Grande qualità della “Adriana Lecouvreur” a Pavia


di Andrea Zepponi

19 Nov 2014 - Commenti classica, Musica classica

Masiero e Villari - foto Alessia Santambrogio MusiculturaonlinePavia – La Stagione Lirica del Teatro Fraschini di Pavia ha presentato il secondo titolo del cartellone con Adriana Lecouvreur, di Francesco Cilea cui ho assistito domenica 26 ottobre scorso. La grande qualità del cast e della resa scenica hanno caratterizzato particolarmente l’esecuzione di un’opera non facile da gestire per la sua dimensione prospettica temporale e meta-teatrale: i rimandi a ciò che succede in uno spazio adiacente a quello scenico sono molteplici e determinanti ed esige inoltre una pregnanza interpretativa notevole che il suo carattere musicale acuisce eludendo il verismo imperante in cui l’opera è nata; questa carta interpretativa è stata giocata dagli interpreti del 26 ottobre scorso al Teatro Fraschini di Pavia in modo egregio e con raro equilibrio vocale in un contesto scenico ben definito in base alle potenzialità attualizzanti della vicenda che è stata ambientata in modo coerente e lucido nel primissimo 900. Il libretto, tratto dal dramma di Eugène Scribe e Ernest Legouvé, testo emblematico per alcune prestigiose interpreti femminili del teatro, come furono Sara Bernhardt ed Eleonora Duse, ha permesso alla regia, scene e costumi di Ivan Stefanutti numerosi e pertinenti rimandi ad un fine 800 – inizio 900 dall’atmosfera liberty e deco pieno di suggestioni pittoriche tra cui quelle tratte dal pittore pavese Tranquillo Cremona. Non quindi il divertissement settecentesco dell’ambientazione originaria dell’opera, ma la belle époque tra due secoli con un pizzico di civetteria operettistica e una certa dose di inquietudini coeve all’autore o più novecentesche tenendo presente che la prima rappresentazione dell’opera è del 1902: ad esempio i bagliori dei fanali dell’automobile dalla vetrata del second’atto, l’arcadico ballo del terz’atto trasfigurato in costumi e movenze secondo il debussyano Après midi d’un faune e la gigantografia della diva nel quarto. L’operazione registica di Stefanutti era comunque rivolta a dare alla vicenda di Adriana verità e rilievo più plausibili per un’eroina del cinema muto o una diva conturbante alla stregua di Mata Hari che di una paludata attrice del 700 con una trasposizione temporale molto convincente e un’ambientazione di grande bellezza: si respirava una rara atmosfera di precisione nei particolari, dall’oggettistica ceramico – vitrea ai mobili dal raffinato design. Le luci di Paolo Coduri de’ Cartosio hanno creato varie e pertinenti suggestioni rendendo i cambi di scena più netti: notevole effetto finale era, durante l’agonia della protagonista, l’illuminazione della foto gigante della diva (Lidia Borelli?), evidente metafora della trasfigurazione dell’artista nella luce del mito. Anche nei costumi l’allusività al cinema in bianco e nero non mancava in costumi e scene, realizzando in questo un significativo accostamento tra opera e cinema muto che evidentemente trova un certo consenso e diffusione a partire dalle regia e scene di Ciro in Babilonia del ROF di Pesaro del 2012. Il divismo di Adriana raffigurato da Stefanutti era precisamente quello di un’eroina del cinema muto nel bel mezzo di un intrigo dell’alta società, che la conduce poi alla catastrofe. A rendere anche più aderenti passioni e vicende erano le voci di interpreti dalla vocalità eccezionale e ben spesa in una partitura piena di asperità (che spesso si risolvono in manierismi veristi per interpreti mediocri) e di sinfonismo orchestrale che richiedono ampiezza, ma anche raffinatezze dinamiche e di colore. In ciò il soprano lirico Daria Masiero (di cui potete leggere l’intervista esclusiva a cura dello scrivente, n.d.r.) ha dato voce al personaggio nel modo più pieno e personale nell’evitare ogni riferimento alle tradizioni interpretative più viete e deteriori: l’ampio gesto vocale dell’aria Io son l’umile ancella è stato il momento in cui ha fatto emergere maggiormente il lato divistico e temperamentale della prima donna Adriana delineando poi altrove un personaggio più emotivo ed introverso che soggiace al contrasto tra la sua acclamata immagine artistica e la fragilità della sua vicenda personale. Secondo questa chiave di lettura l’interpretazione della Masiero era doppiamente convincente, grazie alla sua sovrana padronanza dei registri da quello acuto a quello medio grave, con un fraseggio nitido nei diversi piani dinamici e il grande sostegno sul fiato di note squillanti nel forte e piene di risonanze nei filati e nei pianissimi. Giustamente allora la parabola discendente di Adriana si compie con l’aria Poveri fiori nei pianissimi e nei filati della Masiero dallo spessore drammatico consegnato alla sua plateale intimità. Altro pilastro vocale del cast dell’Adriana al Fraschini di Pavia è stato il giovane tenore, nel ruolo di Maurizio, Angelo Villari, autenticaMasiero e Villari -  foto®Alessia Santambrogio Musiculturaonline rivelazione per colore vocale, ampiezza, estensione fraseggio e dizione chiara anche in acuto. Somigliante nel timbro al grande G. Di Stefano (per quanto le affinità possano descrivere una voce) gli basta sussurrare una nota per riempire il teatro! Semplicemente grandioso nelle due arie La dolcissima effigie e L’anima ho stanca, mi ha letteralmente entusiasmato inducendomi a pensare di non aver mai sentito una vocalità di lirico spinto così piena e ricca di armonici e che le mancanze nella tenuta dell’appoggio nelle note medio gravi siano compensate da un temperamento interpretativo notevolmente supportato da una dote che pare ben diretta e molto ben portata: un interprete che vorremmo riascoltare ed apprezzare al più presto per confermare le impressioni avute. Al baritono Francesco Paolo Vultaggio era affidato il ruolo del buffo, ma affettuoso Michonnet. Il giovane cantante ha risolto molto bene e da sensibile caratterista un personaggio la cui età avanzata non gli permette di sperare amore da Adriana alla quale è devoto. Con il suo timbro eloquente e flessibile, Vultaggio ha dispiegato in ogni registro la sua bella vocalità baritonale con evidente sicurezza negli acuti e soprattutto in momenti difficili come nel brano Ecco il monologo. Il mezzosoprano Sanja Anastasia nella parte della Principessa di Bouillon, la perfida ed aristocratica rivale di Adriana, ha reso ottimamente la figura dell’antagonista con una particolare eleganza nel brano Acerba voluttà! che troppo spesso diviene l’amplificazione degli scalini della voce di petto, ma non in questo caso: qui il gesto vocale ben diretto e dosato è parso pienamente adatto al ruolo, così come, nella scena della festa del terzo atto le frasi taglienti e le incursioni nella zona acuta hanno messo in luce una vocalità di primo piano ampiamente brunita. Sintomo lampante dell’eccellenza della produzione era l’assoluta qualità delle voci di comprimariato: quella del basso Luca Gallo che interpretava il Principe di Bouillon, dal timbro pieno e ben centrato scenicamente, indi il tenore Matteo Macchioni nell’abate di Chazeuil, altra straordinaria voce di caratterista che ha brillato con un timbro squillante e riconoscibile in ogni suo intervento e nei duetti con Gallo; un esempio fra molti in Fior d’amor, arma di Venere, dove i due spiccano e si distinguono molto bene. Spiritose e ben allineate sia vocalmente che scenicamente la Mademoiselle Jouvenot del soprano Lucrezia Drei e la Mademoiselle Dangeville del mezzosoprano Lara Rotili così come il Poisson del tenore Ugo Tarquini e il Quinault del basso Riccardo Fassi, voci ben timbrate e ottimamente assortite. Resta senz’altro da rimarcare che l’eccellente qualità riscontrata sul piano vocale e scenico corrisponde anche a quella della direzione musicale: il M° Carlo Goldstein, giovane direttore alla guida dell’Orchestra “I Pomeriggi Musicali” e in questa occasione dell’ottimo Coro del Circuito Lirico Lombardo, ha valorizzato la partitura nella sua valenza sinfonica approfondendo in senso musicale le numerose ripetizioni dei temi che ricorrono nell’opera. Alla fine delle ampie arcate musicali di ognuno dei quattro atti, il successo è stato pieno e reiterato per tutti ed il riscontro entusiasta del pubblico ha giustamente esaltato uno spettacolo musicale di altissimo livello che verrà replicato a Cremona e a Sassari fino al 7 dicembre prossimi.

