A Bob Dylan il Premio Nobel per la Letteratura 2016
di Alberto Pellegrino
21 Ott 2016 - Commenti live!, Musica live
Appena si è appreso che il Premio Nobel per la letteratura 2016 era stato assegnato a Bob Dylan, la notizia ha fatto il giro del mondo e una parte della congregazione internazionale degli scrittori ha gridato allo scandalo, perché era stato recato un grave oltraggio alla letteratura con la premiazione di un menestrello. La cosa non deve suscitare nessuno stupore, perché la stessa cosa era accaduta nel 1997, quando con il Nobel era stato insignito Dario Fo subito etichettato come un guitto, senza considerare che Dario Fo sia il commediografo italiano più rappresentato nel mondo, il drammaturgo che, insieme a Pirandello e Edoardo De Filippo, sia il simbolo del teatro italiano del Novecento a livello internazionale.
Di fronte all’alzata di scudi degli ambienti accademici, la risposta più pregnante l’ha data il poeta Lawrence Ferlinghetti che ha ringraziato Bob Dylan per aver “riscattato” quanti hanno creduto nei sogni della Beat Generation, perché “Bob Dylan è un poeta, prima di ogni altra cosa. Lo è sempre stato. Ha scritto i migliori poemi surrealisti della nostra generazione. E, grazie alla musica, è riuscito a far arrivare la poesia dove non era mai arrivata neanche con Ginsberg”. Molti altri hanno giudicato questo riconoscimento più che meritato, in quanto Dylan ha inventato nuove espressioni poetiche nel solco di un’antica tradizione che trova le proprie radici negli aedi greci, nei trovatori e giullari medioevali, nei madrigalisti del Cinque-Seicento.
Bob Dylan è riuscito ad attraversare le varie stagioni della storia statunitense con i suoi testi e la sua musica (dal folk rock al blues rock, dal country rock alla musica d’autore), parlando d’amore e di vicende personali, del valore della pace e della follia della guerra, della libertà e della dignità dell’uomo, di diritti civili e di temi religiosi. È stato il primo dei grandi cantautori americani ad aprire in Europa la strada ai vari Jacque Brel, George Brassens, Boris Vian, Fabrizio De André, Francesco Guccini, Roberto Vecchioni, Vinicio Capossela. Con questo Nobel supera, pertanto la vecchia e logora diatriba se la canzone d’autore rientri o no di far parte del mondo della poesia ed è di conforto anche per chi scrive, chiamato nel 2004 a collaborare a un’antologia letteraria, essere riuscito a inserire nella sezione della poesia un capitolo dedicato alla canzone d’autore italiana. Del resto chi ricorda più il primo Nobel del 2001 assegnato al poeta belga Sully Prudhomme che era allora molto popolare? Al contrario le poesie di Dylan esprimono idee e valori che hanno una forza liberatoria e universale e che meritano di essere tramandate nel tempo, come si è proposto di fare la Reale Accademia di Svezia con questo premio.
Dylan, nato nel 1941, scopre alla fine degli anni Cinquanta la musica folk e considera suo maestro Woody Guthrie, un menestrello vagabondo che percorre gli States, dormendo sui treni e proponendo le sue canzoni popolari contaminate da ascendenze letterarie statunitensi ed europee. Ben presto Dylan si accorge che la canzone popolare non gli basta e innesta su di essa quegli stimoli poetici che gli arrivano da narratori impegnati nel sociale come Steinbeck, Caldwell e Faulkner. Il passo successivo lo porta a diventare il padre culturale della hippy generation al fianco dei maggiori scrittori e artisti americani del suo tempo: Alan Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti, Gregori Corso, Jack Kerouac, Burroughs, Bukowsky, Andy Warhol. Nascono in questo periodo memorabili ballate che rappresentano l’epica civile di un’America non legata al potere politico ed economico e contraria alle guerre. Da una serie di grandi canzoni come Blowin’in the wind (Vola via col vento), Masters of war (Signori della guerra), A hard rain’s (Arriverà una pioggia), Like rolling stone (come un sasso che rotola via), Visions of Johanna (Visioni di Johanna), Knckin’on heaven’s door (Bussare alle porte del cielo), M. Tamburine man (Mister Tamburino), The times they are a changin (I tempi stanno per cambiare), Someday baby (Un giorno baby), Tempest (Tempesta) esce fuori il ritratto di un Paese umano e positivo.
