Una mostra di Miro’ a Recanati
di Alberto Pellegrino
23 Lug 2017 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive
Nella Villa Collaredo Mels di Recanati è stata allestita la mostra Mirò. “Le lézard aux plumes d’or” che resterà aperta dal 15 luglio al 1° ottobre 2017 e che è accompagnata da un catalogo a cura di Sebastiano Guerrera. L’esposizione essenzialmente dedicata all’attività d’illustratore dell’artista che ha rappresentato un momento importante del suo percorso, facendone un protagonista assoluto della storia del libro d’artista.
La serie di litografie a colori Le lezard aux plumes d’or è stata realizzata nel 1971 e rappresenta la fusione tra immagine e testo poetico, in un perfetto equilibrio tra grafismo e contenuti. Nella città di Giacomo Leopardi, la poesia surrealista diventa immagine e l’immagine diventa testo poetico, per cui la mostra si presenta come l’occasione unica per scoprire e ammirare un particolare aspetto del mondo artistico di Miró. Curioso sperimentatore di tecniche e materiali, Miró mette a stretto contatto con la parola l’estrema poeticità della sua arte, permettendo al visitatore di scoprire l’alternanza armoniosa di versi e d’immagini vibranti di colori, di ammirare inattese visioni segnate dalla più ampia libertà espressiva, di compiere un viaggio dal segno alla parola, dal colore alla rappresentazione seguendo quanto a scritto lo stesso Miró: “Niente semplificazioni né astrazioni. In questo momento io non mi interesso che alla calligrafia di un albero o di un tetto”.
Nel corso della sua vita Miró ha stretto amicizia con i maggiori poeti del Novecento e ha lavorato all’illustrazione dei loro versi e questa sua straordinaria produzione confluisce nel 1971 nel volume Le lézard aux plumes d’or, dopo una travagliata gestazione, poiché Mirò aveva già realizzato nel 1967, per l’editore Louis Broder, diciotto litografie a colori che illustravano il poemetto, ma le stampe risultarono difettose nella resa dei colori sembra a causa di un difetto nella fabbricazione della carta. L’intera tiratura fu distrutta e le matrici furono annullate, per cui non fu possibile ristamparle. Miró deve pertanto attendere che siano realizzate delle nuove lastre, che vengono stampate e pubblicate nel 1971, sempre da Broder.
Nelle quindici nuove litografie, che vanno ad aggiungersi alle ventitre che riproducono il poemetto chirografato di Miró, tutto è profondo, giocoso e brillante, tutto è circondato dal suggestivo e inafferrabile fascino che si sprigiona dalle illustrazioni di Miró. La sua opera diventa il luogo dove la scrittura-segno si trasfigura nell’immagine-segno che trae la sua origine da un impulso indistinto che permette all’immagine alla parola di compenetrarsi fino a diventare un’unica trasmissione dell’energia intima e permanente dell’esistenza. Da un lato, l’immagine-segno svela gli aspetti più profondi della vita e mette a nudo un’inquietudine primordiale e una quiete ancestrale; dall’altro, la scrittura-segno diventa la trascrizione diretta di quella forza interiore che prende il nome di poesia. Ci troviamo di fronte a un contesto fiabesco, perché Miró è stato sempre un “pittore di favole” e appare evidente la sua propensione verso un tipo di poesia che, pur manifestando echi del surrealismo e affinità col nonsense dadaista, diventa la testimone di relazioni magiche tra l’uomo e la natura, di un mondo in cui gli animali e le cose inanimate rinascono continuamente. “Perciò – scrive Argan – il suo genere è la favola, che si richiama e rivolge pur sempre ad una infanzia, all’eterna condizione di infanzia dell’uomo”.