“Cavalleria rusticana” apre la stagione dell’Arena di Verona


di Alberto Pellegrino

29 Lug 2021 - Commenti classica

Trasmessa da rai3 Cavalleria rusticana ha inaugurato la stagione 2021 dell’Arena di Verona con un cast di elevata qualità e in forma di rigoroso verismo.

(Ennevi Foto)

La Fondazione Arena di Verona e Rai3 hanno preso la meritoria decisione di trasmettere le tre opere in cartellone della stagione 2021. Si è iniziato il 27 luglio con Cavalleria rusticana e si continuerà con I Pagliacci (3 agosto) e Aida (10 agosto) con allestimenti spettacolari sotto il profilo tecnologico e con cast di alto livello.

Il capolavoro di Mascagni è stato messo in scena nel segno del più rigoroso verismo con l’azione che si è svolta in una piazza, nelle quale aprono le porte della locanda di Mamma Lucia; al centro del palco una grande scalinata è servita per salire all’ingresso della chiesa e ha consentito sia l’ingresso in scena sia l’uscita agli abitanti del paese. A questo impianto realistico ha fatto da sfondo e da cornice un gigantesco schermo sul quale sono state proiettate le immagini digitali D-work fornite dal Parco Archeologico e Paesaggistico Valle dei Templi di Agrigento e dai Musei Vaticani.

Nel corso della sinfonia una schiera di donne in nero è salita sulle gradinate dell’Arena per disporsi sotto una grande Croce in un tableau da sacra rappresentazione per sottolineare che la tragedia incombente andava collocata nel contesto religioso della Settimana Santa.

Poi la piazza è stata animata da bambini impegnati nel gioco, da un piccolo lustrascarpe al lavoro, da uomini intenti a bere all’osteria, da giovani a passeggio, da donne impegnate a confabulare tra loro o a rinfrescarsi al fontanile pubblico. In mezzo a questa folla monocroma, si è mossa una Lola, bella e provocante, chiusa in uno sfolgorante abito grigio-perla e avvolta in una grande scialle bianco.

La rapida apparizione di compare Alfio (stranamente ideato come un capo-mafia) ha preceduto l’arrivo della processione con le statue della Vergine e del Cristo Risorto che hanno salito la scalinata seguite in chiesa da quanti stavano stazionando nella piazza. Questo spazio è allora diventato il luogo deputato del dramma che sta per compiersi, prima con l’incontro tra Santuzza e Lucia; poi con lo scontro violento tra Turiddu e Santuzza che accusa l’uomo di tradirla con Lola, la quale arriva piena di arrogante superiorità; a questo punto Santuzza, gonfia di gelosia, d’ira e di smania di vendetta, rivela ad Alfio il tradimento della moglie. Dopo l’esecuzione dell’Intermezzo, la piazza ritorna ad animarsi con il celebre brindisi di Turiddu, la sfida a duello con Alfio e infine lo straziante canto di addio rivolto da Turiddu alla madre.

La regia di gruppo (firmata dalla Fondazione Arena di Verona), che ha seguito una rigorosa linea verista, ha finito per commettere a nostro avviso due errori di lettura semantica del testo. Si è deciso di fra partecipare Lola al brindisi di Turiddu, facendola salire accanto a lui sul tavolo della locanda; in questo modo è stata messa al centro della pubblica attenzione e si è finito per alimentare i sospetti di una loro relazione adulterina, un comportamento inconcepibile in una Sicilia fine Ottocento per una donna sposata e circondata da un’aura di sensualità. Sul finale si è fatta pronunciare la celebre frase “Hanno ammazzato compare Turiddo” non a un’anonima popolana ma a Lola che invece era stata condotta a casa dalle amiche per ridimensionare lo scandalo e per cercare di attenuare le probabili reazioni violente dell’irascibile e geloso marito che aveva scoperto l’adulterio. Due “nei” abbastanza gravi all’interno di una messa in scena rigorosa e ben congegnata nella sua lineare semplicità verista e nella sostanziale fedeltà al libretto.

Un cast di elevata qualità ha sorretto l’intera messa in scena, a cominciare dall’ottima interpretazione del mezzosoprano Sonia Ganassi che ha prestato la sua voce dalle profonde colorature scure a una Santuzza violenta e appassionata, fremente di gelosia e tormentata dai rimorsi. Sullo stesso piano si è posto il tenore turco Murat Karahan dotato di una notevole estensione vocale e da apprezzabili qualità interpretative che ha saputo esprimere le diverse componenti della discontinua e complessa personalità di Turiddu. Pienamente in parte è apparso il mezzosoprano Agostina Smimmero nel ruolo di Mamma Lucia, mentre ha riempito la scena con la sua bellezza il giovane mezzosoprano Clarissa Leonardi, una Lola dotata del phisique du role che le ha consentito di calarsi pienamente nella parte della “femmina fatale”. L’unica nota negativa è dovuta alla presenza del baritono Amartuvshin Enkhbart il quale, pur essendo in possesso di un’ottima voce, ha fornito una interpretazione statica e alquanto scolorita. Del resto come si può pretendere che un artista proveniente dalla Mongolia possa entrare nei panni di un carrettiere siciliano sanguigno, iroso e violento come Compare Alfio?

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