Chi dice “Carmen” dice donna
di Andrea Zepponi
31 Gen 2014 - Commenti classica, Musica classica
Fano (PU) – Quando un teatro di provincia decide di mettere in scena un’opera così complessa, risulta un impegno per tutti che impone attenzione nella scelta dei protagonisti e nella ottimizzazione delle risorse presenti facendo leva sui punti di forza: è ciò che ha fatto il Teatro della Fortuna di Fano per l’allestimento della Carmen di G. Bizet lo scorso venerdì 24 gennaio ore 20:30 con una esecuzione pregevole dal punto di vista musicale ed efficace dal lato scenico. La trasposizione nel Novecento, in cui la regia ha ambientato la vicenda dell’opera tratta dalla novella ottocentesca di P. Merimée, si configurava come una rivisitazione del secolo che per noi è trascorso e rappresentava tutta una serie di situazioni plausibili nella Spagna franchista o di un Sudamerica dittatoriale. Il tratto scenico di Nicola Bruschi era ben delineato nella scenografia di base con un’alta staccionata di legno di quelle che delimitano le arene nelle corride dalle fessure leggermente sconnesse e capaci di far filtrare una luce accecante e livida: è proprio qui che la regia di Francesco Esposito ha trovato il suo fulcro archetipico, la lotta con il toro che diventa metafora della passione amorosa e del destino inesorabile cui vanno incontro i protagonisti. Ciò faceva scattare tante leve metaforiche come ad esempio nel duetto finale lo scialle di Carmen diveniva muleta che abbacina lo sguardo di Don Josè; tutte le situazioni si realizzavano entro il circolo magico dell’arena come atti di un rito che si compie. Così i costumi del ‘900 di Alessandro Lai riproponevano un’essenzialità funzionale all’espressione di libertà proclamata da Carmen, al sensuale stagliarsi dei corpi femminili e all’elemento di contrasto tra l’ordine costituito e la minoranza ribelle, sia quella dell’etnia zingara, sia quella dei contrabbandieri. Sigaraie, zingare e contrabbandiere erano fasciate da grembiuli, fuseaux, scialli e turbanti che valorizzavano il loro portamento fiero e sensuale e le coreografie di Domenico Iannone e il corpo di ballo Altradanza hanno precisato nell’opera quella ascendenza danzante che le è attribuita fin dai tempi di Nietzsche raffigurando l’eterna lotta tra i sessi nella Chanson bohème del second’atto. Le scelte sceniche non avevano nulla di banale, nonostante l’urgenza degli elementi concettuali, ed anche le situazioni con un risvolto brillante come il quintetto del secondo atto Nous avons en tête une affaire e le masse corali erano ben congegnate nei loro tempi scenici. Componente essenziale di questa maliarda alchimia era la protagonista Agata Bienkowska che ha dato al personaggio una nobiltà spesso misconosciuta da cantanti che hanno più gambe che voce: lei, dotata di entrambe le risorse, ha fatto giocare anche la valenza belcantista nelle agilità del primo e del secondo atto, ma senza alleggerire il peso vocale proprio del mezzosoprano: così le note gravi della scena delle carte e il concitato recitativo finale hanno avuto i giusti accenti e un sicuro appoggio in maschera per coprire la tessitura medio-grave di Carmen; sicura dal punto di vista vocale, con acuti fluviali e ben proiettati nella sala della Fortuna, la Bienkowska, lo è stat anche dal punto di vista scenico ed ha ottenuto un meritato bel successo. A suo fianco, il tenore Dario Di Vietri, dalle notevoli capacità, ha messo in campo un efficace slancio vocale nei momenti più concitati con una presenza scenica imponente e tutto sommato ben spesa. Coprotagonista in linea con le scelte vocali e interpretative, l’Escamillo di Omar Kamata, che sostituiva Marcello Lippi infortunato, non ha avuto un ingresso proprio eclatante dal punto di vista vocale con il celebre Votre toast, je peux vous le rendre (tuttavia ben efficace scenicamente), ma si è poi affermato nel resto dell’opera con una buona dizione e un buon fraseggio. Meritoriamente professionale e appassionata nel suo ruolo di Micaela, Valeria Esposito, ha impegnato la sua voce di soprano di coloratura con grande dispendio di mezzi vocali (arrivando anche ad usare suoni fissi a scopo espressivo) ed ha fatto breccia nel pubblico soprattutto per il giusto equilibrio tra espressione vocale e gestuale. Con il trio protagonista, come in ogni produzione di qualità, le parti di fila erano di tutto rispetto e di evidente personalità vocale: così lo Zuniga di Franco Rossi e il Morales di Andrea Vincenzo Bonsignore, basse-baritone entrambi dalla sonora dizione francese (erano aperti i recitativi in prosa) e voci ben timbrate, indi – ancora una volta quest’opera si rivela sempre una buona palestra per voci di passaggio tra belcanto e verismo – i tenori Giampiero Cicino ne Il Dancairo, Andrea Schifaudo ne Il Remendado e i soprani I e II Paola Santucci in Frasquita e Lara Rotili in Mercedes, tutti interpreti notevoli e ottimamente allineati con il taglio dell’opera francese, il tono idiomatico del canto e le richieste sceniche e gestuali della regia splendidamente corredata dai costumi di Alessandro Lai e dalle luci di Bruno Ciulli. Per venire alla parte strumentale dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini con la direzione di Marco Boemi, si può dire che è la vera trionfatrice della serata per giustezza dei tempi, vivezza di colore e trasparenza timbrica; l’eccellenza cui l’Orchestra Rossini ci ha abituato da tempo risolve in elevata qualità musicale ogni difficoltà anche legata alla compagine vocale: in particolare quella del Coro del Teatro della Fortuna “M. Agostini” diretto dal maestro del coro Mirca Rosciani, che, sebbene preparato dal punto di vista musicale, presenta ancora qualche asprezza nella sezione vocale dei tenori e in Carmen ciò è fin troppo evidente. Il breve e commovente discorso commemorativo del M° Boemi al suo ingresso in occasione della scomparsa di Claudio Abbado, ha proluso a questa edizione di Carmen a Fano nel nuovoo allestimento realizzato in coproduzione con il Teatro Goldoni di Livorno, il Teatro del Giglio di Lucca, il Teatro Verdi di Pisa, in collaborazione con il Teatro della Fortuna di Fano. Alla fine tanti applausi per tutti, compresi il Coro di voci bianche e giovanili “Incanto” e i Pueri cantores di Mezio Agostini.