All’Opera Bastille Faust abita oggi a Parigi


di Alma Torretta

4 Ott 2024 - Commenti classica

Piace l’allestimento firmato Tobias Kratzer del “Faust” di Charles Gounod andato in scena all’Opéra de Paris Bastille.

(Foto @FranK Ferville/OnP)

Non è facile attualizzare un’opera, mantenendo una sufficiente aderenza tra parole e visuale, soprattutto se ci si discosta in molti punti, e di molto, dal libretto. C’è complessivamente riuscito il regista tedesco Tobias Kratzer con la sua versione del Faust di Charles Gounod ambientata a Parigi ai giorni nostri, tante le idee interessanti, malgrado alcune inevitabili incongruenze e anche se le soluzioni proposte non sono tutte ben centrate e a tratti il regista scrive proprio un’altra storia su quella originale, ma a fine spettacolo il pubblico ha apprezzato e ringraziato con applausi calorosi.

Allestimento creato all’Opéra de Paris Bastille nel 2019, proprio quando è scoppiato il Covid e a causa della pandemia sospeso dopo poche repliche, è tornato adesso nuovamente in scena a Bastille con successo anche grazie alle belle voci: nei ruoli principali di Faust, Margherita e Mefistofele, infatti, rispettivamente, il tenore belcantista samoano Pene Pati, il soprano d’origini egiziane Amina Edris e il baritono-basso italiano Alex Esposito (che si alternerà con John Relyea).

Il ruolo minore en travesti di Siebel, innamorato senza speranza di Margherita, è poi messo in risalto dalla bravura del mezzosoprano Marina Viotti, qui un Siebel veramente straordinario.

Ben interpreto anche Valentin, il fratello di Margherite, dal baritono Florian Sempey; e ben caratterizzato il ruolo di Marthe, la domestica qui trasformata in una moderna vicina di casa di mezz’età che vorrebbe pure essere ancora giovane e seducente, interpretata verosimilmente dal giovane mezzo Sylvie Brunet-Grupposo.

Un plauso anche per il giovane basso Amin Ahangaran nel ruolo di Wagner, l’allievo di Faust, che ben allieta insieme al coro nel celebre “Vin ou bière” all’inizio del secondo atto, coro preparato da Alessandro Di Stefano che si fa apprezzare poi in particolare, per efficace compattezza e potenza, nelle arie d’insieme finali.

Ma protagonista della messa in scena di Tobias Kratzer è anche Parigi in tutta la sua bellezza e anche miseria, grazie alle suggestive riprese panoramiche notturne dall’alto che scorrono quando Faust e Mefistofele vengono fatti volare sulla città, anche sulle moderne, meno pittoresche periferie. I bei video di Manuel Braun sono poi fondamentali anche nella cavalcata per le strade di Parigi. D’effetto è anche fare ritrovare i due su un balcone accanto ad una di quelle famose figure mostruose medievali che ornano l’esterno di Notre Dame che sarà anche presentata in fiamme. L’opera si apre in un moderno elegante appartamento ed è un attore, Marc Diabira, che interpreta il vecchio Faust mentre Pene Pati arriva, vestito allo stesso modo, e con un leggio si piazza a cantare di lato, prenderà il suo posto in scena solo dopo lo scellerato patto con il diavolo presentato con capelli lunghi ed elegante mantello nero, e in nero sono pure vestiti i suoi divertenti assistenti. Invece dell’osteria abbiamo poi un campo di basket, dove si bevono, ovviamente, non bicchieri di birra e vino, ma delle lattine; meno riuscita l’ambientazione del ballo perché le note del valzer cozzano troppo, con effetto un po’ ridicolo, con i movimenti moderni delle masse in discoteca. Rainer Sellmaier, che ha disegnato scene e costumi, ha quindi immaginato l’ingresso con citofono di una palazzina su due piani ed in sezione si vedono i diversi ambienti. La famosa scena dei gioielli si svolge in bagno, e perde molto del suo fascino, poi nella vasca sarà annegato il bambino frutto di un atto sessuale non con Faust ma con Mefistofele.

L’atto quarto mostra Margherita intenta a fare l’ecografia accompagnata da Siebel e, malgrado ci si discosti molto dal libretto, l’effetto drammatico c’è lo stesso tutto.

Meno convincente è invece il finale che ci riporta semplicemente nell’appartamento di Faust svuotato di tutto, la creatività di Kratzer e della sua squadra sembra esaurita, il nuovo finale non è risolto con abbastanza efficacia drammatica.

Ma ad aiutare le scene registicamente e visivamente meno riuscite ci pensano sempre le belle voci dei protagonisti: quella morbida, solare e squillante di Pene Pati; la liricità delicata di Amina Edris; la profondità espressiva di Marina Viotti; la malignità elegante che tratteggia Alex Esposito. Sul podio, la direzione del maestro Emmanuel Villaume sembra adeguarsi all’ammodernamento del visuale con una lettura della partitura di Gounod grandiosa, asciutta e scattante, mai leziosa nei raffinamenti.

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