Arcangelo Corelli 300 anni dopo – Deduzioni e induzioni
di Andrea Zepponi
10 Dic 2014 - Libri
Come celebrazione del creatore del concerto grosso e del mito della musica italiana in Europa già ai suoi tempi, un omaggio doveroso e impegnato al musicista che fu anche prototipo dell’uomo di cultura, maestro dell’arte dei suoni e amante e della pittura, ben inserito in una cerchia di intellettuali che formavano l’èlite della Roma barocca, la pubblicazione Arcangelo Corelli 300 anni dopo, deduzioni ed induzioni, Marcianum Press, Venezia, 2014 di autori vari prende le mosse da una precedente pubblicazione nell’anno corelliano 2013 in cui sono ricorsi i 300 anni dalla morte e raccoglie diversi testi che rendono conto in vario modo e da diversi punti di vista la grandezza del musicista e ciò che si è fatto per commemorarlo. L’agile introduzione di Eugenio Lo Surdo – Premessa buffa con la sua distinzione tra i due geni di Voltaire (Parigi, 1694 – Parigi, 1778) e di Arcangelo Corelli (Fusignano di Romagna,1653-Roma,1713) che fondarono il 700 europeo, l’uno padre dell’Illuminismo, e l’altro autore di un vero e proprio best-seller musicale che cambiò l’estetica musicale in tutta Europa, delinea le coordinate culturali ed estetiche in cui si mosse la sua figura tra le magnificenze cardinalizie e poi papali di Pietro Ottoboni, l’Arcadia, Cristina di Svezia, i Pamphilj e lo straordinario ambiente della Roma triumphans con i suoi splendori e le sue miserie. Anche nel saggio successivo di Maurizio Calvesi – Celebrazioni di Arcangelo Corelli. Il contributo di Giuseppe Maria Pilo, si nota la cura con cui il professore emerito dell’Ateneo di Venezia ha ricostruito una fitta rete contestuale di rapporti, viaggi, soggiorni e corrispondenze con altri artisti del 6-700 attorno alla figura corelliana, partecipe la meritevole operazione restaurativa del testamento olografo del musicista che ci testimonia tante notevoli presenze, illustrata dal punto di vista tecnico nel contributo di Adriano Pandimiglio, Il restauro del testamento e degli inventari dei beni del Maestro, e con acute induzioni e raffronti dalla puntuale relazione di Fabio Isman : L’Archivio: “Un testamento da salvare” in cui si evince l’uomo Corelli attento nel disporre dopo la sua morte con lo stesso amore i propri dipinti come i propri strumenti ed opere musicali. Il “Corelli day” del 2013, concomitante alle celebrazioni per Verdi e di Wagner, ma non certo altrettanto esteso e pubblicizzato, allora è stato festeggiato degnamente nel ristretto party di studiosi come Simonetta Ceglie che nel saggio Note d’archivio: percorso iconografico-documentario su luoghi, personaggi, e committenze del“Sig. Archangelo del violino” negli anni romani, tratto dai fondi del’Archivio di Stato di Roma, ricostruisce con passione e rigore tutta l’attività corelliana a Roma presso il cardinale Ottoboni e presso altre cappelle musicali partendo dal dettagliatissimo inventario dei beni della regina Cristina di Svezia, tra l’altro esposto in una ricca mostra documentaria di cui compare il catalogo nella stessa pubblicazione. Da questa raccolta di dati e documenti (il volume è anche fornito di una ricca documentazione fotografica) viene fatta luce su personaggi chiave del mondo musicale romano tra cui i più noti Alessandro Scarlatti, Bernardo Pasquini e i meno noti Pier Francesco Valentini, antesignano della vita musicale romana prima di Corelli, indi Francesco Garbi e Matteo Fornari; mentre nel versante delle altre arti campeggiano i pittori Francesco Trevisani, Bonaventura Lamberti e lo scultore Angelo Rossi. Indiscutibile l’interesse suscitato dall’esposizione di notizie circa autori musicali “minori” la cui vicinanza con Corelli comporta l’effettiva osservazione che egli seguiva gli orientamenti dominanti del tempo sia nel campo di collezionismo pittorico sia nel campo squisitamente