“BACON/FREUD, la Scuola di Londra” in mostra a Roma


di Giorgio Tassi

13 Dic 2019 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive

Presso il Chiostro del Bramante, a Roma, resterà aperta fino a febbraio 2020 la mostra BACON/FREUD, la Scuola di Londra. L’abbiamo visitata.

Inaugurata il 26 settembre 2019, rimarrà aperta fino a febbraio 2020, presso gli spazi espositivi del Chiostro del Bramante a Roma, la mostra di pittura, BACON / FREUD, la Scuola di Londra.

Due giganti della pittura, per la prima volta riuniti in uno stesso percorso espositivo, due modi di fare pittura, riuniti dall’urgenza di raccontare la vicenda umana senza filtri: il cinismo sfacciato di Freud, la distorsione mostruosa di Bacon.

Un corpus di circa 50 opere, concesse in prestito dalla Tate, dove oltre ai già citati Bacon e Freud, sono presenti opere di Michael Andrews, Frank Auerbach, Leon Kossof e Paula Rego.

“The School of London”, è il nome che riunisce le esperienze di tutti questi artisti, i cui disegni, incisioni e dipinti, coprono un arco temporale che va dagli anni ’40 al 2004. Umanità diverse, che si incontrano nella capitale inglese, chi per fuggire dagli orrori del nazismo, chi per sfuggire ad una realtà oppressiva e conformista, chi per sperimentare e cogliere le occasioni che la capitale inglese offriva nell’immediato dopoguerra.

Gli occhi enormi, sgranati su un presente che non vorrebbe essere vissuto, sono quelli della moglie di Freud, Kathleen Garman, in posa per “Girl with a kitten” e “Girl with a white dog “.

Lucian Freud, Girl with a white dog

Nel primo dipinto la donna rivolge lo sguardo altrove, mentre la sua mano sembra serrarsi in maniera inesorabile sul collo del piccolo gattino; nel secondo scivola leggermente in basso, il seno destro che esce dall’accappatoio, la testa del suo cane appoggiata pigramente sulle sue gambe. Le righe del divano come sfondo, una luce fredda che illumina la scena. Un disagio, una alienazione palpabili, percepibili nella tensione tra interiore ed esteriore.

Sempre lo stesso disagio, lo stesso dolore, che si fa avanti sulla tela e che Bacon declina con una pennellata differente, che dissolve i volti, scioglie la carne, i lineamenti. Incapsulati nelle loro gabbie, ai soggetti rappresentati nei quadri “Dog” e “Study for a portrait”, Bacon lascia la mostruosità del grido, la deformità del volto, il movimento scomposto di chi vorrebbe fuggire dalla propria condizione. Un grido disperato, un volto che si liquefà, la traccia di un occhiale, la traccia che ci riconduce alla bambinaia morente del film di Eisenstein, La corazzata Potëmkin.

Lucian Freud dipinge dal vivo… “ero visivamente aggressivo. Mi sedevo molto vicino al soggetto e guardavo. La cosa poteva mettere a disagio entrambi ma temevo che se non fossi stato attento a tutto ciò che attirava il mio sguardo l’intero quadro sarebbe andato in pezzi”. Bacon prende spunto da foto, o da fotogrammi di film: deve essere solo nel recinto sacro del suo studio, consumato nel suo silenzio, dove quel grido prende forma. Uno studio che sarà oggetto di indagine e di classificazione da parte di un gruppo di archeologi, a sottolinearne il valore sacro, come la fucina / tomba di un dio, temporaneamente prestato all’umano.

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