All’Opéra de Paris Bastille una piacevolissima “La piccola volpe astuta”


di Alma Torretta

20 Gen 2025 - Commenti classica

All’Opera di Parigi Bastille è tornata “La piccola volpe astuta” di Janacek. Perfetta per la parte della protagonista il soprano russo Elena Tsallagova, coinvolgente la direzione musicale di Juraj Valčuha.

(Foto © Vincent Pontet / OnP)

Il nuovo anno si apre a Parigi con il ritorno sulla scena dell’Opéra de Paris Bastille di una delle più belle opere del ceco Leoš Janáček, “La piccola volpe astuta”, tre atti su libretto dello stesso compositore basato su una storia a fumetti apparsa su un quotidiano di Praga che racconta di una piccola, vivacissima volpe che catturata dal guardiacaccia incita le galline del pollaio alla rivolta, ma si libera dalla cattività e poi si innamora, dal finale tragico ma con speranza per il futuro.

Il compositore, da tempo interessato al tema del rapporto tra uomo e natura, decise di musicare il soggetto e la prima avvenne a Teatro nazionale di Brno nel 1924. Opera considerata difficile da mettere in scena, in Italia la prima rappresentazione si avrà solo nel 1958 alla Scala, all’Opéra de Paris è entrata in repertorio nel 2008 con la regia allora d’André Engel, oggi ripresa da Dagmar Pischel, ed è possibile vederla sino all’1 febbraio, oltretutto con delle tariffe di biglietti più basse del solito per favorire l’acquisto da parte delle famiglie, come propone ogni anno l’Opéra National de Paris.

Si tratta, infatti, di una fiaba adatta ai più piccoli come agli adulti essendo un lavoro che, come Il Flauto magico di Mozart, si può apprezzare a diversi livelli. I più piccoli non si annoiano certo con la sua deliziosa rappresentazione della piccola fauna, dalle zanzare ai grilli, dalla rana al tasso, con tutti gli animali che parlano e provano sentimenti come degli umani, a cui corrisponde però anche riflessioni profonde e una partitura di Janáček, come si sa studioso della musica popolare delle regioni morave, ricca di motivi e colori.

Per questa ripresa, la direzione musicale è affidata al maestro slovacco Juraj Valčuha, al suo debutto a Bastille, ben conosciuto in Italia dato che è stato dal 2009 al 2016 direttore dell’Orchestra sinfonica della Rai di Torino e poi, sino al 2022, direttore musicale del San Carlo di Napoli, oggi a capo della Houston Symphony negli Stati Uniti e direttore ospite della Konzerthaus Orchester di Berlino e della Yomiuri Orchestra de Tokyo. La sua lettura della partitura, rispetto ad altre interpretazioni più asciutte, dai suoni più secchi, è invece assai romantica, opulenta, coinvolgente e trascinante.

Protagonista assoluto dello spettacolo è il soprano russo Elena Tsallagova che nel 2008 aveva proprio qui a Parigi debuttato nel ruolo che poi ha cantato, con altrettanto successo, in molti altri teatri. Bella voce, potente con acuti luminosi, grandissima interprete soprattutto del personaggio dalle tante sfaccettature, una rossa, combattiva e furba volpe-ragazza, una sorta di femminista del mondo animale, con un tenero ma ambiguo rapporto con il guardiacaccia, in qualche modo d’amore, poi innamorata perdutamente di una volpe-maschio che sposerà e diventerà una madre amorevole, anche se resterà sempre sbruffona e un po’ temeraria, e per questo finirà uccisa dal bracconiere.

Bella voce anche quella del guardiacaccia interpretato, con un cambiamento a programma già stampato, dal baritono-basso Milan Siljanov, che inizialmente avrebbe dovuto interpretare il bracconiere-venditore ambulante Harasta, ma che ha sostituito il previsto Iain Paterson, che a sua volta ha dovuto sostituire Ludovic Tézier in L’oro del Reno di Wagner previsto per fine gennaio sempre a Bastille. Siljanov ha pure voce potente e sonora, una bella sorpresa, forse avrebbe solo dovuto essere invecchiato un po’ più per essere anche lui pienamente nel personaggio.

La parte della dorata volpe maschio è affidata invece al mezzosoprano irlandese Paula Murrihy e anche grazie a lei il duetto d’amore al chiaro di luna primaverile tra le due volpi, “Mio dio, com’è bello!”, è tra i momenti più belli dello spettacolo.

Ma la più commovente è invece senza dubbio l’altra aria famosa dell’opera, “Non avevo sognato”, il monologo finale del guardiacaccia che in autunno, addormentato all’aperto, ritrova negli occhi di un’altra piccola volpe rossa lo sguardo della sua amica che non c’è più, è infatti una delle sue cucciole, è la vita che comunque continua il suo ciclo.

A proposito di fiori, mantiene intatto il suo fascino negli anni il campo di girasoli ideato dallo scenografo americano Nicky Rieti e sempre appaiono poetici, intrisi di fresca innocenza, i costumi di Élisabeth Neumuller, specialmente quelli degli animali, divertentissime le galline in rosa. Meno condivisibile la scelta di mostrare i diversi ambienti, che tornano in differenti momenti del racconto, uno dopo l’altro con la necessità di fare molti cambi scena con un sipario, raffigurante con delicati disegni i momenti salienti della storia, che scende più di una decina di volte, per fortuna sono breve interruzioni ma la soluzione di prevedere contemporaneamente più ambienti di altre produzioni sembra più efficace. Se gli ambienti naturali sono ben riusciti, invece quelli umani, sono meno accattivanti.

Ma nel complesso lo spettacolo è piacevolissimo da vedere e ascoltare, tra gli altri tanti interpreti citiamo solo il baritono Tadeáš Hoza che fa l’ambulante, il mezzosoprano Maria Warenberg e Marie Gautrot, rispettivamente il cane e la moglie del guardiacaccia, il tenore Eric Huchet che interpreta la zanzara e il maestro di scuola, il basso Frédéric Caton che fa il parroco e Se-Jin Hwang che fa l’oste. Ottima prova pure del coro dell’Opéra de Paris diretto da Alessandro Di Stefano e dell’allegro Coro dei bambini della Filarmonica di Praga.

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