CivitanovaDanza colpisce ancora nel segno


di Elena Bartolucci

18 Lug 2023 - Commenti danza

La formula del “Festival nel festival” presenta incredibili (e criptiche) prime ed esclusive regionali. Quattro spettacoli in quattro interessanti location della città di Civitanova Marche.

(Foto di ©Roberto Postacchini)

Civitanova Marche – Sabato 15 luglio è arrivato l’appuntamento fisso con CivitanovaDanza ossia il Festival nel festival, che quest’anno per via dell’inagibilità della solita cornice del Teatro Rossini, ha consentito al pubblico di vivere nuovi interessanti scorci della città, partendo dalla cornice di Piazza XX Settembre, in cui è stato ricavato un piccolo spazio in cui a fare da cornice c’erano solamente due auto con i cofani aperti e le casse in bella vista da cui è stata “sparata” la musica a tutto volume tra lo stupore dei passanti.

La serata ha inizio con la prima ed esclusiva regionale intitolata Speeed da un’idea di Parini Secondo con Sissj BassaniCamilla NeriMartina PiazziFrancesca Pizzagalli.

Speeed è un progetto coreografico e musicale ispirato al fenomeno della Para Para e dell’Eurobeat, diffusosi negli anni ‘90 nei club di Tokyo. La Para Para è uno stile di danza caratterizzato da un’estetica coloratissima e gesti iper-dinamici. La sua peculiarità sono i movimenti delle braccia che descrivono la sovraeccitazione caffeinica della musica Eurobeat attraverso complesse combinazioni gestuali ispirate all’animazione giapponese. In origine, gli appassionati apprendevano le sequenze attraverso l’acquisto di tutorial in VHS oppure direttamente nei club, dove gli esperti insegnavano le nuove coreografie al pubblico prima di una serata.”

Speeed prende forma adattando le sequenze coreografiche ricavate da video-tutorial e studiate dalle danzatrici individualmente seguendo una scaletta comune, creando quindi un lavoro mimetico perché copia fedelmente la sua fonte d’ispirazione.

Una performance concentrata in pochi minuti e decisamente molto concettuale in cui la danza non è la protagonista assoluta, dando allo spettatore il compito di immaginare il probabile contesto immerso nel mondo della DDR (acronimo di Dance Dance Revolution) in Giappone e chi sono soprattutto le quattro protagoniste di questa giovane compagnia che sta cercando di affermarsi nel panorama nazionale e internazionale della danza.

La ripetitività dei movimenti tipica di questo stile è stata controbilanciata dalla diversità di ritmo creata nel proseguo della performance e dalla asincronia raggiunta in alcuni momenti, dove gli scambi di posizione hanno generato dei simpatici giochi di movimento.

Dopo una breve pausa per un cambio d’abito, è stato dato il via al secondo atto in accelerazione, come è stato definito da una delle performer, la quale ha spiegato che cos’è Parini Secondo, cogliendo anche l’occasione per fare i dovuti ringraziamenti a tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione del balletto e della relativa residenza di allestimento.

La musica è firmata Alberto Ricca/Bienoise, mentre la coreografia è di Parini Secondo, liberamente ispirata a contenuti reperiti online in collaborazione con La Boutique dell’Autoradio Bologna, Finizio Power Team Bologna e Audiogamma Hi-Fi Trento con il supporto di Mastronauta Omegna (VCO), Comune di Verbania, Fondazione Comunitaria VCO e Nexus Factory Bologna.

Ringraziamenti speciali per questa prima assoluta sono stati fatti a Andrea Ruschetti, Riccardo Brezza (Comune di Verbania), Scoppiati Racing Team (Verbania), MIGMA Collective, Centro Commerciale Le Isole (Gravellona Toce, VB), Giostra Esagerata F.lli Uga.

Questo progetto è stato inoltre selezionato alla Vetrina della giovane danza d’autore eXtra – azione del Network Anticorpi XL e sostenuto da Dancescapes progetto promosso da Danza Urbana con MiC e il supporto di h(abita)t”.


La serata prosegue poi al Teatro Cecchetti con il cantiere aperto per Do around the world, che nasce sempre da un’idea di Parini Secondo con Sissj BassaniMartina Piazzi.

Il rumore delle corde che battono sul pavimento è il protagonista ufficiale sul palco, mentre resta completamente immerso nel buio per diverso tempo. Un labile fascio di luce illumina finalmente le due performer che saltano a lungo con la corda alla stessa velocità, creando piano piano dei cambi minimalisti di ritmo. I rumori vari che si affacciano in scena aiutano a creare il giusto pathos, mentre i movimenti diventano lenti e controllati, quasi a ricordare degli automi. Davvero ipnotico nel finale l’uso di corde più lunghe coadiuvato da un sapiente e flebile gioco di luci.

