Figaro o dell’intraprendenza
di Alberto Pellegrino
21 Mar 2009 - Approfondimenti teatro
1. Beaumarchais l’inventore di Figaro
L’inventore del personaggio di Figaro è Pierre Augustin Caron de Beuamarchais (1732-1799), scrittore e uomo d’affari dalla vita avventurosa, che svolge diverse attività commerciali, fino ad organizzare durante la guerra d’indipendenza spedizioni di armi e munizioni per i ribelli delle colonie inglesi d’America.
Beuamarchais fa il suo esordio in teatro nel 1767 con Eugenia, una commedia che non riscuote successo, come accade nel 1770 con l’altra commedia I due amici o il negoziante di Lione. Finalmente il successo attiva in modo dirompente nel 1775 con la commedia Il Barbiere di Siviglia o la precauzione inutile, la prima opera di una trilogia dedicata al personaggio di Figaro che lascerà un segno profondo nella storia del teatro europeo, perché Beuamarchais ha la genialità di fondere insieme le istanze sociali del dramma borghese, nato con il Secolo dei Lumi, con il gioco spigliato e divertente proprio della commedia d’intrigo, riuscendo ad interpretare (forse al di là delle sue stesse intenzioni) i valori, le istanze, le emozioni di quel Terzo Stato che riempie i teatri con il suo pubblico di borghesi, ai quali cominciato ad affiancarsi spettatori di estrazione popolare.
2. Il Barbiere di Siviglia
Il Barbiere di Siviglia nasce come libretto per un’opéra comique, ma viene bocciato dalla censura per cui l’autore è costretto a presentarlo sotto una nuova veste, trasformandolo in commedia. Alla base dell’intreccio c’è il classico conflitto comico per porta ad uno scontro tra giovani ed anziani, tra padri e figli, dove l’autoritarismo reazionario della famiglia tradizionale è rappresentato dal Dottor Bartolo, mentre Figaro non è più il servo astuto della Commedia dell’Arte e della commedia del Sei/Settecento, ma un personaggio complesso in cui si fondono impulso e calcolo, generosità ed avidità di guadagno, abilità e razionalità, pazienza e aggressività. Figaro, pur conservando il ruolo di “aiutante” del protagonista che appare essere il Conte di Almaviva, in realtà rinnova il rapporto tra valletto e padrone, tra un uomo socialmente subalterno e un aristocratico, a cominciare dal fatto che è questo singolare barbiere sivigliano a scegliersi un padrone di suo gradimento e non viceversa. Sarà ancora Figaro a condurre i giochi per tutta la commedia, fiancheggiato con abilità da Rosina, un
personaggio femminile che ambisce alla propria indipendenza e a difendere la propria dignità di donna; tutti i suggerimenti del barbiere, a base di intrighi e travestimenti, sono indirizzati a beffare Bartolo e la sua spalla, l’intrigante e subdolo Don Basilio, maestro di musica di Rosina, fino al raggiro finale che porta alle sospirate nozze tra Rosina e il Conte di Almavia.
3. Il matrimonio di Figaro
Nel Matrimonio di Figaro o La folle giornata Beaumarchais cambia il registro teatrale: i toni sono meno marcati; momenti di comicità quasi farsesca si alternato a momenti di sottile drammaticità; a differenza del “Barbiere” dove la classi sociali sono ben marcate e separate, nel “Matrimonio” i personaggi appaiono alla pari, tanto che in alcuni passaggi scenici si arriva allo scontro aperto tra individui appartenenti a classi sociali diverse. Nella commedia si avvertono i segni e lo spirito dei tempi nuovi, perché ad una nobiltà ancora radicata alle tradizioni del passato ed ormai vicina al tramonto, si contrappone una classe sociale nuova, giovane e protesa verso l’avvenire con significativi cambiamenti rispetto alla precedente commedia anche se i personaggi rimangono sostanzialmente gli stessi.