Alla fine degli anni Settanta si parla di una conversione di Dylan, ebreo di nascita, al cristianesimo, ma si tratta piuttosto di un nuovo interesse verso la Bibbia e di una riscoperta della figura di Gesù, per cui alcuni temi religiosi cominciano a comparire nelle sue composizioni, anche se non aderisce a nessun movimento cristiano e a nessuna religione istituzionalizzata, rifiutando però l’etichetta di “agnostico”, avendo sempre pensato che vi sia un potere superiore e che esista un mondo che verrà.
Dylan deve essere considerato un ottimo compositore e interprete, ma è soprattutto la scrittura delle canzoni che deve essere considerata il suo maggiore contributo alla cultura del Novecento. Del resto, egli è stato sempre stilisticamente coerente senza mai aderire al più popolare rock and roll pur riconoscendone il valore, perché ha costantemente tratto ispirazione, anche nell’evoluzione del suo stile musicale, dalla musica folk sostenendo che “le canzoni folk sono colme di disperazione, di tristezza, di trionfo, di fede nel sovrannaturale, tutti sentimenti molto profondi”. In coerenza con le sue radici Dylan ha sempre cercato di trasmettere il messaggio umano e spirituale delle sue composizioni attraverso i dischi, i libri e le centinaia di concerti tenuti in tutto il mondo. Fin dagli inizi egli ha creato canzoni che hanno interpretato i sogni e le utopie, le speranze e le paure d’intere generazioni, l’alienazione e le solitudini della società di massa ed è riuscito a fare questo senza mai scrivere versi semplici o banali ma raffinati e complessi, pieni di visioni, a volte carichi d’insospettate capacità narrative, poiché diverse canzoni sono dei veri romanzi brevi, dei piccoli poemi racchiusi nello spazio limitato di una composizione e questi risultati riesce a ottenerli solo chi è stato capace di riscrivere le regole della canzone popolare, mantenendone viva tutta l’energia comunicativa ma iniettando in essa una forte dose di poesia.
Il peso della sua personalità e delle sue capacità poetiche è stato ben presto riconosciuto attraverso il conferimento di due lauree honoris causa (1970 e 2004), di alcuni Grammy Avards, del Golden Globe Awards e dell’Accademy Awards (2001) che rappresentano il Premio Oscar della canzone; attraverso l’assegnazione di prestigiose onorificenze come il titolo di Commendatore dell’Ordine delle Arti e delle Lettere in Francia (1990), il Kennedy Center Honors (1997), il Premio Principe delle Asturie in Spagna (2007), il Premio Pulitzer (2008), la Medaglia Nazionale delle Arti (2009), la Medaglia Presidenziale della Libertà (2012), per arrivare infine al Premio Nobel nel 2016. Questa candidatura era stata avanzata alla Reale Accademia di Svezia dal prof. Gordon Ball fin dal 1997 con la seguente motivazione: “Per l’influenza che le sue canzoni e composizioni hanno avuto in tutto il mondo. Egli ha restituito dignità alla tradizione orale. Dagli inizi degli anni Sessanta ha creato, in parole e in musica, un universo illimitato, che ha pervaso il globo”.
- Bob Dylan performing at the Kezar Stadium in San Francisco, March 23, 1975. (Alvan Meyerowitz/Michael Ochs Archives/Getty Images via JTA)
- Bob Dylan sul palco durante un concerto al Finsbury Park di Londra
- Un momento del concerto a Tolosa del 1981
- Bob Dylan durante un concerto a New York del 2004