SALVIAMO VERDI DAI LUOGHI COMUNI
Gianluca Verlingieri
20 Mar 2001 - Commenti classica
MILANO Ricorrenze come il centenario verdiano presentano inevitabilmente fisiologici contraltari alla loro indiscutibile rilevanza culturale. Ritorni economici e d'immagine sono il necessario corollario all'indigestione di iniziative e celebrazioni di rito, cosicchè anche l'importante retrospettiva milanese Giuseppe Verdi. L'uomo, l'opera, il mito sembra non esser stata risparmiata da retroscena che sanno di vera e propria bagarre.
L'espresso ricostruisce infatti i connotati della singolar tenzone che ha opposto anche se mai del tutto apertamente i due maggiori poli geografici della biografia verdiana: le città di Parma e Milano. Pare che il capoluogo lombardo abbia commesso un vero e proprio scippo ai danni degli attoniti parmigiani, i quali si sono visti soffiare a tradimento una mostra per cui sembra fosse già stata addirittura individuata una sede (il palazzo ducale di Colorno), con tanto di ricognizione preventiva del presidente del comitato nazionale per le celebrazioni verdiane Fedele Confalonieri.
Come se non bastasse l'esposizione di Milano ha aperto i battenti già il 17 novembre 2000 (in concomitanza con gli inediti verdiani eseguiti in concerto da Riccardo Muti la sera prima alla Scala), inaugurando di fatto le celebrazioni del centenario con più di due mesi d'anticipo rispetto al via ufficiale di Parma, dato il 27 gennaio scorso a cent'anni esatti dalla morte del Maestro, con la Messa da Requiem diretta da Valery Gergiev. E guarda caso in quello stesso 27 gennaio le medesime note risuonavano sotto la bacchetta di Muti nella chiesa milanese di S. Marco!
Baruffe a parte, alla mostra contesa va insindacabilmente riconosciuto il merito considerando anche il clima inevitabilmente profuso di retorica che si crea in occasione di anniversari e affini di aver scalfito la pregnanza di alcuni stereotipi cuciti addosso sia alla figura che all'opera di Verdi (e a volte da egli stesso generati). Ciò non significa che la storiografia verdiana non abbia già fatto proprie queste conclusioni; si riconosce semplicemente ad un evento come quello milanese la capacità di far leva sull'immaginario di un pubblico vasto e non specializzato.
Quanto è inconsistente tanto per intenderci il luogo comune di un Verdi dotato di scarsa cultura letteraria nonchè compositore istintivo all'oscuro degli sviluppi della coeva musica europea? Diamo un'occhiata ai titoli della biblioteca parzialmente ricostruita in mostra della villa del Maestro a S. Agata di Busseto: c'è il meglio della cultura classica e moderna, sia italiana che europea, per tacere della sezione musicale, che affianca ai vari Palestrina, Bach, Haendel, Marcello e Schubert le opere di Berlioz, Weber e contemporanei fino a Wagner e Brahms.
Fu proprio Brahms del resto a definire la Messa da Requiem opera di un genio , opinione certamente scevra dalle suggestioni e dai condizionamenti dell'immagine di un Verdi vate del Risorgimento , ulteriore luogo comune che la mostra contribuisce a sfatare. Il generico patriottismo individuabile nei cori del Nabucco (il celeberrimo Va' pensiero) e de I Lombardi alla prima crociata (Oh signore dal tetto natìo) è stato infatti trasfigurato a posteriori in messaggio nazionalistico rivoluzionario, nell'ambito di un generale processo di mitizzazione dei momenti eroici della storia nazionale in auge a fine Ottocento.
Chissà con quale faccia i fautori del Viva Verdi accoglierebbero al giorno d'oggi l'imminente riedizione presso Bompiani del volume-inchiesta dell'inviato del Corriere della Sera Maurizio Chierici, già pubblicato da Baldini & Castoldi col titolo Quel delitto in casa Verdi, in cui il maestro della rivoluzione italiana Giuseppe Verdi è uno spietato proprietario terriero che tratta male i suoi contadini e che abusa della propria autorevolezza per proteggere nientemeno che un nipote accusato di aver assassinato una cameriera rimasta incinta: il giovane se la caverà con soli trentotto giorni di prigione e quarantun lire di multa. Un ritratto estremo, scomodo e contrastante se si pensa anche soltanto al Verdi benefattore della Casa di Riposo per Musicisti, ma nel calderone delle celebrazioni si sa c'è posto anche per questo.
(Gianluca Verlingieri)