Adriana Lecouvreur
Opera in quattro atti di Francesco Cilea
Libretto: Arturo Colautti
Fonti letterarie: Eugène Scribe e Ernest Legouvé, “Adrienne Lecouvreur”
Prima rappresentazione: Milano, Teatro Lirico, 6 novembre 1902
Direttore: Carlo Goldstein
Regia: Ivan Stefanutti
Orchestra: I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro del Circuito Lirico Lombardo
PERSONAGGI E INTERPRETI
Maurizio – conte di Sassonia (tenore) : Angelo Villari
Il principe di Bouillon (basso) : Luca Gallo
L’abate di Chazeuil (tenore) : Matteo Macchioni
Michonnet – direttore di scena alla Comédie Française (baritono) : Francesco Paolo Vultaggio
Quinault – socio della Comédie (basso) : Riccardo Fassi
Poisson – socio della Comédie (tenore) : Ugo Tarquini
Adriana Lecouvreur della Comédie (soprano) : Daria Masiero
La principessa di Bouillon (mezzosoprano) : Sanja Anastasia
Mad.lla Jouvenot – socia della Comédie (soprano) : Lucrezia Drei
Mad.lla Dangeville – socia della Comédie (mezzosoprano) : Lara Rotili
un maggiordomo (tenore)
una cameriera (comparsa)
dame, signori, comparse, servi di scena, valletti (coro)
Balletto
Coproduzione Teatri del Circuito Lirico Lombardo,
Ente Concerti ‘Marialisa de Carolis’ /Teatro di tradizione di Sassari

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