Al via alle danze con il primo Festival nel Festival
di Elena Bartolucci
23 Lug 2016 - Commenti danza, Danza
Civitanova Marche – Sabato 16 luglio ha avuto luogo a Civitanova Marche il primo Festival nel festival, una vera e propria maratona della danza che ha preso il via alle ore 16.30 all’Hotel Miramare con Civitanova Danza Focus, proseguendo poi alle ore 19 presso il piazzale antistante Lido Cluana con Happydancehour! a cura delle scuole di danza della città. Si è entrati nel vivo del festival alle ore 20.30 al Teatro Cecchetti con Delle ultime visioni cutanee e l’anteprima italiana del primo studio di Mars di Nicola Galli, artista che si occupa di ricerca corporea spaziando dalla coreografia alla performance, dall’installazione all’ideazione grafico-visiva. La serata è poi proseguita come sempre al Teatro Rossini (stranamente poco gremito di spettatori) con il Balletto di Roma e l’attesa prima assoluta di Giselle, uno dei più noti balletti del repertorio della danza classica trasformato e rielaborato da due autori contemporanei, Itamar Serussi Sahar e Chris Haring/Liquid Loft, che si sono divisi le coreografie dei due atti.
Itamar Serussi Sahar sviluppa dal 2006 il proprio stile personale e sperimenta i limiti fisici attraverso l’umorismo e l’improvvisazione cercando di andare oltre la danza tradizionale. Il suo lavoro è giocoso, leggero ed elegante e i suoi pezzi sono il risultato di una sinergia con ciò che lo circonda e con i suoi danzatori. Le sue coreografie vengono eseguite ampiamente in Europa (Repubblica Ceca, Francia, Slovenia), ma crea per compagnie in Inghilterra, Austria, Stati Uniti d’America, Francia, Danimarca e Belgio e dall’estate del 2014 è coreografo residente per Scapino Ballet (Rotterdam, NL).
Chris Haring, invece, vincitore del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia (2007), è attualmente uno dei più apprezzati coreografi della scena performativa contemporanea. Nel 2013 è stato insignito del prestigioso riconoscimento Outstanding Artists Awards del ministero per le Arti austriaco. Coreografo e danzatore in compagnie internazionali come DV8, Man Act, Nigel Charnock e Tanz Hotel, ha anche fondato la compagnia di danza contemporanea Liquid Loft con artisti visivi, compositori e danzatori con l’intento di ricercare nuovi linguaggi multimediali e nella creazione di spettacoli di danza e dance film.
Grazie al talento di questi due importanti coreografi con identità artistiche ben distinte, il Balletto di Roma ha portato in scena un doppio remake di Giselle, in cui però la trama romantica nota alla maggior parte degli spettatori è stata completamente destrutturata e resa del tutto disorganica con gli ingredienti della danza contemporanea.
Fondato nel 1960 sul desiderio di valorizzare e promuovere la danza italiana, il Balletto di Roma è da sempre un punto di riferimento di grande prestigio per tutto il territorio nazionale, imponendosi per qualità di produzione e quantità di pubblico. Eppure questa volta sembra aver diviso il consenso del pubblico, che, nonostante gli applausi per celebrare giustamente la bravura degli interpreti sul palco (Marcos Becerra, Francesco Saverio Cavaliere, Roberta De Simone, Siro Guglielmi, Fabio Novembrini, Luca Pannacci, Valentina Pierini, Eleonora Pifferi, Roberta Racis e Raffaele Schicchitano), non è rimasto pienamente convinto nelle sue scelte.
Sin dall’inizio si fa difficoltà a riconoscere se ci sia una vera protagonista, finendo quasi per interrogarsi se tutti nel primo atto non stiano interpretando Giselle nelle sue diverse sfaccettature (“La sua identità non è più incarnata in un ruolo ma agisce come una lente attraverso la quale ognuno osserva il mondo intorno a sé.”). Gli stessi ballerini, uomini e donne, indossano un costume trasparente color carne identico, quasi a non voler volutamente dare importanza al genere dei danzatori.