Il Conte di Almaviva non è più animato dalla passione dall’amore nei confronti della moglie, ma è un marito annoiato e in cerca di nuove avventure sentimentali, di conquiste femminili per ottenere le quali è disposto ad esercitare l’antico privilegio feudale dello jus primae noctis. Rosina si sente una moglie trascurata e tradita e sarebbe disposta a cercare consolazione fra le braccia di un altro uomo. Susanna, la cameriera alle dipendenze della contessa Rosina, è la fidanzata di Figaro e non è la servetta tradizionale ma un personaggio animato da spirito di iniziativa, ricco di solide virtù, pronta a difendere la sua dignità di donna nei confronti del maschio. Cherubino, il giovane paggio di casa, è un adolescente che avverte il richiamo del sesso ed è attratto dalle schermaglie d’amore; infatti, oltre ad essere innamorato della contessa Rosina, non disdegna di corteggiare tutte le donne che gli capitano a tiro. Marcellina, l’anziana governante nella casa di Don Bartolo, dovrebbe andare sposa del suo padrone, ma è attratta ed insidia il giovane Figaro, sostenuta nelle sue voglie dallo stesso barolo che pensa in questo modo di potersene liberare. Nello stesso tempo Don Basilio, oltre a svolgere il solito ruolo di ruffiano questa volta al servizio del Conte di Almaviva, aspira alla mano di Marcellina. Infine Figaro, anche se non è più il protagonista assoluto in questa commedia che ha un andamento più corale, rivendica la propria dignità e la propria libertà di uomo nei confronti di tutti, mettendo la sua abilità e la sua astuzia non più al servizio del Conte di Almaviva (che si comporta come un suo rivale aspirando a sedurre Susanna), ma difendere i suoi diritti e raggiungere i propri fini.
La trama è complessa e ricca di colpi di scena, in quanto le nozze tra Figaro e Susanna sono ostacolate dal Conte di Almaviva che vorrebbe godere in anticipo della grazie delle futura sposina. Da parte sua la Contessa Rosina soffre per l’indifferenza nei suoi confronti e le infedeltà del Conte, per cui non è insensibile alla corte assillante di Cheribino. La passione di martellina porta arriva a sfiorare l’incesto, perché con un classico colpo di scena, basato sull’agnizione, Beaumarchais, rivela che Figaro non è altro che il figlio segreto nato dal rapporto tra Marcellina e Bartolo, rapito dagli zingari in tenerissima età, per cui dalla condizione di trovatello il giovane passa alla condizione di figlio legittimo a causa delle ormai inevitabili nozze tra i suoi anziani genitori. Dopo una serie di intrighi, travestimenti, equivoci e trabocchetti ogni cosa ritorna al suo posto: Figaro e Susanna si uniscono in matrimoni; Almaviva chiede perdono alla moglie e promette di essere d’ora in poi un marito più affettuoso e fedele; Rosina ritorna la moglie felice e abbandona le sue idee di tradire il marito per vendicarsi e vivere nuove emozioni sentimentali; il povero Cherubino paga un po’ per tutti ed è allontanato dalla casa perché, con il pretesto che deve fare il soldato, viene spedito a raggiungere il suo reggimento. Ma quante affascinante ambiguità si trovano lungo il percorso della commedia: Susanna non è forse un po’ lusingata dalle attenzioni del Conte di Almaviva? Figaro non forse tentato dal pensiero di sedurre la Contessa travestita da Susanna? Rosina non è un po’ tentata dall’idea di cedere a Figaro come forse ha già ceduto alle profferte d’amore dell’intraprendente Cherubino? Si tratta di nodi che, secondo l’autore, devono essere sciolti dallo spettatore.
Nella commedia, oltre al conflitto tra le generazioni, appare chiara una qualche forma di conflitto tra le classi sociali: Antonio, lo zio-tutore di Susanna è contrario alle nozze, perché Figaro è un trovatello; mentre il Conte può attentare impunemente alla virtù di Susanna, Figaro non può ripagarlo con la stessa moneta nei confronti della Contessa, perché è un plebeo; i nobili salvano la propria dignità invocando i privilegi derivanti dallo loro classe sociale (il Conte di Almaviva), oppure reprimendo i turbamenti della donna che scopre il fascino della passione (Rosina). L’autore infine celebra con il personaggio di Cherubino la poesia e il fascino dell’adolescenza e su di lui si proietta l’ombra del grande Seduttore (Kierkegaard vede in lui un potenziale Don Giovanni); egli è infatti la copia ringiovanita di Almaviva, sviluppando l’arte del corteggiamento nei confronti di tutte le donne che gli capitano a tiro (compresa la popolana Susanna e persino l’anziana Marcellina).
4. L’ideologia di Beaumarchais
Beuamarchais può essere considerato un rappresentante dello spirito rivoluzionari che anima la borghesia francese alla fine del XVIII secolo e trova una sua precisa esplicazione nel celebre monologo del quinto atto, dove Figaro contesta l’autorità del Conte di Almaviva e dichiara apertamente di volersi ribellare alle sue prepotenze e prevaricazioni: “No, Signor Conte, voi non l’avrete…voi non l’avrete (Susanna). Perché siete un gran signore, vi credete un gran genio!…Nobiltà, fortuna, rango, cariche, tutto questo rende così fieri! Che avete fatto per meritare tutto questo? Vi siete dato pena di nascere e niente più. Per il resto siete un uomo abbastanza comune; mentre io, perbacco! Sperduto in mezzo alla folla oscura, ho dovuto impiegare più scienza e calcoli, soltanto per sopravvivere, di quanti non ne siano stati adoperati, da cento anni a questa parte, per governare tutte le Spagne”.
