Bollani regala pura magia allo Sferisterio
di Elena Bartolucci
3 Ago 2021 - Commenti live!
Una serata in musica per celebrare l’opera rock per eccellenza: Jesus Christ Superstar. Stefano Bollani incanta col suo Piano Variations on Jesus Christ Superstar.
(Fotografie di Tabocchini Zanconi)
Macerata – Venerdì 30 luglio, nel secondo weekend del cartellone del Macerata Opera Festival, il palcoscenico dello Sferisterio accoglie il celebre pianista Stefano Bollani, reduce da uno dei grandi successi della scorsa stagione televisiva con Via dei Matti n°0 andato in onda sui canali Rai.
Lo spettacolo dal titolo Piano Variations on Jesus Christ Superstar è una serata totalmente inedita dedicata al capolavoro di Andrew LIoyd Webber e Tim Rice a 50 anni dalla pubblicazione dell’album originale, realizzata con il benestare dello stesso compositore inglese.
Non bisogna però aspettarsi una trascrizione intera per pianoforte solista ma un modo diverso di celebrare la storia più famosa mai raccontata.
Arrivando sul palco, lo stesso Bollani è sembrato visibilmente emozionato dichiarando la sua enorme felicità di tornare a esibirsi di fronte al pubblico dal vivo.
La serata è stata improntata come un racconto della genesi di un capolavoro che, nella Londra degli anni ’70, fu scritto da due ragazzotti, Andrew Lloyd Webber (musica) e Tim Rice (testi), in poche settimane.
Ispirata alle vicende degli ultimi momenti di vita di Gesù, narrate però dalla prospettiva originale di Giuda Iscariota, l’opera che era nata come un doppio album divenne ben presto un allestimento teatrale e poco dopo persino un film.
Bollani racconta di aver visto per la prima volta al cinema Jesus Christ Superstar quando aveva solo 14 anni e fu per lui un’esperienza travolgente. Si innamora di musica e atmosfera, provando una forte empatia verso quei personaggi che da sempre erano stati dipinti negativamente come Giuda e Ponzio Pilato, ai quali nell’opera vengono affidate le musiche e le canzoni più belle.
La serata prende il via dal preludio che Bollani ha dichiarato di aver riarrangiato prendendosi una leggera licenza poetica e deviando dalla versione originale di Webber.
È poi il momento dei cattivi (con la celebre canzone “Jesus must die”) e dei seguaci di Gesù a cui viene affidata l’Osanna e a seguire di Ponzio Pilato. A differenza di quanto narrato dal Vangelo, è Pilato e non la moglie che ha un sogno premonitore di non riuscire a fare nulla contro l’ira del fato e salvare un innocente rischiando di essere dannato per l’eternità. Meravigliosa la freddura di Bollani sulla figura di Pilato che, di questi tempi, è stata sicuramente rivalutata perché almeno lui “le mani se le lavava”.
Arriva poi il momento di Maria Maddalena, la prima che accoglie Gesù anche se non sa come amarlo, alla quale viene assegnata l’aria più dolce e intensa “I don’t know how to love him”.
Si giunge poi al momento dell’ultima cena, durante la quale gli apostoli cantano gioiosi anche dei vangeli che scriveranno, lasciando però solo Gesù che avrà un colloquio diretto con Dio durante il quale decide di accettare il suo destino e la croce.
Prosegue il viaggio di Bollani con l’aria di re Erode, un tema inaspettato all’interno dell’opera che non ritornerà più nel corso della storia. Una piccola curiosità su questo brano viene svelata dallo stesso pianista sul palco, il quale racconta che inizialmente era stato scritto per Rita Pavone ma che fu poi rivogata dai due creatori e inserita nell’opera. Citando lo stesso Bollani, “sono davvero pochi i gradi di separazione tra Gesù e la Pavone”.
Arriva poi il finale con Giuda, il quale canta la canzone da cui è nato tutto. Ai tempi del debutto, l’opera fu addirittura additata come blasfema da una delle frange più conservatrici della Chiesa in quanto non era stata raccontata in modo esatto la risurrezione. Lo stesso Bollani ha spiegato che in realtà il senso dell’opera in sé è ben più profondo perché dobbiamo essere noi a far resuscitare il Gesù che abbiamo dentro di noi e l’amore che proviamo verso la vita.
Mentre risuonano le ultime note del pianoforte di Bollani, il pubblico in visibilio si lancia in uno scroscio infinito di applausi. Arriva poi il momento dei ringraziamenti, in primis verso Barbara Minghetti, direttrice del MOF, che lo ha fortemente voluto al festival, ma il pianista ha voluto soprattutto ringraziare i tecnici del suono, il suo manager e il suo agente.
Accoglie subito la richiesta di un bis, regalando un assaggio della colonna sonora che ha firmato per Carosello, Carosone, film tv andato in onda su Rai1 sulla vita di Renato Carosone. Una figura che ha significato molto per il suo percorso di musicista, grazie al quale ha imparato a conoscere e amare il blues e il jazz.
Gli applausi continuavano a piovere da ogni angolo dell’arena e così Bollani ha regalato un’ultima e divertentissima chicca della serata intitolata Sopra i vetri di Enzo Jannacci (testo di Dario Fo e musiche di Fiorenza Carpi), accennando poi alcune note finali del suo celebre brano Carioca.
Una serata sensazionale che sembrava non voler finire mai: la semplicità della bella musica che prende vita senza alcun bisogno di orpelli scenografici. Un piano solo e un’artista eccelso che, come un folletto, sembra non riuscire a rimanere seduto sullo sgabello del piano animandosi e vivendo ogni nota che suona con il suo piano. Il maestro ha dichiarato: «Ho scelto la forma del pianoforte solo perché la storia d’amore è tra l’opera rock e me» – «E una storia d’amore cresce in bellezza se resta intima».
“Stefano Bollani si è liberamente, ma rispettosamente, avvicinato al capolavoro improvvisando sui motivi originali e sulle canzoni seguendo il suo guizzo giocoso e il suo spirito musicale, formato dalle tante tradizioni musicali, dai tanti generi e incontri che hanno influenzato, forgiato e consolidato quello che è considerato il suo linguaggio musicale”. Bollani è riuscito senz’altro a conquistare il pubblico con la sua bravura tecnica e la sua innata simpatia, rivelandosi ancora una volta un vero e proprio animale da palcoscenico.