A Parigi torna “La Fille du Régiment” di Donizetti
di Alma Torretta
21 Ott 2024 - Commenti classica
All’Opéra de Paris Bastille torna “La Fille du Régiment” di Gaetano Donizetti. Sul podio il maestro Evelino Pidò. La bella produzione è quella di Laurent Pelly, realizzata nel 2007. Successo e belle voci in campo.
(Foto @Elisa Haberer / OnP)
Avete tempo sino al 20 novembre per non perdere all’Opéra de Paris Bastille uno dei più begli allestimenti di sempre de La Fille du Régiment, prima opera scritta in francese di Gaetano Donizetti. Il compositore si era trasferito a Parigi già da due anni quando esordì, nel 1840, con il suo primo lavoro scritto appositamente per l’Opéra-Comique, quindi con i recitativi parlati e non cantati, su libretto di Jean-François Bayard e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges.
La produzione che l’Opera di Parigi, dopo dodici anni di assenza, propone è quella di Laurent Pelly, realizzata nel 2007 a Londra, molto famosa, che da allora ha fatto il giro del mondo riscuotendo sempre grande successo e senza prendere una ruga.
Il primo atto si caratterizza visualmente per l’oramai celeberrima scena dominata, per terra, dalle carte geografiche che usano gli eserciti e su cui Marie, la trovatella allevata dal battaglione, stira, pela patate e vorrebbe pure lei essere un soldato. Ma si innamora… Meno famoso, ma altrettanto ben riuscito, il palazzo della Marquise de Berkenfield, che si scopre essere la madre della ragazza, con le pareti trasparenti che lasciano intravedere le belle montagne del Tirolo in cui si fronteggiano gli eserciti.
Nella versione originale del libretto, l’epoca è quella delle guerre napoleoniche, Pelly ci ha avvicinato la storia trasportandola durante la Prima guerra mondiale, e così il giovane tirolese Tonio che si arruola nell’esercito francese per amore di Marie, arriverà a salvare la sua amata, destinata dalla madre ad un matrimonio combinato con un altro nobile, su un divertente piccolo carro armato.
Pelly ha realizzato l’allestimento, scene e costumi, con la sua fida collaboratrice Chantal Thomas, i dialoghi sono stati aggiornati invece da Agathe Mélinand con la Duchesse de Crakentorp, madre del promesso sposo, che parla come una molto chic snob inglese.
Per chi conosce l’allestimento, che comunque è sempre un piacere rivedere, c’è un ottimo cast. A dirigere l’opera è stato chiamato il maestro Evelino Pidò che ne ha dato una lettura molto articolata, alternando momenti molto languidi, dal lungo arco melodico, quasi belliniani, dando molta aria già alla sinfonia iniziale, ad altri di quasi frenetica vivacità per accompagnare i momenti brillanti. Una direzione che ha valorizzato molto il soprano Julie Fuchs che ha conquistato la sala, malgrado la voce un po’ piccola e il timbro un po’ aspro, che rispetto allo scorso anno al Palais Garnier, dove interpretava Norina nel Don Pasquale sempre di Donizetti, sicuramente è apparsa molto più a suo agio a cantare in francese che in italiano, con i vocalizzi e gli acuti centrati, precisi, pieni. La sua voce qui ben si adatta al personaggio della ragazzina un po’ maschiaccio, ed è divertente e sicura anche a cantare volutamente stonata nel secondo atto, quando si annoia con la musica che la duchessa le impone di studiare per ritrovare intonazione invece con i pezzi d’ispirazione militare che le piacciono.
Bellissimo invece, da belcantista nato, il timbro del tenore statunitense Lawrence Brownlee, uno dei migliori interpreti di Tonio d’oggi, ma che stavolta, alla prima, non è riuscito a brillare e a conquistare anche lui la sala di Bastille con i suoi soliti cristallini do nell’aria “Ah mes amis” alla fine del primo atto che, infatti, non ha bissato come invece spesso fa. Ha cantato bene, ma stavolta non in modo esaltante negli acuti, non li ha espressi al meglio, sfavillanti, come li conosciamo, mentre ha potuto mettere in risalto i suoi lunghi fiati e bei legati con la voce che arrivava piena, musicalissima e morbida in sala.
Ottima pure la prova del coro, ben centrato, compatto e preciso, che si muove anche assai bene in scena, maestro del coro Ching-Lien Wu e coreografie di Laura Scozzi.
Una bella sorpresa anche il baritono belga Lionel Lhote come sergente Sulpice, irriconoscibile in scena per via del costume che lo rende calvo e con un giro vita importante, che incarna con la dovuta ironia il suo personaggio e lo rende assai simpatico, oltre a cantare ottimamente come suo solito.
Molto applaudite anche il mezzosoprano americano Susan Graham come Marchesa di Berkenfield e il soprano Felicity Lott come Duchessa di Crakentorp, quest’ultima davvero un’interprete di lusso che regala una lezione di classe e di ironia in scena. Buona prova, infine, anche del baritono Florent Mbia come Hortensius, l’intendente segretario cameriere tuttofare della Marchesa e Cyrille Lovighi nel ruolo d’un paysan.