Civitanova Danza 2015 è giunta al termine
di Elena Bartolucci
10 Ago 2015 - Commenti danza, Danza
Civitanova Marche – Sabato 8 agosto si è conclusa l’ultima stagione di Civitanova Danza con un nuovo festival nel festival. Dopo Civitanova Danza Focus all’Hotel Miramare e l’Happydancehour! a cura delle scuole di danza della città nel piazzale Lido Cluana, si è entrati nel vivo al Teatro Cecchetti con Mara Cassiani, una delle coreografe e performer marchigiane più attive, vera protagonista della danza contemporanea in Italia e presente nei più importanti festival nazionali. La ricerca di Mara Cassiani si basa sulle nuove iconografie, riti e linguaggi creati dall’impatto coi nuovi media. La relazione con il pubblico volge a creare immaginari visivi, che riflettono la capacità dello spettatore di elaborare significati superando i linguaggi tradizionali. Si è formata con Teatro Valdoca e Socìetas Raffaelo Sanzio. Ha numerosi spettacoli Daddy’nme, Trashx$$$ (finale prospettiva danza), You and me and everywhere (premiere a Santarcagelo 12’13’14), L’uomo perfetto (2012-13). Dal 2011 è in selezione al premio Arte Laguna International Art Prize con le performance Ten ways to kill an egg e Uno su uno.
Al termine di una residenza nell’ambito del progetto Civitanova Casa della Danza, la Cassiani ha presentato in prima assoluta Justice, che attraverso il corpo femminile si presenta come punto di equilibrio tra forme culturali del passato, del presente e del futuro. Il corpo della Cassiani, vestita come per andare a correre con cuffiette e smartphone al braccio, procede in uno stato coreografico neutro e a tratti quasi fuori tempo rispetto alla dinamica ambientale: il cambio di forme proiettato alle sue spalle modifica drasticamente la percezione semantica del pubblico, passando attraverso i meccanismi economici, culturali e dell’immagine dei media. Le stesse dissonanze musicali di sottofondo sottolineano il cambio di ritmo della coreografia ma anche dei canoni di bellezza sociali, che, partendo dalla Venere di Botticelli, rincorrono mode e forme di consumismo che hanno portato a una sorta di confusione su ciò che significhi veramente la parola bellezza. Il processo, infatti, non si sviluppa come una cancellazione, ma come una evoluzione delle forme, delle immagini, del linguaggio del corpo come trasformazione di nuovi linguaggi e forme di comunicazione.
Justice fa parte insieme a MMXIV ICONOGRAPHY e TRASHX$$$ degli studi iconografici sul presente. Mara Cassiani ha curato coreografie, concept, processi e interpretazione, la videoart è di Roberto Fassone e l’ottimo djset di Enrico Boccioletti, che ha saputo mixare con grande abilità canoni dal sapore gregoriano a musiche elettroniche o dal gusto più hip-pop. Gli assistenti alla tecnica e alla documentazione sono Matteo Ascani, Alessandra Giampaoli e Francesco Vecchi, le foto di Dido Fontana e la residenza creativa di Centrale Fies.
La “maratona di danza” è poi proseguita al Teatro Rossini con la prima italiana di Éloge du puissant royaume di Heddy Maalem. Un lavoro carico di energia dirompente nel quale il coreografo algerino-francese interroga lo sguardo del pubblico sull’altro e sull’identità.
