Apprezzabile “Bohème” al Delle Muse


Alberto Pellegrino

22 Feb 2005 - Commenti classica

La terza stagione lirica del Teatro delle Muse di Ancona si è chiusa con un'apprezzabile edizione della Bohème di Giacomo Puccini affidata alla regia di Lamberto Puggelli che ha esplicitamente dichiarato di aver voluto mettere in scena un'edizione “tradizionale” proprio per raccontare con “verità ed amore” una delle più belle storie d'amore di tutta l'opera lirica, una Bohème “giovane eppure decadente, vitale ma annebbiata nelle brume di un mondo lontano, vera ma stilizzata in figurine emblematiche e dolcissime”. Si può dire che l'operazione è in gran parte riuscita anche per le scene di Pierluigi Samaritani e i costumi di Elena Careni (entrambi scomparsi) diligentemente e amorevolmente ripresi dallo scenografo Carlo Savi e dalla costumista Alessandra Gramaglia. La scena, fatta di “quinte” e “spezzati”, ha reso le atmosfere tradizionali ma suggestive della soffitta-studio di Rodolfo e Marcello, dove attraverso la grande e polverosa vetrata filtrano i raggi della luna; ha ricreato le gaie e semplici atmosfere di festa popolare del secondo atto; ha creato momenti di sofferta e delicata poesia nel paesaggio innevato della Barriera d'Enfer che suscitato emozioni visive negli stessi spettatori. Su tutto una come una patina di malinconia come se la vicenda prendesse vita dal ricordo per dissolversi ancora nel ricordo lungo un percorso fatto di liricità e di sentimento semplici e forti.
Edizione certamente all'altezza della breve ma consolidata tradizione lirica delle Nuove Muse questa Bohème diretta con passione dal M Paolo Arrivabeni con interpreti di buon livello anche se il tenore Yasu Nakajima, che ha sostituito Aquiles Machado, non è stato sempre all'altezza del personaggio di Rodolfo; bene invece il baritono Luca Grassi nei panni di Marcello e Andrea Concetti interprete di un'intensa “vecchia zimarra”; Donata D'annunzio Lombardi è stata una Musetta spiritosa e vivace nel secondo atto, partecipe e commossa nel quarto. Ancora un'ottima interpretazione del soprano Carmela Remigio che si conferma autorevole erede della più bella tradizione vocale italiana: tecnicamente sicura, dotata di una grande estensione vocale, capace di interpretare il personaggio scavandone e ricercandone tutte le sfaccettature, la Remigio è riuscita ad essere sulla scena quella Mimì che continua a commuoverci, fragile e appassionata, ingenua e attraente, un mistero chiamato “donna” che Puccini, grazie anche ai suoi librettisti, ha scolpito con suprema maestria, riuscendo a creare una figura femminile che riesce ancora a farci palpitare d'amore.

(Alberto Pellegrino)


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