Anche questo lavoro dal sapore molto concentrato e alquanto criptico in diversi momenti regala in ogni caso una performance decisamente più interessante rispetto alla prima creazione portata in scena.

Come spiegato da Parini Secondo, Do around the world prende ispirazione dalle parole di K. Gaunt secondo cui ci si riavvicina al mondo del gioco, affascinati dal salto della corda sia come pratica atletica che come elemento ritmico. Tutto prende il via, infatti, dai ritmi tipici dei giochi infantili per costruire una partitura coreografica per due saltatori in cui corpo e corda sono un’unica tecnologia sonora. “Insieme alle tecniche di salto, vengono evocate dalla memoria collettiva filastrocche e handclapping games, pratiche ludiche infantili e femminili che guidano ancora oggi il nostro ascolto quotidiano, riflettendo quei ritmi incarnati che l’ascolto massivo e commerciale ha tentato di separare dal corpo. Parini ricollega suono e corpo, voce e movimento, corde e mani. Il nostro interesse per il salto della corda parte da questa potente unione tra l’atleta e il bambino, due figure eroiche che, insieme al poeta, condividono uno stretto rapporto con la morte. La costruzione coreografica non è altro che la somma di esercizi e giochi eseguiti in un contesto ritmico – e ovviamente spaziale – in cui l’attenzione non è virtuosa, ma sottile. La sottigliezza è data dal misterioso rapporto tra allenamento, gioco e performance, tra intimità fisica, abbandono e sguardo dell’osservatore.”

Anche per questa ulteriore prima ed esclusiva regionale, la coreografia firmata Parini Secondo è liberamente ispirata a contenuti reperiti online. Doveroso spendere due parole per spiegare che cos’è Parini Secondo. Si tratta di un personaggio fittizio nato nel 2017 da un’idea di Sissj Bassani e Martina Piazzi, entrambe classe 1997. Con un atto ecologico e ready-made, il gruppo utilizza e remixa idee di altre persone e coreografie già esistenti, le quali vengono apprese online attraverso tutorial o altri contenuti in rete. Parini sfrutta e supporta le potenzialità dell’open source e l’etica/estetica DIY [do-it-yourself/fai da te]. Dal 2019 Il collettivo collabora con il musicista, produttore e insegnante Alberto Ricca|Bienoise. Dalla sua fondazione, Parini Secondo ha partecipato a diversi eventi e festival in Italia e all’estero, tra i quali OPUS 1 International Dance Competition for Young Choreographers, U.F.O. Art&sound Festival, Fron+@ Festival, ArtistInCasa Festival, theWorkRoom, NAOcrea, Multiplicidades Festival, INDIEPride Festival, ELEMENTI Festival, Danza Urbana, Vetrina della giovane danza d’autore eXtra – azione del Network Anticorpi XL, Festival Catalysi e Affogo – Spazio Materia.

Il suono e le partiture di questo secondo appuntamento sono sempre di Alberto Ricca/Bienoise, la luce è di Bianca Peruzzi, i costumi e gli intrecci di Giulia Pastorelli, mentre le corde sono state fornite da MarcRope Milano. Il Cantiere aperto è realizzato nell’ambito di RAM (Residenze Artistiche Marchigiane), un progetto di residenza finanziato da MiC e Regione Marche.


Il Festival nel festival prosegue poi a Civitanova alta nello splendido Teatro Annibal Caro con Opus, un’altra prima ed esclusiva regionale con il coreografo Christos Papadopoulos. Classe 1976, è membro fondativo della compagnia Lion and the wolf e i suoi progetti personali ottengono un incredibile riscontro proiettandolo presto sulla scena internazionale, grazie anche al suo innegabile talento poliedrico che lo vede attivo come danzatore, coreografo, collaboratore in produzioni teatrali, movement designer, insegnante di danza e improvvisazione. Egli coltiva in parallelo uno spiccato interesse per la produzione teatrale che lo vede impegnato nel ruolo di coreografo e movement designer in progetti in collaborazione con importanti direttori teatrali. È stato inoltre parte del team coreografico incaricato della cerimonia d’apertura dei Giochi Europei di Baku 2015 e della cerimonia di apertura e chiusura dei Giochi Olimpici di Atene 2004.

Opus è uno spettacolo basato sulla musica classica, […] che descrive spesso una forma “superiore” di composizione musicale (opus) caratterizzata da una struttura rigorosa e da una complessità artistica. L’obiettivo tematico di questa performance è studiare questa struttura e presentarla visivamente sul palcoscenico, indagare le regole centrali della musica strumentale e come queste regole si applicano in una forma d’arte completamente diversa che è la danza.”

I quattro danzatori, completamente vestiti di nero con scarpe eleganti, sono entrati in scena uno alla volta, seguendo le note ripetitive di uno strumento musicale ciascuno. Attraverso movimenti di testa e braccia che ricordano il freestyle, ciascuno segue la propria musica, riuscendo a creare un ritmo ipnotico.

