che puoi bere latte e ruttare petrolio, / con scienziati così sapienti da saper inventare / bombe capaci di far scricchiolare /tutta la terra; / in un paese tanto ricco d’invenzioni / che ormai vi è inutile pensare / o pericoloso…/ nel paese tanto ricco di democrazia / che metà del suo popolo / stima inutile andare a votare…mentre fioriscono lager / per la gente di pelle più scura…/ Se chiedo a ciascuno di voi / che sogna di cambiare la vita sulla terra / come si forma il mostro del potere / lì, proprio lì, dove vivete; / siete sicuri da sapervi rispondere / esattamente?”
Una situazione di estrema gravita è sotto gli occhi di tutti ed è causata dalla crisi ambientale e dall’emergenza climatica, anche se una non trascurabile minoranza nega l’esistenza del cambiamento climatico, parla di un “complotto mondiale”, non riconosce le responsabilità della politica, dell’economia e della collettività, sostenendo che la crisi del pianeta sarebbe un problema inventato da anonimi poteri mondiali. È la manifestazione di una deresponsabilizzazione collettiva, mentre molti scienziati sostengono che siamo ormai ai limiti del collasso ecologico, che la Terra si trova vicina a una “apocalisse climatica”, se non si provvede rapidamente a cambiare modi di vivere e sistemi di produzioni di beni non più sotto la spinta di uno sfrenato consumismo.
L’umanità torna a interrogarsi sulla ineluttabilità della violenza, a chiedersi se avesse ragione Freud quanto ipotizzava l’esistenza di una “pulsione di morte” che sarebbe alla base dell’aggressività e della violenza e che si opporrebbe alla “pulsione di vita”, mentre oggi le scienze umane (dalla sociologia all’antropologia, dalla psicologia sociale e alle neuroscienze) concorrono nel sostenere che la violenza e la guerra non sono una necessità biologica, ma una scelta influenzata e alimentata da decisioni politiche, economiche e culturali. Di riflesso in tutte le società si diffondono l’insicurezza e la paura, cresce l’idea di affidare il potere e la gestione del bene comune a governi autoritari o addirittura a una sola persona per risolvere problemi talmente gravi che solo l’impegno unitario della comunità internazionale potrebbe affrontare con qualche speranza di soluzione.
Una recente ricerca dell’Università degli Studi di Urbino ha dimostrato che noi italiani siamo un popolo pieno di contraddizioni: il 42% ritiene che l’astensionismo sia un danno per la democrazia, ma circa il 50% non va a votare; il 68% ritiene che la democrazia sia preferibile a qualsiasi altra forma di governo, ma il 58% ritiene che il Paese abbia bisogno di un leader forte; il 45% mostra insoddisfazione e il 25% rabbia nei confronti della politica, ma rifugge dall’impegno politico.
Nel 1992 lo storico americano Francis Fukuyama aveva proclamato la “la fine della storia” causata dalla vittoria del capitalismo, dall’affermarsi delle liberal-democrazie e della globalizzazione, ma le vicende degli anni successivi hanno dimostrato che le sue valutazioni erano errate: nonostante la globalizzazione, disuguaglianze e povertà sono in aumento; l’economia sta prendendo il sopravvento sugli Stati sempre più attratti da un autoritarismo corporativo; i partiti politici e altri modelli di partecipazione politica e sociale sono stati messi in crisi dal modello neo-liberale fondato sull’idea che ogni ostacolo ai meccanismi di accumulazione del capitale debba essere depotenziato e distrutto; nei sistemi democratici si sta verificando una pericolosa spaccatura dell’equilibrio tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Dobbiamo allora rassegnarci a questa condizione globale? Dobbiamo pensare che la pace e la giustizia siano impossibili da realizzare? Dobbiamo rinunciare alla speranza? Forse non tutto è perduto, perché l’umanità si è a volte “addormentata”, ma poi si è “risvegliata”, è tornata a intravedere un obiettivo, una meta da raggiungere, a rimettersi in cammino mossa da una volontà di cambiamento. Per farlo è necessario uscire dall’indifferenza e riscoprire il valore della partecipazione e della lotta politica; bisogna avanzare proposte concrete e realizzabili, battersi in difesa di tutte le libertà, ricostruire forme di politica adeguate ai tempi nuovi. Altrimenti rischiamo di trovarci a vivere in quel Pianeta irritabile descritto da Paolo Volponi, in quel mondo terribile ormai distrutto e desolato. Oppure, sul piano politico, potrebbe realizzarsi la profezia di Aldous Huxley, il quale nel suo capolavoro Il mondo nuovo (che bisognerebbe riscoprire e rileggere) presenta una società retta da uno Stato nemico di ogni “sovvertimento dell’Ordine e della Stabilità”, dove l’umanità è biologicamente e sessualmente controllata con la continua somministrazione di droghe, dove sono banditi sentimenti ed emozioni, dove gli esseri umani sono ridotti a robot che vivono secondo una utopia del benessere che li rende schiavi del Progresso.