Allo Sferisterio ritorna il “Trovatore” di Negrin
di Alberto Pellegrino
16 Ago 2016 - Commenti classica, Musica classica
Macerata. Il trovatore di Giuseppe Verdi è andato in scena allo Sferisterio di Macerata il 31 luglio e il 6/8 agosto, rinnovando il successo già riscosso nell’edizione 2013 e avvalendosi di un nuovo cast di notevole spessore artistico. Per chi ama il teatro questa messa in scena è un valore aggiunto, perché il regista messicano Francisco Negrin ha saputo dare al testo un’interpretazione aderente allo spartito e, nello stesso tempo, originale e innovativa, rendendo visibile la storia sotto il profilo narrativo ed emotivo per rendere meglio comprensibile l’antefatto e il contesto di un’opera dove spesso il racconto del passato sovrasta l’azione del presente. Il Trovatore è un capolavoro assoluto, dominato dalle atmosfere notturne, dal fuoco sempre incombente, dalle forti passioni dei protagonisti. Il fuoco domina questa messa in scena entrando di prepotenza sul palcoscenico con colpi di teatro dal forte impatto visivo, i personaggi si scontrano spesso con violenza, ma è soprattutto il passato a dominare la scena. Dice infatti Negrin: “È il passato a infestare la vita di tutti i personaggi, è come un virus che mangia la vita di tutti i personaggi. Personaggi che vivono attaccati al passato e non hanno libertà di azione e di movimento. I due eroi romantici vivono in una bolla d’amore, ma anche nel loro caso il passato viene a trovarli e a condizionarli. Anche Azucena è totalmente condizionata del suo passato, è proprio lei che passa l’energia negativa capace di distruggere tutto”.
Il regista ha tenuto perfettamente fede a questa sua interpretazione, aggiungendo al tema del fuoco e ai cromatismi di Bruno Poet tutti virati sul rosso-fiamma e sul blu-notte, questo tema del passato che incombe in continuazione attraverso la costante presenza in scena del fantasma del piccolo fratello del Conte di Luna arso vivo per errore da Azucena, del fantasma della madre della zingara anche lei arsa senza colpe sul rogo, dai fantasmi dei guerrieri morti nelle guerre civili che hanno per anni insanguinato la terra di Spagna. A creare un’ulteriore atmosfera drammatica hanno contribuito sia le belle ed essenziali scene sia i tenebrosi costumi di Louis Désiré.
La presenza sul podio del 6 agosto dell’italiano Francesco Ivan Ciampa non ha fatto rimpiangere la precedente direzione di Daniel Oren, perché questo giovane direttore ha interpretato il melodramma con gesto misurato e preciso, ma con quella passionalità che richiede questa “opera di fuoco”, tenendo conto della tradizione ma anche attualizzandone i contenuti proprio per “tenere acceso quel fuoco” e per creare “quell’anello di congiunzione tra il passato e il presente,
per restituire viva la magia di una musica geniale”. Ciampa ha vinto numerosi premi; è stato assistente dei maestri Daniel Oren e Antonio Pappano; ha diretto, tra l’altro, opere liriche al Regio di Parma e alla Fenice di Venezia, al Massimo di Palermo e Alle Muse di Ancona, a Parigi, Monaco, Tel Aviv e Buenos Aires.
Ai suoi ordini ha avuto un cast di alto profilo professionale a cominciare da Anna Pirozzi, un soprano drammatico spinto dotato di una voce possente unita a brillanti capacità tecniche che gli consentono di affrontare coloriture di varia estensione, per cui la Pirozzi è stata un’eccellente Leonora con una performance che ha toccato il suo vertice in tutto il quarto atto a cominciare dall’aria “D’amor sull’ali rosee”. Il soprano, dopo aver trionfato a Salisburgo, a Berlino, all’Arena di Verona e al Teatro dell’Opera di Roma, quest’anno è stato applaudito ne I due Foscari del Teatro alla Scala, nel Ballo in maschera al Teatro di Stato di Monaco, nell’Andrea Chenier alla San Francisco Opera e ne Il Trovatore alla Royal House Opera di Londra.
Il baritono Marco Caria, già affermato sul piano nazionale e internazionale, è stato un possente e drammaticamente convincente Conte Luna; al suo fianco il tenore Piero Pretti ha retto bene l’impegnativo personaggio di Manrico, confermandosi un affermato interprete di un vasto repertorio verdiano portato con successo al Regio di Torino, al Teatro alla Scala, al Teatro La Fenice di Venezia, al Massimo di Palermo, al Regio di Parma. Infine, il mezzosoprano albanese Enkelejda Shkosa ha confermato le sue doti di affermata cantante presente sui maggiori palcoscenici italiani e internazionali, interpretando con grande intensità il ruolo di Azucena, che era già stato suo nella precedente edizione del 2013 sempre allo Sferisterio.
Arena colma in tutti i suoi posti e calorosi applausi del pubblico a scena aperta e nel finale d’opera.