Questa sua coreografia rende innanzitutto omaggio al krump, una danza dai movimenti duri, profondi e veloci, una forma inasprita dell’hip-hop americano nato nei ghetti all’epoca delle sommosse razziali negli anni Novanta nei quartieri sfavoriti di Los Angeles e resa celebre nel 2005 dal film Rize di Davide La Chapelle. Il krump è una forma di danza poco conosciuta, la cui profondità resta nascosta a causa dei cliché sulle danze urbane. Letteralmente significa “Radically Uplifted Mighty Praise Kingdom” ovvero “elogio potente di un regno radicalmente sollevato” e il coreografo Maalem ha avuto la buona idea di tradurlo in francese per il titolo del suo spettacolo, in cui si è avvalso dell’aiuto di cinque formidabili interpreti, i quali rappresentano anche i migliori krumpeurs delle banlieue parigine. Il krump è una danza che nasce dall’interno, autenticamente spirituale, fatta per tirare fuori dei mostri e dire l’inarticolato delle parole presenti nella gola di quelli che non possono nemmeno più gridare. Prima di essere una moda, è una sorta di testimonianza forsennata, la contorsione brutale di colui che rifiuta la camicia di forza contemporanea: è un modo di canalizzare la collera, l’odio, la rabbia e fa paura considerato che i danzatori usano tutti i codici presunti per aggredire l’altro, pur essendo profondamente teneri. Questa danza prende parte alla violenza che fa parte di noi ed è un mezzo per comprenderla ed è testimone dell’essenza di ciò di cui è fatto un uomo oggi. Gli eccezionali interpreti dello spettacolo hanno mostrato una propria personalità e un proprio doppio, ma allo stesso tempo sono accomunati dal fatto di avere trovato nel krump un modo di esprimere la loro rivolta personale e interiore, sottolineata anche dalla potenza della loro mimica facciale e dalle grida finale quasi per esorcizzare la disperazione interna a ognuno di loro.
Come lo stesso Maalem ha dichiarato: “questa nuova creazione con i danzatori di krump è senz’altro il risultato della mia lunga ricerca sulle danze, utilizzando le energie alte, lo stato piuttosto che la forma, la specializzazione del movimento organico piuttosto che la pura tecnica. Nelle mie precedenti creazioni, avevo già spinto questa ricerca abbastanza lontano. Mi aveva poco a poco portato a considerare la coreografia sempre meno come l’esercizio di una pura geometria dei corpi invece che come l’organizzazione dell’essere vivente e delle masse energetiche che si muovono dall’ascolto dei danzatori, la fusione dei corpi organici e sonori, le scansioni dello spazio-tempo. Sull’esempio del pittore o dello scultore, del cineasta, coreografare è per me l’affermazione di una libertà, la ricerca determinata di una visione propria, il libero gioco di ciò che considero come partecipante al movimento del mondo. Il krump è abbastanza recente, ma forse può essere visto come una pratica molto antica di quello che si chiama transe. Una trance molto controllata che ha per scopo non tanto lo spettacolo propriamente detto ma piuttosto l’espressione più diretta e indicibile verso la quale tende ogni creatore. La sfida sarà dunque quella di metterlo in pratica senza alterare ciò che scaturisce in modo così spontaneo. La struttura di lavoro non dovrà dunque intralciare e quindi annichilire le energie primarie ma invece favorire la loro nascita, canalizzarla e produrre il senso necessario a fare nascere la poetica d’insieme. Il senso e la parola non sono affatto assenti nella danza krump. La loro presenza è evidente, così massiccia e a volte così inattesa che tutta la delicatezza consisterà nel mettere in scena ciò che può sembrare come insensato”.
La coreografia è di Heddy Maalem, la colonna sonora di Heddy Maalem e Stéphane Marin, mentre le musiche sono: “You” di Hildur Gudnadottir; “Persephassa” di Iannis Xenakis; “Missa syllabica. Kyrie & Gloria” di Arvo Pärt; “Fools Rhythm” di 2 Fingers; “The Hours, The Poet Acts” di Philip Glass; “Souffles” e “Bourdon” di Stéphane Marin; “Prelude & Fugue No. 16 in G Minor, BWV 88” di Johann Sebastian Bach; “Canarios (Improvisation)” di Jordi Savall; “Mountains Falling” di David Lynch & John Neff; “Lord I Just Can’t Keep from Crying Sometimes” di Colin Stentson e “Twice the First Time” di Saul Williams.
