Vivian Maier una straordinaria fotografa
di Alberto Pellegrino
19 Mar 2014 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive
Americana di origini francesi e austro-ungariche, Vivian Maier (1928-2009) si trova al centro di una straordinaria avventura culturale: vive tra la Francia e gli Stati Uniti fino al 1951 quando decide di stabilirsi a New York, quindi nel 1956 lascia la East Coast per trasferirsi a Chicago, dove trascorre la maggior parte della sua vita lavorando come caregiver, un termine inglese usato per indicare chi esercita la professione di baby-sitter e di assistente familiare ad anziani e invalidi. La Maier, che aveva cominciato a fotografare nel 1949, continua a coltivare questa sua passione fino al 1990, lasciando un’enorme quantità di lavoro comprendente oltre 150 mila negativi, 3000 stampe, circa seicento rullini non sviluppati e una serie di film documentari sulla vita metropolitana, tutti meticolosamente catalogati
dall’autrice che ha sempre mostrato di essere uno spirito fiero e libero. Completamente sconosciuta al mondo della fotografia, la Maier cade in una condizione di povertà negli ultimi anni della sua vita, ma viene salvata da tre ex-bambini che lei aveva in precedenza cresciuto e che la consideravano una loro seconda madre. Si tratta di due uomini e una donna che la sistemano in un appartamento e si prendono cura di lei fino alla sua morte, ma per far fronte ai debiti e a loro insaputa viene venduto all’asta uno degli armadi, dove erano custoditi tutti i negativi realizzati dalla Maier nel corso della sua attività fotografica coperta da un rigoroso segreto. Il contenuto dell’armadio è stato scoperto per caso in una casa d’aste di Chicago e da quel momento si apre un nuovo capitolo nella vita che la critica ha subito ribattezzato la Tata con la Rolleiflex, la macchina che è stata la sua fedele compagna in tutti i pomeriggi liberi della sua lunga esistenza. Nel 2007 l’agente immobiliare John Maloof compra per 400 dollari una scatola di negativi e scopre il nome della Maier in una busta di negativi che aveva portato a sviluppare il laboratorio solo nel 2009, pochi giorni dopo che la Maier era scomparsa. Da quel momento Maloof dedica la sua vita a far conoscere questa straordinaria fotografa: “Non sapevo che cosa fosse la Street photography quando ho acquistato le fotografie. Ho comprato la sua stessa macchina fotografica e ho percorso le stesse strade, mi sono immediatamente reso conto di quanto fosse difficile realizzare immagini dello stesso calibro. Ho scoperto l’occhio che aveva per la fotografia attraverso la mia stessa esperienza… Ho il dovere morale nei confronti di Vivian di far conoscere i suoi straordinari lavori. Trascorro del tempo sulla sua storia, perché questo è quello che vuole la gente da me. Più conosco questa donna e più ne sono affascinato. Era una persona singolare, estremamente intelligente e il suo talento era straordinario”. Il Chicago Cultural Center ha dedicato alla Maier una grande mostra e da quel momento le esposizioni si sono moltiplicate a Londra, Parigi e in altre città, compresa Brescia, dove nel 2012 è stata allestita dalla Galleria dell’incisione la mostra Lo sguardo nascosto. È stato anche pubblicato un volume di sue immagini intitolato Vivian Maier Street Photographer (powerHouse Books Editore). La Maier, che per anni è passata inosservata per le strade di New York e di Chicago, ha fotografato persone e situazioni di ogni giorno con una tecnica straordinaria e una capacità interpretativa che ha dell’eccezionale, tanto che può essere considerata una della più grandi fotografe americane, perché è stata capace di anticipare tutte le tendenze della fotografia statunitense del secondo Novecento. Tra le migliaia di fotografie vi sono centinaia di autoritratti realizzati con l’autoscatto, oppure riprendendo se stessa riflessa in una vetrina con in mano la sua Rolleiflex 6X6 biottica, come se l’autrice avesse voluto lasciare una testimonianza di sé ai posteri, come per riscattare l’esistenza silenziosa e misteriosa di una donna socialista e femminista, rimasta sconosciuta ai più per tutto il corso della sua vita. Le immagini della Maier hanno rivelato al mondo l’esistenza di una grande narratrice per immagini che per anni ha raccontato lo scorrere della vita quotidiana nell strade, nei caffè, nei parchi di divertimento, nei giardini pubblici e sulle spiagge di due grandi metropoli dove ha fissato i volti e i comportamenti di tanti appartenenti ai ceti medi o al proletariato urbano con un’efficacia e una unità stilistica che inducono a paragonarla a Cartier Bresson, un maestro della fotografia di strada. Nella sua produzione fotografica troviamo una straordinaria galleria di ritratti maschili e femminili, di adulti e di bambini, una serie di luccicanti vetrine, poveri raggomitolati su un marciapiede o abbandonati come fagotti sulla riva del mare, interni di metropolitana e strade invase dal traffico automobilistico, operai al lavoro e anziani parcheggiati sulle panchine, poliziotti ed eleganti signore, figure umane riflesse nella grandi pozzanghere lasciate dalla pioggia e colte lungo la malinconia di strade alberate. Il caso ha voluto che per una serie di fortunate coincidenze venisse alla luce un insospettabile patrimonio di immagini che arricchisce la storia della fotografia con la presenza di un personaggio altrimenti destinato a rimanere sepolto nell’oblio. Nell’anno della sua scomparsa, come unica testimonianza del suo passaggio sulla terra, esisteva infatti soltanto l’annuncio mortuario fatto pubblicare su un quotidiano di Chicago dalle tre persone che l’avevano assistita nell’ultimo periodo della sua vita: “Vivian Maier, nata in Francia e residente a Chicago negli ultimi 50 anni, è morta serenamente lo scorso lunedì. Seconda madre di John, Lane e Mattew. Uno spirito libero che ha magicamente toccato le vite di chi la conosceva. Critica cinematografica e straordinaria fotografa”, che finalmente ora tutto il mondo ha la possibilità di conoscere.