Quando finalmente la musica diventa la stessa, iniziano tutti a parlare la medesima lingua. I movimenti diventano gli stessi ma a volte a coppie di due: sono sempre fluidi e morbidi mantenendo solo un livello minimo di meccanicità.

Come spiegato appunto nelle note dello stesso coreografo, “il corpo diventa una versione visiva dello strumento musicale e la partitura musicale diventa la partitura fisica che detta la coreografia. A volte il corpo segue i ritmi, a volte le linee melodiche, a volte si concentra su un solo strumento musicale e a volte su due o più strumenti, in un modo che offre un nuovo codice per decifrare la composizione musicale. Una delle principali caratteristiche della musica classica è che essa consiste in melodie, linee e ritmi altamente complessi che creano un senso di narrazione e provocano la reazione sentimentale. Questa performance non si preoccupa di chiarire l’aspetto sentimentale della musica d’arte e il suo impatto psicologico sul pubblico. Al contrario, lo sforzo principale è che gli esecutori si stacchino dall’impatto sentimentale di una composizione musicale, resistano alla tendenza di interpretare la musica e considerino il pezzo musicale come una sofisticata serie di suoni che creano una logica armonica. È un tentativo di indagare la risposta automatica all’ascolto della musica.”

L’unico elemento di arredo è un filo al centro del palcoscenico da cui pende una lampadina che si accende e sale lentamente fino alla fine della performance, in cui la luce diventa decisamente più calda rispetto al bianco asettico mantenuto per l’intera durata della performance. Grande livello di coordinazione tra i danzatori, i quali hanno giustamente guadagnato un’ovazione dal pubblico al termine della performance.

La coreografia è stata creata sulle musiche di Johan Sebastian Bach, l’editore musicale è Kornilios Selamsis, mentre le luci sono firmate da Miltiadis AthanasiouChristos Papadopoulos, e i costumi sono di Claire Breiswel. I bravissimi danzatori in scena sono Maria Bregianni, Georgios Kotsifakis, Danai Pazirgiannidi e Amalia Kosma.


La serata si conclude per l’ultima tappa presso il giardino della Pinacoteca civica M. Moretti con la compagnia Spellbound Contemporary Ballet con If you were a man firmato da Mauro Astolfi.

Per questa prima ed esclusiva regionale la coreografia, che è ambientata in un ambiente così magico e intimo, illuminato da neon ai lati, “è uno studio per quattro uomini su una profonda riprogrammazione dell’ascolto. Se i suoni prodotti dai movimenti, dai respiri, potessero sempre essere decodificati in tempo utile alcune cose potrebbero essere evitate, potrebbero non accadere e si potrebbe imparare ad ascoltare efficacemente un corpo che non parla. La meraviglia di un dialogo silenzioso porta con sé risultati inaspettati… anche i piccoli rumori e le strategie del corpo possono dichiarare in anticipo un imminente conflitto. Il rifiuto, il sospetto, la diffidenza, l’amore o la paura, non sempre sono comunicati in tempo utile per poter intervenire, per poter accogliere un’informazione preziosa sugli altri.”

I movimenti concitati e veloci e gli intrecci creati da ciascun ballerino si sono susseguiti senza mai un attimo di pausa sapendo suggellare in pochissimo tempo una grande intensità interpretativa. Una creazione intima e intensa, seppure molto criptica senza le note del coreografo.

Spellbound Contemporary Ballet, nato nel 1994 per volontà del coreografo Mauro Astolfi cui si è aggiunta alla guida due anni dopo Valentina Marini, si colloca attualmente nella rosa delle proposte italiane maggiormente competitive sul piano internazionale, convincendo le platee dei principali festival di Europa, Asia e Americhe. L’esperienza di oltre venticinque anni in ambito professionale ha rafforzato il know how di un team consolidato di professionisti che, dal 2015, allarga il proprio campo d’azione accogliendo anche altri artisti in produzione in una rinnovata visione plurale. Dal 2000 l’attività di Spellbound è sostenuta dal Ministero della Cultura e dal 2022 è accreditata nel ruolo di Centro di Produzione Nazionale della Danza con il più ampio progetto ORBITA/Spellbound co-diretto da Astolfi e Marini.

Gli interpreti in scena sono Lorenzo Capozzi, Mario Laterza, Mateo Mirdita e Alessandro Piergentili.

Le musiche sono di autori vari, mentre il disegno luci e i costumi sono firmati rispettivamente da Marco Policastro e Anna Coluccia. Lo spettacolo è una produzione Spellbound con il contributo di Ministero della Cultura ed è una coproduzione Attraversamenti Multipli e Armonie d’Arte Festival.

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