Beaumarchais incarna, attraverso la sua opera e la sua vita, la figura del borghese abile e intraprendente che riesce a conquistare un’elevata posizione sociale, malgrado abbia umili origini. Ricco uomo d’affari, socio di uno dei maggiori finanzieri del suo tempo, amico di illustri aristocratici e intellettuali, anche se alcuni gli hanno rinfacciato il suo passato di “orologiaio”, egli appartiene a quella noblesse de robe che, alla vigilia della Rivoluzione francese, è impegnata a far valere i propri diritti e anche a difendere i propri privilegi contro la nobiltà e l’alto clero. L’adesione alle idee illuministe emerge anche dalla definizione dell’onestà che egli mette in bocca a Figaro nel Barbiere: essere onesti “significa far contemporaneamente il bene pubblico e privato: un vero capolavoro di morale”. Beaumarchais può essere definito con termini moderni un “progressista moderato” come appare da un suo scritto del 1778, dove prende posizione sulla funzione che deve svolgere una monarchia costituzionale e sui privilegi dell’aristocrazia: “Non che occorra dimenticare quel che si deve, nel mondo, ai più alti ranghi! È giusto, invece, che il vantaggio della nascita sia il meno contestato di tutti, poiché il beneficio gratuito dell’eredità, dipendente dalle imprese, dalle qualità e dalle virtù degli antenati di colui che ne gode, non può in alcun modo offendere l’amor proprio di coloro ai quali fu negato; perché se in una monarchia si abolissero i ranghi intermedi tra il popolo e il Re, ci sarebbe troppa distanza tra il sovrano e i sudditi: ben presto si vedrebbero soltanto un despota e degli schiavi; e il mantenimento d’una scala graduata, dal lavoratore al potentato, interessa in egual misura gli uomini d’ogni regno, ed è forse il più saldo fondamento della costituzione monarchica”.
5. La madre colpevole
Beaumarchais conclude la sua trilogia con la commedia La madre colpevole, scritta nel 1792 quando la Rivoluzione sta per entrare nella sua fare più “calda”. Molto si è scritto circa i limiti di questo lavoro teatrale rispetto ai due precedenti, sulle sue situazioni poco credibili, sulla gretta psicologia dei personaggi. Tuttavia questa commedia risulta importante per meglio definire la personalità dell’autore che, come aveva fatto in parte già nel “Matrimonio”, cerca una soluzione pacifica allo scontro tra genitori e figli, tra figli legittimi e illegittimi, tra plebei e aristocratici. Infatti per Beaumarchais, nonostante i radicali cambiamenti subiti dalla società e dai costumi francesi, la famiglia continua a rappresentare un modello ideale a cui deve ispirarsi l’intera società, finendo con il restare alquanto spiazzato rispetto all’evoluzione sociologica, antropologica e politica del suo Paese. Inoltre, rimanendo fedele al suo tradizionale ottimismo, non rinuncia a un finale positivo, dove si assiste a un rovesciamento del male in bene, nonostante egli abbia sostituito in questa sua opera la chiave di lettura della commedia con quella drammatica.
Nella Madre colpevole Rosina, dopo la partenza del Conte di Almaviva per le Americhe, ha avuto una relazione con Cherubino da cui è nato un figlio di nome Leone. Nonostante Cherubino sia morto in guerra, il Conte sospetta che questo figlio non sia suo ed è infuriato perché dovrà lasciare a lui tutte le sue sostanze, perché nel frattempo è deceduto il figlio maggiore. Nel frattempo Almaviva ha adottato un’orfana di nome Florestina che, in realtà, è sua figlia naturale e che vorrebbe nominare sua erede. Entrambi i coniugi hanno pertanto una colpa da nascondere e la situazione rischia di aggravarsi in quanto Leone e Florestina si amano segretamente.