I danzatori sono Anthony-Claude Ahanda alias Jigsaw, Wladimir Jean alias Big Trap, Romual Kabore, Émilie Ouedraogo alias Girl Mad Skillz e Anne-Marie Van alias Nach.
La scenografia è di Rachel Garcia e le luci, minimali ma dall’uso efficace, di Guillaume Fesneau. È una coproduzione di Compagnie Heddy Maalem/La Briqueterie, Centre de développement chorégraphique du Val-de-Marne, Centre de développement chorégraphique Toulouse Midi-Pyrénées/Le Parvis e Scène Nationale Tarbes-Pyrénées, Atelier de Paris-Carolyn Carlson. È una creazione per la 17° Biennale de Danse du Val de Marne/Atelier de Paris-Carolyn Carlson. Lo spettacolo, sostenuto da Adami, ha beneficiato nella stagione 2013-2014 dell’aiuto alla distribuzione da parte di Arcadi ed è una residenza di creazione presso Centre de développement chorégraphique du Val-de-Marne/Atelier de Paris-Carolyn Carlson.
In conclusione della serata al Teatro Annibal Caro il pubblico ha assistito a un altro progetto di residenza del festival con la prima assoluta di Miniballetto n. 2 di CollettivO CineticO, la compagnia ferrarese diretta da Francesca Pennini, la quale si è imposta all’attenzione di critica e pubblico per il suo stile assolutamente personale.
CollettivO CineticO, la compagnia residente stabile presso il Teatro Comunale di Ferrara, nasce nel 2007 con la direzione artistica della coreografa Francesca Pennini e in collaborazione con oltre 50 artisti provenienti da discipline diverse e si propone come rete flessibile di collaborazioni e fucina di sperimentazione nell’ambito del movimento e della sua relazione con musica, video e immagine. La ricerca di CollettivO CineticO, infatti, indaga la natura dell’evento performativo e ne discute i meccanismi con formati al contempo ludici e rigorosi che ibridano coreografia, teatro e arti visive.
Francesca Pennini si forma come danzatrice professionista studiando presso il Laban Centre di Londra e lavorando nelle produzioni di Sasha Waltz & Guests. Uno dei caratteri salienti della sua ricerca artistica è l’ideazione di metodologie di composizione e organizzazione del movimento che permettono di creare danze complesse e articolate con corpi estremamente differenziati. Francesca Pennini sta dirigendo la coreografia decennale frammentaria Progetto C/o (2007-2017) di cui fanno parte 16 produzioni di CollettivO CineticO con la partecipazione di oltre 40 danzatori e coreografi internazionali.
Nel 2009 la Pennini é stata una dei coreografi selezionati per il progetto Choreoroam promosso da Operaestate Festival Veneto (IT), Dance Week Festival (HR), Dansescenen (DK), Dansateliers (NL), Certamen Coreografico di Madrid (E), The Place (UK) e nel 2010 affianca un gruppo di giovani coreografi in collaborazione con SNDO di Amsterdam e Operaestate Veneto. Sempre nel 2010 con il progetto di ricerca The uncertain scene vince il bando europeo Focus on Art and Science in the Performing Arts sviluppando una metodologia di composizione coreografica basata su un’analisi angolare del corpo e un’indagine della fruizione della danza secondo un’organizzazione ritmica dello sguardo dello spettatore. Nel 2011 il collettivo é segnalato dal Festival Short Theatre (Roma) come la compagnia italiana di riferimento per il network IYME – International Young Makers Exchange e nello stesso anno é una delle due compagnie chiamate a rappresentare l’Italia all’European Festival of Contemporary Dance in Polonia. Nel 2012 con <age> vince il bando Progetto Speciale Performance 2012. Ripensando Cage ideato da Valentina Valentini de La Sapienza di Roma. Nel 2013 la compagnia ottiene il riconoscimento e il sostegno del MiBACT e vince il bando ministeriale per l’Italian Show Case Dance al Fringe Festival di Edimburgo con lo spettacolo XD scritture retiniche sull’oscenità dei denti, classificato nella TOP 20 (The List) su oltre 2500 spettacoli.
