Dal Sistina alle Marche la commedia “Signori…le paté de la maison”
di Alberto Pellegrino
16 Mar 2016 - Commenti teatro
Dopo la felice stagione di prosa 2014/2015, ha di nuovo debuttato il 3 febbraio al Teatro Sistina la pièce Signori…e paté de la Maison per poi arrivare nelle Marche nei teatri di Recanati, Pesaro e Ascoli Piceno che hanno sempre registrato il tutto esaurito.
La commedia Le prénom di Matthieu Delaporte e Alexandre De La Patellière è stata un grande successo del teatro francese, è stata rappresentata in 32 Paesi e nel 2012 è diventata un film molto popolare in Francia con il titolo Cena tra amici; nel 2015 è diventata un film italiano con il titolo Il nome del figlio con l’adattamento di Francesco Piccolo e Francesca Archibugi che ne ha curato anche la regia.
Nel 2013 Sabrina Ferilli non si è lasciata sfuggire l’occasione di portare sulla scena di questa famosa pièce con un nuovo adattamento a cura di Carlo Bucciorosso e della stessa Ferilli che ha vestito anche i panni della produttrice dopo la felice esperienza della Presidentessa con la regia di Gigi proietti e di Sunshine con la regia di Albertazzi. “Abbiamo fatto un lavoro di trasposizione – dice la Ferilli – per rendere i personaggi più aderenti alla nostra realtà e riconoscibili per il pubblico italiano” e, tanto per fare un riferimento al film Premio Oscar La grande bellezza, la famiglia della commedia si chiama Gambardella come il protagonista della pellicola.
Quella che dovrebbe essere una cena in famiglia di routine si trasforma in una rissa continua fra i componenti del nucleo familiare e un amico del cuore che si è autoinvitato. La protagonista Gabriella (Sabrina Ferilli) ha chiesto aiuto alla madre specializzata nel fare il paté alla senape e una sofisticata ricetta del baccalà per una cena in famiglia durante la quale Vittorio il fratello di Gabriella (Pino Quartullo) e sua moglie Arianna (Martina Gatto) devono fare un importante annuncio alla famiglia. La madre, saputo chi sono i presenti, decide di andarsene prima dell’inizio della riunione, che sarà segnata nel primo atto da una serie di scherzi e di equivoci, da dispute sui nomi di battesimo di un nascituro, da battute a sfondo sociale e politico, da battibecchi tra i vari familiari. “La cena – dice la Ferilli – diventa una lite perenne tra mio marito e mio fratello, una lite politica perché il fratello è di destra, borghese e strafottente, l’altro è un insegnate in depressione per come la situazione politica si evolve, io sono una maestra che si è dedicata alle figlie e alla famiglia”.
Nel secondo atto la situazione si complica e diventa più seria quando viene fuori un segreto che colpisce tutti i componenti di questa famiglia borghese, il fidato amico di famiglia (Massimiliano Giovannetti) e la madre (Liliana Oricchio Vallasciani) che ricompare in scena per il finale dello spettacolo. La nuova situazione fa emergere tutti i luoghi comuni e i pregiudizi, gli aspetti negativi e positivi della vita quotidiana fino a far esplodere la protagonista in un monologo (molto applaudito come è da apprezzare tutta la sua interpretazione) sull’emancipazione femminile che “è basata sulla capacità della donna di fare l’uno e l’altro, lavoro e famiglia, senza che lo Stato ci aiuti. L’emancipazione è solo nostra, per cui se prima o lavoravi o stavi a casa, adesso devi essere così brava di lavorare, di fare la madre e pure la moglie, se no come succede spesso tuo marito ti scarica e ti ritrovi da sola con il lavoro e i figli”.
Da tutto questo è venuta fuori una commedia ben scritta con piacevole leggerezza, frizzante anche se non originale, mai volgare e dotata di dialoghi brillanti e scattanti, sorretta dalla bravura di tutti gli interpreti, molto affiatati e capaci di imprimere un grande ritmo all’insieme. Si tratta di una perfetta macchina teatrale che alterna momenti di pura comicità ad altri di più sottile ironia con qualche spunto di riflessione sociale, psicologica e sentimentale. Questo è stato possibile grazie anche alla sapiente e ironica regia di Maurizio Micheli (ormai un veterano delle scene) che saputi riunire e armonizzare tutti gli elementi e toni della commedia. Anche come protagonista Micheli sfodera una performance di assoluto valore da grande professionista della scena che sempre sa dare le giuste tonalità e la giusta carica satirica alle sue battute, che sa calibrare con grande abilità la tempistica dei suoi interventi. “Una cena in famiglia – dice Micheli nelle sue note di regia – con il marito, l’amico del cuore e i cognati nel calore delle mura domestiche, il profumo del cibo che con amorosa pazienza la padrona di casa prepara fin dal primo mattino aiutata dalla madre esperta e pignola, l’annuncio di un imminente lieto evento e il nome da scegliere per il nascituro, la voglia e il piacere di stare insieme, di dirsi tante cose non dette e forse tenute dentro per anni, cosa c’è di più bello?…Ma si sa, nella famiglia si nasconde tutto il bene e tutto il male possibile come del resto nella società degli uomini. Le sorprese non mancano e uno scherzo innocente e goliardico può rivelare realtà inaspettate e imbarazzanti e allora anche la più gustosa delle pietanze come il paté che dà il nome al titolo può cambiare sapore e diventare un vero pasticcio, anzi un “pasticciaccio”, durante il quale la padrona di casa può dare sfogo a rabbie e frustrazioni per troppi anni represse…Una commedia brillante, a tratti grottesca dai risvolti amari che porta i protagonisti alla consapevolezza che, finita la cena, niente sarà più come prima. Insomma un “gruppo di famiglia in un interno”, anzi l’interno di un gruppo di famiglia”.