A complicare le cose interviene il segretario del Conte, l’irlandese Bégearss, che tesse le sue trame per far diseredare Leone e far ereditare tutto il patrimonio a Florestina e quindi poterla sposare. Il Conte di Alamaviva parteggia naturalmente per il suo segretario che per la sua ipocrisia e bel dissimulata crudeltà è una specie di reincarnazione del Tartufo di Molière e che ricopre in senso negativo quel ruolo di aiutante svolto da Figaro nel “Barbiere”. Al contrario Figaro cerca di aiutare il giovane Leone per proteggerlo dalla malvagità di Bégearss, il quale persegue lo scopo di di ridurre sul lastrico Leone e di portare alla rovina lo stesso Almaviva. Beaumarchais, seguendo la solita tecnica dell’agnizione, fa in modo che il segretario del Conte rivela ad Almaviva che Leone non è suo figlio e a Florestina che il Conte è suo padre ,per cui il suo amore per Leone è di natura incestuosa. Sarà ancora una volta Figaro a smascherare le trame del losco Bégearss, dimostrando che sia Leone che Florestina hanno madri e padri madri diversi, per cui possono felicemente sposarsi, mentre tutta la famiglia si stringe intorno alla Contessa Rosina non più “madre colpevole. Figaro e Susanna hanno accantonato ogni velleità rivoluzionaria e non assumono più atteggiamenti ribelli: “Si guadagna abbastanza, nelle famiglie, quando se ne espelle un malvagio” afferma Figaro nel finale del dramma.
Di fronte alle novità e agli sconvolgimenti politici e sociali introdotti dalla Rivoluzione francese, Beuamarchais rinuncia alle sue intuizioni anticipatrici di tempi nuovi e ripiega su posizioni conservatrici, puntando sulla solidità degli affetti, sul reciproco perdono delle colpe e sulla condanna di coloro che minacciano di distruggere l’ordine sociale e morale. Mentre le due prime opere della trilogia sono incarnati gli ideali e le speranze della generazione che ha contribuito a preparare la Rivoluzione, nella terza opera Beaumarchais riscopre quei valori che erano stati bruscamente messi in discussione dalla Rivoluzione stessa.
6. Figaro e l’opera lirica
Lo straordinario successo avuto in tutta l’Europa dal teatro di Beamarchais, in particolare dal Barbiere di Siviglia, finisce inevitabilmente per contagiare il mondo dell’opera lirica, richiamando l’attenzione di numerosi compositori (Benda, Schulz, Morlacchi). Tuttavia l’opera, che per prima conquista una grande popolarità è Il Barbiere di Siviglia musicato nel 1782 da Giovanni Paisiello (1740-1816) su libretto di Giuseppe Petrosellini (1727-1797), che adatta la commedia francese all’opera napoletana, per cui è costretto a tagliare molte scene e a semplificare il linguaggio. In particolare, da perfetto poeta arcade, Petrosellini si sente in dovere di eliminare tutti gli aspetti più vivaci e piccanti della vicenda, finendo con il togliere spessore psicologico a tutti i personaggi di Beaumarchais: Figaro perde la sua carica popolare e rivoluzionaria per assumere il ruolo tradizionale del servo astuto e fedele al suo padrone; Rosina non ha più alcuna capacità di iniziativa per diventare una ragazza timida e sottomessa; Don Bartolo non è più il campione del mondo reazionario insofferente ad ogni novità, ma diventa il vecchio amoroso irascibile e sospettoso secondo un consolidato modello dell’opera buffa napoletana.
Ben diverso il risultato che ottiene il genio musicale di Wolfgang Amedeus Mozart che, dopo aver visto a Vienna il “Barbiere” di Paisiello, decide di mettere in musica Il matrimonio di Figaro (Vienna 1786), rivolgendosi a un librettista di grande valore come Lorenzo Da Ponte (1749-1838). Il libretto delle Nozze di Figaro, grazie l’abilità del poeta italiano, conserva per buona parte i caratteri della commedia originaria, anche se vengono attenuati gli elementi di critica sociale per dare maggiore rilievo agli aspetti comici della vicenda: il Conte di Almaviva è continuamente in bilico tra le sue voglie sessuali, la rivendicazione del potere e la paura della sconfitta; la Contessa Rosina è una donna segnata da una profonda malinconia e dal rimpianto di un amore che considera ormai finito; Susanna è una giovane desiderosa d’amore come emerge chiaramente dalla Serenata che Massimo Mila ha definito un “poema della notte”; il giovanissimo Cherubino diventa l’incarnazione stessa dell’eros, secondo la visione della sensualità che ha il grande compositore salisburghese; Figaro conserva tutta la sua astuzia di popolano, ma stempera in parte i toni polemici antiaristocratici del borghese Beaumarchais (“Se vuol ballare,/Signor Contino,/Il chitarrino/le suonerò”) e, sotto la spinta di Don Basilio sempre nel ruolo di infido consigliere, egli trasforma il suo celebre monologo a sfondo sociale in una tirata satirica contro il genere femminile (“Aprite un po’ quegli occhi/Uomini incauti e sciocchi./Guardate queste femmine,/Guardate cosa son!”).