Collabora con il Palazzo dei Diamanti di Ferrara realizzando varie attività formative e una nuova versione di cinetico4.4 per la creazione di performance in occasione della grande mostra Matisse – La Figura organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara. Nel 2014, oltre alle nuove produzioni della compagnia viene rimesso in scena il fortunato progetto <age>, con un nuovo cast di adolescenti con cui vince il premio come migliore giovane regista al Festival Internazionale MESS di Sarajevo. Nello stesso anno le viene consegnato il premio speciale della Rete Critica alle cerimonie UBU come Migliore Compagnia 2014, motivato dalla “capacità di portare sulla scena spettacoli in equilibrio tra matematica e poesia del gesto, nei quali la danza e il teatro sconfinano in occasioni – per l’artista e per il pubblico – di ripensamento dello spettacolo dal vivo. Aperta alla contaminazione con altre forme performative, dal contest alla parata ai linguaggi e alle manipolazioni dei videogame, la compagnia diretta da Francesca Pennini e Angelo Pedroni ha inoltre saputo valorizzare la feconda incrinatura dell’adolescenza, costruendo attraverso il progetto <age> una sorta di “scuola” trascinante, in grado di lavorare a fondo e collettivocinetico costruttivamente con i ragazzi incontrati”.
Francesca Pennini collabora con la docente di museologia contemporanea Antonella Huber tenendo conferenze universitarie sul rapporto della danza con il luogo museale sia in relazione ai lavori firmati con CollettivO CineticO che alle esperienze di dialogo con musei nelle produzioni di Sasha Waltz (lavora nella creazione della performance Dialoge/Neues Museum di Berlino e Dialoge/maXXi di Roma, entrambe in occasione dell’inaugurazione degli stessi). Nel 2015 sarà docente della Biennale College Danza di Venezia e in un ciclo di conferenze sulla performance al MAXXI di Roma. Sempre nel 2015 firma la regia dello spettacolo Sherlock Holmes prodotto dal Teatro delle Briciole di Parma nell’ambito del Cantiere Nuovi Sguardi per un Pubblico Giovane.
Oltre a progetti formativi legati al pubblico e alle fasce giovani la Pennini é stata coinvolta in tutoraggi artistici professionali per progetti di sostegno a giovani compagnie mettendo a disposizione le metodologie sviluppate nel lavoro di CollettivO CineticO.
A CivitanovaDanza la coreografa ferrarese ha presentato Miniballetto n. 2, il proseguo della sua ricerca sulla scrittura coreografica, in cui la danza è precipita in una corrente in cui l’elemento aereo é paradigma di riflessione sui confini del controllo. Uno scambio che mescola i volumi tra corpo e spazio, tra scena e pubblico, tra composizione e improvvisazione in una geografia mobile, sospesa e decisa.
La Pennini ha anche suscitato molta ilarità con le spiegazioni parlate utilizzate per spiegare le varie coreografie ovvero dei brevi quadri, in cui la performer si muove come una contorsionista e dà vita con il suo corpo a molteplici situazioni. Si alternano musiche di vari generi musicali e movimenti particolari, la scena viene rubata addirittura da un particolare interprete come un drone, ma è la chiusura di grande effetto dello spettacolo che ha lasciato tutti senza fiato tra fumi, piume e pittura nera che hanno ricoperto il corpo nudo della giovane coreografa.
Concept e danza sono di Francesca Pennini, mentre dramaturg e pilota di Angelo Pedroni.
Tre balletti tanto diversi che evidenziano l’alta qualità raggiunta dal cartellone di proposte di un festival dal sapore sempre più internazionale, che rischia però di far emergere sempre più coreografie di concetto ma di difficile immediata comprensione.