Ferrara non merita la sua Orchestra?
Athos Tromboni
1 Mar 2001 - Commenti classica
FERRARA à proprio vero, nessuno è profeta in patria: l'orchestra Città di Ferrara si esibisce nella propria città , nella stagione concertistica di Ferrara Musica-Teatro Comunale, e viene snobbata dai propri concittadini. Faceva malinconia vedere il 28 febbraio scorso mezzo teatro vuoto per un concerto di grande repertorio che metteva in locandina Mozart (Sinfonia n.34 in Do maggiore K 338) e Mendelssohn (Concerto n.1 in sol minore per pianoforte e orchestra op.25 e Sinfonia n.5 in re minore op.107 Riforma ). Faceva dispiacere poi prendere atto che questa formazione ha pregevoli qualità artistiche ormai consolidate, ben superiori a molte orchestre stabili regionali che vanno per la maggiore, qualità artistiche che si confermano un concerto dopo l'altro e però non consentono, ancora, di far decollare la formazione ferrarese verso stagioni lirico-sinfoniche ben più nutrite di impegni e serate.
L'esperienza ci porta a dire che un'Orchestra come la Città di Ferrara potrebbe utilmente pensare ad una propria stagione sinfonica in un teatro della città , come fa la Toscanini a Parma, come fa la Filarmonica Marchigiana nelle Marche, come fanno i Solisti Veneti a Padova o quella dei Pomeriggi Musicali a Milano.
Le qualità dell'Orchestra Città di Ferrara sono uscite indiscutibili, nel concerto dell'altra sera, fin dall'approccio mozartiano: sul podio era il maestro Gyà rgy Gyà rivà nyi Rà th, una bacchetta quarantenne d'origine ungherese ma di formazione musicale tedesca (come direttore sinfonico) e italiana (come direttore d'opera), visti i suoi impegni artistici in questi Paesi. Il suo gesto è deciso, animato, saltella quando vuole incitare i fortissimi, s'abbassa sulle ginocchia quando chiede i pianissimi; la cura per il colore orchestrale e l'incisività del suo tempo di battuta ricordano un grandissimo direttore del passato, Hermann Scherchen. Ha fatto un buon lavoro con l'Orchestra Città di Ferrara, proponendo un Mozart vivace e cameristico ed un Mendelssohn, nella Sinfonia n.5, maestoso e celebrativo.
La parte centrale del concerto ha portato a Ferrara per la prima volta il pianista Pietro De Maria: si è presentato come uno dei giovani più accreditati nell'interpretazione della tastiera mendelssohnniana e non si è smentito. Vederlo in azione al pianoforte si ha l'impressione di una compostezza del tutto naturale, non forzata, sia quando incita l'orchestra a seguirlo nelle ribattute virtuosistiche, sia quando si fa riflessivo e sfuma in pianissimo un arpeggio, o rallenta un tempo lento per dare maggior espressione alla frase musicale. La sua maturità emerge per la pregevole tecnica di cui è dotato, ma anche per la consapevole ricerca di un suono che rifugga la monotonia del perfezionismo e si spenda invece nella ricerca degli umori interpretativi della pagina. Ottimo l'accordo di De Maria con l'orchestra e con Rà th, bello il suo concerto, molto applaudito dallo sparuto pubblico, fino alla concessione di un bis. Ancora Mendelssohn, una Romanza senza parole delicata e tenera come la corolla di un fiore di Veronica.
(Athos Tromboni)