Al Teatro Pergolesi un “Don Pasquale” elegante e brioso
di Alberto Pellegrino
25 Nov 2015 - Commenti classica, Musica classica
Jesi (AN). Domenica 15 novembre momenti di emozione sono stati vissuti dal pubblico convenuto per assistere alla rappresentazione jesina del Don Pasquale di Gaetano Donizetti, quando l’amministratore delegato della Fondazione Pergolesi Spontini, William Graziosi, ha brevemente ricordato sul palcoscenico del Teatro Pergolesi i tragici fatti di Parigi e quando alla fine sono risuonate le note della Marsigliese, eseguita dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta dal M° Giuseppe La Malfa. Una commemorazione doverosa, non solo per gli stretti legami che uniscono la Francia al melodramma italiano, ma anche perché l’opera in programmazione è stata allestita con una coproduzione che ha visto riuniti cinque teatri italiani (oltre Jesi, Bergamo, Como, Cremona, Pavia) e ben otto teatri francesi (Opéra-Théatre de Clermont-Ferrand, Opéra di Reims, Opéra-Théatre de Limoges, Opéra di Rouen Haute-Normandie, Opéra-Théatre Saint-Etienne, Opéra de Massy, Opéra Grand Avignon e Opéra dei Vichy).
Questa edizione del Don Pasquale si è distinta per la notevole qualità del cast a cominciare dal baritono Paolo Bordogna, cantante di valore internazionale dotato di grande personalità e di un’estensione vocale tale da consentirgli di affrontare parti da basso-baritono e basso buffo; alle sue doti musicali Bordogna sa aggiungere quelle di un consumato attore, per cui questo interprete ha saputo dare spessore comico al personaggio di Don Pasquale con una vocalità caratterizzata da un fraseggio particolarmente curato, unito a una notevole sonorità e preparazione tecnica, come si è potuto particolarmente apprezzare con il difficilissimo “sillabato” del duetto tra Don Pasquale e il dottor Malatesta.
Il giovane baritono spagnolo Pablo Ruiz è stato un convincente e spigliato Malatesta, riuscendo a non sfigurare al fianco di un cantante esperto come Bordogna. Una lieta sorpresa ha riservato la prova del giovane tenore siciliano Pietro Adaini (classe 1992), che ha interpretato il personaggio di Enrico e che ha favorevolmente impressionato il pubblico fin dalla prima romanza “Sogno soave e casto” sia per la morbidezza della voce, capace si salire senza forzature fino alle zone alte dello spartito, sia per la cura del fraseggio sempre armonico ed elegante come avvenuto anche con l’esecuzione della celebre romanza “Com’è gentil la notte in mezzo april”. Il giovane soprano Maria Mudryak, nata nel Kazakistan, deve essere considerata una cantante italiana a tutti gli effetti, perché ha iniziato la sua carriera a 11 anni nel Coro di voci bianche del Teatro alla Scala; si è poi diplomata a soli 18 anni presso il Conservatorio G. Verdi di Milano, ha compiuto un percorso di perfezionamento presso la Scuola Musicale di Milano e nel 2014 ha vinto il 65° Concorso AsLiCo per Giovani Cantanti Lirici d’Europa. La Mudryak ha affrontato con grande impegno il ruolo di Norina, mettendo in evidenza un timbro più da soprano lirico che da soprano leggero per cui, alle prese con il belcanto donizettiano, è stata costretta a un’emissione costantemente “spinta” e un po’ monocorde, a scapito di quelle “sfumature” richieste dal personaggio; data la sua giovane età, dotata di un bell’aspetto e di notevoli mezzi vocali, la attendiamo in prove musicali più adatte alla sua voce, certi che farà una grande carriera.
