Omar Pedrini Acustico a Montecarotto
di Andrea Ascani
11 Mag 2016 - Commenti live!, Musica live
Montecarotto (AN). “Rock and roll will never die”. Sono queste le prime parole ad apparire quando apri il sito di Omar Pedrini. E caspita, quanto è vero. It’s better to burn out than to fade away. Poco importano i problemi che una persona possa aver avuto nella vita; la voglia di essere rock, di non arrendersi mai, farà sempre la differenza. E soprattutto quello che colpisce è la serenità con cui ci si racconta, senza stare a piangere sul decadimento dell’industria discografica, se si ha ancora la fortuna di poter calcare un palco ed esibire di fronte a un pubblico.
È questa, in breve, la storia di Omar Pedrini. La storia di un musicista che viene da Brescia e che con i suoi Timoria ha scritto una pagina importante della storia del rock italiano. Un Uomo che ha saputo affrontare l’abbandono della voce di Francesco Renga, riuscendo a reinventarsi frontman e cantante e portare al successo un album capolavoro come il Topo Grand Hotel. Un uomo che è riuscito a superare una grave malattia cardiaca e a farne fonte d’ispirazione per il suo repertorio. La sua carriera da solista lo ha portato a vincere il premio della critica come miglior testo al festival di San Remo nel 2004 e a collaborare con artisti di calibro internazionale come Noel Gallagher. Un Uomo che ha saputo sfruttare la sua curiosità, la sua voglia di vivere e di fare per potersi dedicare anche al teatro, alle mostre d’arte e alla tv in parallelo alla sua carriera di musicista.
Veniamo al concerto: jeans e felpa Adidas, bottiglia di rosso conero e un sorriso che non finisce più. È cosi che Omar Pedrini si presenta sul palco dello splendido teatro comunale di Montecarotto. Al suo fianco il bravissimo (e mancino!) Marco Grasselli. Stappa la bottiglia al microfono, butta giù un sorso generoso, un cenno di brindisi al pubblico e si comincia.
Una scaletta improvvisata, diversa ogni volta dal concerto precedente e da quello successivo. Il primo pezzo è Nina, una dedica alla resistenza partigiana. “La maledizione dell’uomo è che esso dimentica”. Eh già. Si prosegue: Via Padana Superiore, Veronica, Senza Vento, Lavoro Inutile. Ogni brano è anticipato da una breve introduzione che descrive la storia di quella canzone intrecciata alle sue (dis)avventure personali. C’è posto per una stupenda versione de Il Banchetto della PFM, poi è il turno di Shock, canzone simbolo dell’autoironia con cui riesce a raccontarsi. Poi Lulu, La Follia, Sole Spento, dedicata a un amico chiuso in carcere. Avanti con My my, Hey Hey di Neil Young, Che Ci Vado a Fare a Londra, Shine On You Crazy Diamond dei Pink Floyd, Verso Oriente (richiesta espressamente dal pubblico).
Si chiude tra gli applausi di tutto il pubblico con Uno straccio di Anima e Sangue Impazzito.
Una nota particolare ad Alessandro, Marco, Marta, Elena, Sara, Elisa e Chiara: i motori dell’associazione 13 Gradi Est, promotrice dell’evento. A loro un plauso per aver trovato la voglia e il modo di valorizzare culturalmente il loro paese (13 Gradi indica la posizione geografica di Montecarotto, ma anche la gradazione alcolica del Verdicchio, a rimarcare la volontà di partire dal territorio e dai suoi tesori). Bravi davvero, un grande in bocca al lupo per questa nuova avventura. Perché si, quelli come voi sono “l’unica resistenza contro il banale che avanza”.