musicale; infatti in quello che definirei un saggio dal profilo musicologico di Claudio Strinati, L’eredità corelliana, si legge un illuminante confronto tra le due correnti dominanti nei due ambiti, il pittorico e il musicale, al tempo in cui Corelli viveva il suo periodo romano: rispettivamente quella dei Caravaggio, Carracci e Bernini da un lato e la nuova concezione arcadica e classicheggiante della pittura dall’altro, da una parte il severo tecnicismo frescobaldiano, peraltro foriero di sviluppi enormi in Bach, e dall’altra la dolcezza raffinata e l’apparente facilità di comprensione della musica di Corelli antesignana dello stile classico. A completare il quadro di civiltà della Roma degli Ottoboni e del gusto pittorico seguito dal nostro musicista si leggono i due contributi di Giuseppe Gullino: Gli Ottoboni. Una famiglia in crisi all’apice del potere, e quello di Ileana Chiappini di Sorio: Sensibilità figurativa di Arcangelo Corelli e convergenze sociali; a supplire eventuali mancanze nelle celebrazioni corelliane, la pubblicazione Arcangelo Corelli 300 anni dopo – Deduzioni e induzioni inserisce il testo La bellezza onora Dio e ricrea lo spirito dell’uomo di Roberto Donadoni che parla della bellezza della musica come arte universale e la contrappone a ciò che viene considerato come musica dall’odierna cultura commerciale in “cui il valore si misura in base al successo di audience e di vendite e non in base all’intrinseco valore artistico, che l’italiano di media cultura non è sempre in grado di riconoscere.” La valenza musicologica si riscontra anche nei continui rimandi e confronti tra pittura e musica come arti che conversano tra loro e che impongono delle riflessioni; così nel contributo di Laura De Rossi, Francesco Trevisani e Arcangelo Corelli,“homines novi” del grandioso progetto “accademico” di Pietro Ottoboni, si nota come in Corelli si concentrassero i tratti dell’homo novus dell’intelligentia culturale, “ forte della sua cultura interdisciplinare fatta di erudizione e di belle maniere che fondeva in un’unica, vigorosa personalità “ l’artista” e “l’uomo” chiamato a relazionarsi con i centri del potere”. Proprio con Corelli si delinea un nuovo profilo di musicista. A completare il quadro socio-culturale, il saggio Giuseppe Maria Pilo e Laura De Rossi “Procul este profani”: il mecenatismo del cardinale Pietro Ottoboni e gli omaggi “postumi” a Corelli di Benedetto Marcello, Girolamo Ascanio Giustiniani, Sebastiano Ricci; “comprimari” di eccellenza Francesco Gasparini e Giuseppe Camerata,Giovanni ed Antonio Bononcin, Mattheson e Telemann, espone in modo lucido e documentato il sistema di committenze e di mecenatismo cui erano soggette le arti nonché quanto la competenza musicale avesse peso nella cooptazione di nuovi artisti, come ad esempio Haendel, per la formazione di una nuova èlite intellettuale parallela a quella aristocratica. A questo riguardo è anche doveroso notare l’ampiezza dei riferimenti bibliografici autorevoli e delle note in calce ad ogni contributo della pubblicazione. Infine Luigi Piovano in Corelli, la sua grandezza compositiva trasforma l’omaggio al musicista in un caratterizzante accostamento fra il celeberrimo brano corelliano de La Follia e la Ciaccona in re minore di J. S. Bach tratta dalla seconda partita per violino solo. In sede finale, nella piccola sezione Fusignano per Arcangelo Corelli si ricorda la delegazione di Fusignanesi, con l’assessore alla cultura M. Luisa Amaducci e il presidente della Pro Loco di Fusignano, Lino Costa che, il 14 dicembre 2013, hanno partecipato alla presentazione del volume Arcangelo Corelli 300 anni dopo, Quaderno di “ARTE|Documento|” (Venezia, Marcianum Press, 2013) pubblicato sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica in occasione del recente restauro del testamento e dell’inventario dei beni del musicista fusignanese.