A decretare il successo di questo Don Pasquale, oltre alle qualità musicali, si sono aggiunte le felici intuizioni del regista Andrea Cigni, che ha al suo attivo un vasto repertorio di messe in scena liriche. Egli ha voluto attualizzare la vicenda secondo una tendenza registica ormai diffusa, ma l’originalità del suo progetto registico sta nella scelta di ambientare la vicenda in una Roma “borghese” degli anni Cinquanta, adottando uno stile vicino alla commedia musicale americana e al cinema hollywoodiano (non ha caso durante i saluti finali si è sentita una celebre canzone interpretata dalla voce di Marilyn Monroe), ben assecondato nelle sue scelte sia dalle belle scene e dai vivaci costumi di Lorenzo Cutùli, sia dall’ottimo disegno-luci di Fiammetta Baldasseri. “L’epoca durante la quale abbiamo collocato la vicenda è la metà del Novecento – ha detto il regista Andrea Cigni – e la fonte primaria d’ispirazione è stato proprio il carattere di Don Pasquale, il suo essere taccagno. Una sorta di ‘vecchio’ avaro cui interessa proteggere il proprio patrimonio e per far ciò utilizza ogni mezzo, anche il matrimonio combinato (seppur con una giovane e avvenente ragazza)…Opposto al mondo di Don Pasquale è il mondo fiorito, lieto e gaio di Norina, che fa davvero da contraltare alla cupezza del vecchio e che pian piano lei saprà far prevalere…Con lei sono Malatesta (un esuberante e stravagante personaggio) ed Ernesto l’innamorato gentile che tutte le Norine del mondo vorrebbero avere. In un vortice di comicità e di sentimentalismo s’incroceranno tutti questi mondi…e alla fine della nostra storia resta il vero e unico tesoro, l’amore dei due giovani, incorniciato in una romantica cartolina dal titolo: Roma, Ti amo!”.
Il regista ha immaginato la casa di Don Pasquale come una grande cassaforte posta a difesa della sua ricchezza, mentre il caveau è diventato l’interno dell’abitazione, dominato da un grande ritratto di questo “Paperon de’ Paperoni” a esaltazione di ego ipersviluppato che crede di poter avere tutto con il suo denaro, ma che finirà per essere sconfitto da una Norina prima finta ingenua, poi inflessibile e arrogante padrona di casa che porterà alla disperazione il vecchio marito fino a costringerlo a invocare il divorzio.
A contrasto con le cupe atmosfere della casa di Don Pasquale, sono apparsi sulla scena un cielo azzurro e un prato assolato sul quale è discesa un’enorme e fiorita altalena, sulla quale si dondolava una Norina impegnata a sognare la conquista di un ricco Cavaliere, sfogliando una rivista sulle cui pagine appariva il volto sorridente di Silvio Berlusconi. A questo punto Norina ha intonato So anch’io la virtù magica, la cavatina sull’astuzia femminile celebre quanto la rossiniana Una voce poco fa, mentre sulla scena fa irruzione un dottor Malatesta con indosso uno sgargiante abito azzurro e con l’hobby del cacciatore di farfalle, il quale illustra alla ragazza il piano per raggirare il vecchio avaro e coronare il sogno d’amore con il giovane Enrico.
L’ingresso di Norina all’interno della cassaforte coincide con un nuovo stile di vita imposto dalla novella sposina, che provoca una vera e propria rivoluzione sottolineata da una continua pioggia di banconote: nella casa è arrivato un nuovo mobilio; maggiordomo, cameriere e camerieri indossano eleganti divise; una parrucchiera è stata assunta in servizio a tempo pieno; ospiti e spumante circolano in quantità, mentre Norina indossa uno sgargiante abito da sera e una biondissima parrucca da diva hollywoodiana. Quando un anonimo biglietto annuncia il tradimento della mogliettina, un Don Pasquale armato di pistola si prepara a vendicare l’onore ferito e tutti corrono all’aperto, perché la casa-cassaforte si è trasformata in un giardino sotto un cielo trapuntato da stelle-lampadine, sotto il quale si concluderà la vicenda con il trionfo dell’amore e il monito per un anziano spasimante di sfuggire alla tentazione di “comprarsi” una giovane moglie.