Una scenografia assente, dove predomina la luce bianca che va poi lentamente a trasformarsi in una gradazione di colori diversi, dal grigio-verde, al rosso accesso o al viola.
Inizialmente il silenzio domina la scena, rotto solo dal rumore dei passi di danza o dai pugni battuti sul petto e quando poi arriva la musica (la quale a tratti ripresenta il motivo originale conosciuto), tutti sembrano ballare un ritmo tutto loro.
Se l’individualismo è stato il protagonista del primo atto, nella seconda parte, dove il nero è il colore predominante, Chris Haring recupera una dimensione collettiva più corale: i movimenti, pur restando disorganici, vengono comunque presentati all’unisono e con maggiore sinuosità. Anche nel secondo atto la musica è quasi a se stante e fatta principalmente di rumori, musica elettronica e voci, ma il coinvolgimento è maggiore e anche il risultato più appassionante: “Giselle ci ricorda che, tra gli umani, nulla è più condiviso e comune della morte. L’ipotesi che la vendetta sia capace di alleviare il dolore della perdita rappresenta allora quell’ultimo guizzo di umano, l’ultima chimera che la vita concede a Giselle, prima che i corpi si affrontino definitivamente – interrotti solo da alcune estreme incursione del reale – in un incontro dominato da una rarefazione visiva che va esaurendosi”.
Il concept development è di Peggy Olislaegers, le musiche originali sono ispirate alla partitura di Adolphe Adam, le cui rielaborazioni musicali sono state affidate a Richard Van Kruysdijk e Andrea Berger.
Lo spettacolo è stato realizzato con il sostegno di Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi a Roma, Part of the Fast Forward Project supported by Fonds Podium Kunsten NL – Performing Arts Fund NL e Forum Austriaco di Cultura.
La tappa successiva del Festival nel Festival ha portato i pochi spettatori superstiti al Teatro Annibal Caro di Civitanova Alta per assistere al cantiere aperto per Odio, che debutterà ufficialmente il prossimo 13 ottobre al Torinodanza festival.
La coreografia porta la firma di Daniel Abreu, il quale cresce e sviluppa il suo interesse e la sua curiosità per il movimento del corpo e l’espressione scenica e lavora come performer in molte compagnie nazionali di danza e teatro, distinguendosi anche come direttore di progetti per altri ideatori e compagnie oltre a quella da lui stesso creata, la Daniel Abreu Company.
Una creazione ancora acerba e in lavorazione da poco più di un mese, che immagina di portare in scena i vari comportamenti generati dall’odio sotto tutti i punti di vista: come si odia e come attraverso gli altri odiamo noi stessi. La storia è disseminata di riferimenti poetici ai simboli dell’odio e, infatti, come lo stesso Daniel Abreu ha affermato, lo spettacolo tenta di rispondere in modo metaforico (e forse anche troppo) alla domanda: cosa ho fatto per appartenere, per essere ciò che sono? Perché alla fine odiare qualcuno o qualcosa significa creare una connessione.
I danzatori in scena sono Chiara Ameglio, Noemi Bresciani e Vilma Trevisan. Odio è una produzione di Fattoria Vittadini (nata a Milano nel 2009 dalla volontà di undici allievi del corso dell’allora Atelier di Teatro-Danza della Scuola Paolo Grassi di rimanere uniti e continuare a farsi strada insieme nel campo delle arti performative e ha avuto l’opportunità di intrecciare la propria strada con importanti coreografi e registi) con il sostegno di Fondazione Cariplo in coproduzione con Torinodanza festival, Les Halles de Schaerbeek e in collaborazione con Arteven Circuito Teatrale Regionale Veneto, Teatro Comunale Città di Vicenza e AMAT – Associazione Marchigiana Attività Teatrali.