Gli Oscar e i nomi dimenticati


di Elena Bartolucci

4 Mar 2014 - News cinema

Si sono spente le luci sulla 86° edizione degli Oscar al Dolby Theatre di Los Angeles e l’Italia può essere orgogliosa della grande (e più che meritata) vittoria de La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino: un film non semplice e adatto per tutti i gusti, caratterizzato da dialoghi e monologhi di grande intensità e una fotografia a dir poco magnifica che lascia senza fiato con l’alta poeticità intrinseca in ogni immagine.
Come in ogni edizione che si rispetti una parte della serata degli Oscar viene dedicata per dare un piccolo saluto a tutti i grandi attori, registi, sceneggiatori, critici e operatori del settore cinematografico che sono morti in questo ultimo anno: tra i tanti nomi altisonanti che lo hanno segnato con la loro dipartita ci sono stati Peter O’Toole, Philip Seymour Hofmann, Shirley Temple, James Gandolfini e molti altri nomi più o meno celebri (alcuni dei quali sembrano siano stati addirittura depennati dall’elenco).
Tuttavia un altro grande nome ha deciso proprio di lasciare questo mondo a ridosso di questa serata tra le più glitterate, guadagnandosi però solo qualche trafiletto nei quotidiani e un veloce annuncio al telegiornale.
Resnais_MusiculturaonlineSi tratta del regista (e documentarista) francese Alain Resnais. Morto all’età di 91 anni, era comunque riuscito a regalare un ultimo capolavoro, Aimer, boire et chanter, allo scorso festival di Berlino.
Uno tra i pilastri portanti della Nouvelle Vague (alla quale comunque non aveva mai ufficialmente aderito) e grande teorico del cinema, Resnais ha ottenuto nel corso della sua carriera numerosi riconoscimenti, realizzando opere eccellenti come Hiroshima Mon Amour (1959), L’anno scorso a Marienbad (1961), La guerra è finita (1966), La vita è un romanzo (1983) e Parole parole parole (1997). Con Resnais scompare uno dei più grandi registi cinematografici, attento alla condizione umana singola e collettiva, con le mille contraddizioni, che sistematicamente faceva emergere da un montaggio, che supervisionava, difficile ma denso di relazioni semantiche e di rinvii multipli, fuori dagli schemi narrativi convenzionali.

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