Al Festival Verdi una battaglia di Legnano con tanti cavalli


di Alma Torretta

2 Ott 2024 - Commenti classica

“La Battaglia di Legnano” è il terzo titolo del Festival Verdi, al Teatro Regio di Parma. Ottimo debutto del soprano Marina Rebeka nel ruolo di Lida.

(Foto di Roberto Ricci)

C’erano diversi motivi d’interesse intorno alla nuova produzione de La Battaglia di Legnano, terzo nuovo titolo del Festival Verdi di quest’anno: l’allestimento affidato alla regista argentina Valentina Carrasco che in passato ha fatto molto discutere con alcuni suoi  lavori; il debutto nel ruolo di Lida del famoso soprano belcantista Marina Rebeka; la direzione d’orchestra del nemmeno trentenne Diego Ceretta considerato come uno dei migliori tra i più giovani direttori italiani d’oggi; ma anche la prestazione degli altri bravi cantanti del cast quali, innanzitutto, nella parte del protagonista Arrigo del tenore Antonio Poli dalla squillante voce verdiana.

Al Teatro Regio di Parma lo spettacolo si è aperto con la sinfonia accompagnata da suggestive immagini in bianco e nero di cavalli, l’inquadratura si è allarga, si vede il fango e gli stivali dei soldati che lo calpestano, efficace modo per introdurre ad un’opera che tratta di un battaglia, della sconfitta nel 1176, a Legnano appunto, dell’esercito imperiale di Federico Barbarossa da parte delle truppe della Lega Lombarda, ma che tratta anche della difficoltà di salvare contemporaneamente amore e amicizia, patria e onore. Dalle fogge dei costumi, belli, di Silvia Aymonino e dai fucili che presto compariranno in scena si comprende subito che la storia è stata attualizzata visivamente al primo Novecento, malgrado la presenza dell’imperatore Barbarossa la renda poco verosimile, ma soprattutto la Carrasco ha puntato decisamente sui cavalli onnipresenti, o quasi, in scena.

Il ruolo dei cavalli nelle battaglie è già stato evidenziato da tanti artisti, dai grandi pittori del passato ai registi cinematografici d’oggi, e la Carrasco riprende il filone facendo dei finti cavalli, vivi e morti, interi o dalle teste mozzate, il tratto distintivo della nuova produzione, facendone quasi un simbolo, un atto d’accusa, delle vittime innocenti di tutte le guerre.

Da una regista creativa come lei ci si aspettava qualche sorpresa in più; invece, stavolta ha preferito giocare la carta della sobrietà, a parte le carcasse degli animali, oppure anche le fasce del bimbo di Lida che si sciolgono e allungano tra la madre e il padre, ed altre piccole ma ben studiate idee, con le semplici scene di Margherita Palli illuminate dal gioco di luci, e ombre, di Marco Filibeck. L’incontro segreto tra Arrigo e Lida viene fatto svolgere quindi pure in una stalla, con poco verosimile cavallo seduto, e c’è solo un minimalista reticolato nel terzo atto che quasi simbolicamente imprigiona i protagonisti.

Anche nella gestione dei cantanti e del coro, i movimenti sono essenziali, spesso geometrici, ma a volte fin troppo statici, malgrado la volontà della regista di sottolineare, pure con tante bandiere, le belle pagine patriottiche che l’opera contiene e che nemmeno il Coro e l’Orchestra del Teatro comunale di Bologna riescono a rendere coinvolgenti ed esaltanti.

La direzione musicale di Diego Ceretta è netta, dai colori intensi già dalla sinfonia iniziale, piacevole, ancora da raffinare ulteriormente per rendere appieno tutte le nuance dell’orchestrazione di Verdi qui resa con alcuni strumenti solisti molto evidenziati, sicuramente si tratta comunque di un giovane direttore già dal gesto elegante e preciso ma ancora non entusiasma.

Una svolta nell’avvio senza sussulti dello spettacolo è l’entrata in scena del soprano lettone che sin dalle prime battute dà prova d’agilità quanto, soprattutto, d’espressività mostrando di avere preparato la parte con grande accuratezza, voce non particolarmente corposa ma dizione ed accenti nel fraseggio perfettamente studiati, ogni parola appare carica di senso, l’interiorizzazione dei diversi stati d’animo del personaggio resi con naturalezza e in maniera toccante.

Poli invece inizia la sua interpretazione di Arrigo in maniera non convincente, con alcuni accenti non sulle parole significative, ma dopo l’ingresso della Rebeka migliora anche la sua prestazione ed infine regala alla platea le sue solite belle note squillanti.

L’altro vertice del triangolo, Rolando, il marito di Lida sposato dopo che lei aveva creduto morto Arrigo, è stato invece affidato al bravo baritono bulgaro Vladimir Stoyanov che, soprattutto a confronto dell’amico Arrigo interpretato da Poli, qui appare un po’ troppo maturo, quasi il padre più che l’amico fraterno colpito nell’onore e affranto dalla gelosia.

Autorevole invece, come deve essere, aiutato a costruire il personaggio anche dalle luci, il Barbarossa del basso Riccardo Fassi e bene anche il resto del cast.

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna.

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