Da questa parte del mare
11 Ago 2013 - Dischi
recensione di Alberto Pellegrino
Gianmaria Testa continua nel suo cammino di cantautore e ha fatto uscire il terzo disco intitolato Da questa parte del mare, in cui abbandona il terreno preferito, quello esistenziale e sentimentale, per affrontare decisamente un tema sociale senza rinunciare al suo stile musicale essenziale e miscelato tra gli influssi della musica popolare (il folk piemontese, l'habanera, la bossanova, il valzer) e della musica americana, ottenendo in questo modo suggestione molto intense sul piano emotivo. L'unione tra l'impianto musicale e lo spessore poetico dei testi, sempre densi di significati, ha fatto di Testa uno dei cantautori italiani più amati a livello internazionale.
Queste sue qualità sono presenti anche in questa ultima raccolta composta da undici canzoni, dove Testa affronta il tema quanto mai attuale dell'immigrazione, delle quotidiane tragedie vissute da chi cerca di conquistare una speranza arrivando nel nostro Paese. Il cantautore ha voluto raccontare il dramma di quanti partono dalle coste del Nord Africa, nascosti nelle stive dei carghi, pressati sui barconi, privi di cibo e di acqua, spesso buttati in mare come inutili detriti ed ha dichiarato con una certa umiltà di non aver voluto rappresentare un dramma epocale di quanti vogliono sfuggire a un destino di miseria e disperazione ( Non ne sarei capace ), ma ha voluto fare una riflessione sulle parole terra , patria , sradicamento , smarrimento che in qualche modo afferrano e coinvolgono ogni partenza verso l'ignoto. Testa sostiene di aver scritto queste canzoni soprattutto per sè e per quelli che, come me, stanno da questa parte del mare , che guardano come spettatori coinvolti, indifferenti o addirittura ostili tanti esseri umani che arrivano da mondi diversi dal nostro. Egli parla del lungo cammino di uomini e donne in cerca di speranza, di chi è partito e ha incontrato soltanto amare delusioni ( ma non era così/che mi credevo di andare/no non era così/come un ladro, di notte/in mano a un ladro di mare ); racconta di quanti temono che il loro nome sia perduto per sempre nella notte se nessuno lo chiama, di quanti hanno finito la loro vita in fondo al mare, di coloro che hanno conosciuto l'odore acre delle stive, la fame e l'abbandono, le umiliazioni della strada, l'umiliazione e la gogna della pubblica elemosina ( sono la beffa che intossica il danno/sono la cosa che voglio e non posso/sono quello che tende la mano/al semaforo rosso ).