Architettura dell’Eclettismo. Il teatro…
di Alberto Pellegrino
30 Dic 2010 - Libri
Sono 13 anni che a Jesi si tengono i Convegni sull’Architettura dell’Eclettismo a cura di Loretta Mozzini e Stefano Santini, i quali nell’anno delle celebrazioni pergolesiane hanno ritenuto opportuno dedicare il convegno al teatro da analizzare sia sotto il profilo dell’evoluzione architettonica, sia sotto il profilo sociologico, quando lo spettacolo da fenomeno ristretto ad una èlite aristocratica si trasforma in un fenomeno che investe la media borghesia e le classi popolari, grazie al nascere di nuove forme teatrali e soprattutto all’avvento del cinematografo. Successivamente è stato pubblicato il volume Architettura dell’Eclettismo. Il teatro dell’Ottocento e del primo Novecento. Architettura, tecniche teatrali e pubblico, nel quale alcuni specialisti di storia dell’architettura hanno analizzato l’evoluzione delle strutture teatrali in diverse realtà nazionali (i teatri e le sale cinematografiche di Catania; i teatri Politeama e Massimo di Palermo; i teatri Piccinni e Petruzzelli a Bari). Si sono poi presi in esame il Teatro dell’Opera di Parigi, progettato da Charles Garnier che viene considerato un maestro dell’architettura teatrale; i teatri progettati dagli architetti Feller e Helmer a Vienna, Budapest, Timisoara, Czernowitz, Berlino, Zurigo, Klagenfurt, Odessa, Zagrabia, Salisburgo, Brno, Fiume e altri centri minori; i teatri francesi costruiti a Saigon e Hanoi. Si è richiamata l’attenzione su alcuni teorici dell’architettura teatrale italiana ed europea come Attilio Muggia, Auguste Perret e altri, mettendo in evidenza come si sia passati dal predominio dell’edificio teatrale all’italiana ad altre forme collegate al processo di trasformazione urbanistico e sociologico in atto in Europa, per cui la tipologia teatrale e la morfologia urbana sono la conseguenza di una politica culturale che vede ormai come protagonista la borghesia. Di pari passo alle innovazioni planimetriche, si sviluppano gli studi sull’acustica, sul boccascena e l’orchestra, sull’auditorium che progressivamente s’impone sulla tradizionale sala ad alveare , sulla sicurezza contro gli incendi, sull’uso di nuovi materiali (cemento, ferro, ghisa). Si affermano, accanto al teatro all’italiana, nuove tipologie teatrali: la grande sala senza palchi, ma con gallerie e balconate; il teatro per la commedia borghese; la sala da concerto, il teatro diurno nei giardini pubblici e il teatro delle esposizioni; il politeama; le sale per il varietà e il cafè-chantant; il teatro popolare che tende a contrastare il teatro d’èlite. Tobia Patetta ha analizzato il processo di ammodernamento che si verifica in Italia e in Europa nel mondo dell’opera lirica sotto la spinta delle innovazioni introdotte da Wagner e dal grand-opèra francese: Si tratta di novità che influiscono su Giuseppe Verdi, su un musicista e librettista d’avanguardia come Arrigo Boito, su un compositore più moderno come Puccini. Un ruolo rilevante gioca l’opera verista (Carmen di Bizet e Cavalleria rusticana di Mascagni, Nerone di Boito-Mascagni), mentre uno dei compositori tra i più innovativi appare Richard Strauss con le opere Il Cavaliere della Rosa, Salome ed Elektra. In un ampio saggio Alberto Pellegrino prende in esame le origini e la diffusione del cinema nelle Marche (anche in rapporto con il resto d’Italia), partendo dal cinema ambulante che si sviluppa tra il 1896 e il 1905, il quale sarà progressivamente sostituito dalle sale cinematografiche permanenti che nascono sotto la spinta dell’enorme e rapido successo incontrato da questo nuovo massa medium. L’autore analizza anche il rapporto tra cinema, morale, religione e politica; ricorda le resistenze degli intellettuali che si lasciano poi conquistare dalla nuova arte . Si porta come esempio l’attività cinematografica svolta dal commediografo pesarese Ercole Luigi Morselli, autore di diverse sceneggiature; della influenza esercitata sul cinema dalle scenografie di Ivo Pannaggi. Una riscoperta deve considerarsi la figura di Ivo Illuminati, un regista marchigiano quasi del tutto dimenticato, come la rivalutazione del regista tolentinate Mario Mattoli legato soprattutto al personaggio di Totò. Nel saggio si parla infine di due grandi film girati nelle Marche, Ossessione (1943 di Visconti e I delfini (!960) di Maselli, ma anche di due importanti film legati alle Marche come La porta del cielo (1945) di De Sica (storia di un treno bianco diretto al Santuario di Loreto) e Il cielo sulla palude (1949) di Genina, che racconta la vita di Maria Goretti.