“Les Ritals” al Falcofestival 2001


Francesco Massi

13 Ago 2001 - Commenti classica

Evento speciale al Falcofestival 2001, giovedì 9 alle 21.30, nello storico Giardino Tronelli di Palazzo Felici, in un'atmosfera di particolare raccoglimento ed attenzione da parte del pubblico. E' stato rappresentato, in prima assoluta, lo spettacolo Les Ritals di Luciano Bellini, pianista, compositore, direttore d'orchestra, musicista apprezzato a livello internazionale. Un'opera che combina in modo armonioso il canto, la musica e la recitazione. E' stata composta nel 99 su commissione belga ed è dedicata alla memoria delle migliaia di emigranti italiani minatori in Belgio.
I testi sono tratti da lettere, poesie e memorie originali dei minatori italiani dagli anni 20 ai 70, e la musica cerca di evocarne di volta in volta le immagini ed il senso profondo, ispirandosi spesso a melodie ed armonie di carattere popolare, filtrate e riviste attraverso alcuni strumenti tipici del linguaggio musicale contemporaneo. Ritals ovvero ritagli era il termine dispregiativo con cui venivano indicati, in Belgio, gli emigranti italiani. Una rappresentazione d'intensa e vibrante comunicazione emotiva. Dolore, amore e rabbia, ma anche allegria campestre e quel buon umore tipico della gente semplice abituata a sopportare la sofferenza ma ricca e forte di speranza. Una musica che rafforza le tinte drammatiche dei testi, dove la sofferenza per una vita disumana non cede alla speranza, e la fatica di vivere trova anche qualche momento di distensione sottolineato da motivi musicali più allegri ed orecchiabili. Un lavoro dai significati intensi, che entrano prepotentemente nell'anima dello spettatore e non risparmiano la commozione.
Les Ritals racconta l'intolleranza, l'emarginazione, il razzismo subito dai nostri lavoratori in Belgio fino a trent'anni fa. Storia passata che stimola però lo spettatore ad una riflessione profonda su certi atteggiamenti xenofobi dei nostri tempi, che sembrano aver dimenticato tutti i mostri ed il terrore generati, nel tempo, dall'odio per il diverso. Magistrali gli interpreti. Il soprano Rossella Marcantoni, che con la sua bella voce ha saputo sottolineare la drammaticità con una straordinaria delicatezza. La recitazione del grande attore teatrale Eugenio Allegri ha reso la parola ancor più densa delle tinte dolorose e carica di patos . Impeccabile l'esecuzione dei musicisti, dal pianista Fausto Bongelli, al violista Servilio Sabatino ed al flautista Gianpaolo Corradetti. Ha dato spessore teatrale attraverso l'interpretazione corporea, gli interventi del mimo Fabio Bonso. Bella e suggestiva la scenografia, un'opera d'arte costituita da un pannello gigante appositamente dipinto dal pittore fiammingo Ludwig Van Molle, che aveva visitate le miniere in Belgio ed ha lavorato ispirandosi alla musica. Simbologie che riportano al tema dell'opera, il nero delle miniere, il giallo oro della ricchezza degli sfruttatori, l'azzurro del cielo italiano nel cuore degli emigranti, la figura provata da sofferenza e fatica del minatore. Ben costruita la regìa di Vincenzo Pasquali, asciutta, che non lascia spazio ad inutili trovate sceniche od artifizi. Un successo dello spettacolo sottolineato da un lungo applauso finale.

(Francesco Massi)


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