È lo stesso Da Ponte a raccontare nelle sue Memorie che è stato Mozart ha proporgli come soggetto per la sua nuova opera la commedia di Beaumarchais, comprendendo subito che “l’immensità del suo genio domandava un soggetto esteso, multiforme, sublime”. È sempre Da Ponte a riferire che la commedia originale era considerata politicamente pericolosa per la sua brillante satira sociale e che sono grazie a un suo personale intervento e alle sue arti diplomatiche, è stato ottenere dall’imperatore Giuseppe II il consenso ad eseguire l’opera, dopo aver assicurato che sarebbero stati eliminati dal testo tutti gli aspetti “rivoluzionari”. Sulla base di questo racconto, molti hanno sostenuto che il “Figaro” di Mozart perde la sua carica rivoluzionaria rispetto al suo omonimo francese, ma questo può essere vero soltanto in parte. Infatti, se si tiene presente la condizione sociale in cui vivevano i musicisti di corte, spesso sottoposti a protettori arroganti come padroni, la scelta di un soggetto come Il matrimonio di Figaro rappresenta di per sé un atto di coraggio e lo stesso Figaro, merito del librettista e del compositore, è un personaggio che conserva la propria dignità e la propria dirittura morale, senza cadere in alcun risvolto burlesco.
Giustamente i due autori sostengono, nella prefazione del libretto, di aver creato “un genere di spettacolo quasi nuovo per l’essenza dell’idea conduttrice e la vivezza degli eventi scenici, dei personaggi e dei caratteri”. Nonostante il grande successo che l’opera riscuote nella rappresentazione di Vienna del 1 maggio 1786, una parte del pubblico accoglie con una certa freddezza il lavoro di Mozart non tanto per la sua grande musica, quanto per quell’aria di novità che circola nella trama: come possono infatti quegli spettatori aristocratici accettare, senza storcere il naso, l’idea che un ex-barbiere, divenuto servitore, possa con la sua astuzia e con una certa arroganza osi contrapporsi al proprio padrone per sventare i suoi intrighi amorosi? Da quel momento Mozart viene progressivamente emarginato dalla buona società viennese nonostante sia orami considerato in Europa il massimo musicista vivente. Forse per questo egli si trasferisce a Praga, dove nel 1787 crea il Don Giovanni, il suo maggiore capolavoro. Se fosse stato un damerino di corte e un abile adulatore, avrebbe immediatamente recuperato le simpatie dei suoi committenti, ma egli è molto più simile a quel suo straordinario servitore che ha il coraggio di minaccia il padrone attraverso la metafora del “ chitarrino” che sarà capace di suonargli.
Agli inizi dell’Ottocento è Gioacchino Rossini (1792-1868) ad essere attratto dal personaggio di Figaro e il genio musicale pesarese nel 1816 compone il Barbiere di Siviglia in soli 20 giorni, creando un capolavoro assoluto che “non è solamente una delle più grandi gioie musicali che siano mai state scritte, ma contiene anche audacie interne alla scrittura che, considerate le circostanze della sua composizione, soltanto una mostruosa musicalità naturale riesce a spiegare” (Roman Vlad). Siamo distanti anni luce dalla precedente opera di Paisiello, sia per il fatto che Rossini è culturalmente e psicologicamente diverso dal compositore napoletano, sia perché, grazie alla Rivoluzione francese, è cambiata la storia dell’Europa e la stessa storia della musica si è notevolmente evoluta a seguito delle innovazioni introdotte Da Mozart e Da Ponte. Lo stesso Rossini è, del resto, consapevole che questa sua composizione rappresenta il vertice dell’opera buffa italiana per la perfetta coincidenza tra l’immaginazione musicale del compositore e le regole del melodramma, tra le esigenze dell’azione teatrale e la perfetta resa drammaturgica del libretto.
Una parte di merito del successo dell’opera va infatti attribuito a Cesare Sterbini (1784-1831), il quale scrive un libretto che costituirà un modello di riferimento per tutti gli autori successivi. Sterbini si rivela un autore teatrale capace di rielaborare la commedia di Beaumarchais senza troppo discostarsi dallo spirito del testo originale e dalla psicologia dei personaggi. Soprattutto Figaro riacquista il ruolo di protagonista assoluto, forse più accomodante e realista rispetto all’originale, ma restando sempre un personaggio vitale e un deus ex machina capace di manovrare tutti gli altri personaggi (fatta forse eccezione per Rosina), continuando ad essere, prima che un barbiere, un intellettuale e un uomo libero, secondo la felice intuizione di Beaumarchais.