Eve Arnold in mostra a Torino
Alberto Pellegrino
15 Gen 2014 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive
Eve Arnold (1912-2012) è una grande fotografa americana, cui la Fondazione Torino Musei e la Magnum Photos hanno dedicato una retrospettiva allestita nel Palazzo Madama di Torino, arricchita da un bel catalogo pubblicato dalla Silvana Editoriale. La mostra resterà aperta fino al 27 aprile 2014 e in essa sono esposte 83 fotografie scattate tra il 1954 e il 1984, suddivise in 12 sezioni: Sfilata di moda a Harlem, Marlene Dietrich, Joan Crawford, Marilyn Monroe, Malcom X, Celebrità, Dietro il velo, Gli importantissimi primi 5 minuti di un neonato, Riti Voodoo a Haiti, Afghanistan, Cina e India.
La Arnold, che era nata a Philadelphia, nel 1946 si reca a New York, dove frequenta la New School for Social Research, per poi essere scoperta da Alexey Brodovich, art director di Harper’s Bazaar, che gli commissiona alcuni servizi di moda. Successivamente, i suoi lavori attirano l’attenzione di Henri Cartier-Bresson che le apre le porte della Magnum, prima come freelance (1951-1957), poi come membro effettivo, unica donna a essere ammessa nel collettivo dell’Agenzia Magnum.
La Arnold inizia la sua attività fotografica come ritrattista di grande valore, riprendendo soggetti appartenenti all’alta società e in particolare alcune celebri dive di Hollywood che devono in gran parte a lei la consacrazione nell’immaginario collettivo legato alla Mecca del cinema. Si fanno ritrarre dalla Arnold Marlene Dietrich, Joan Crawford, Liz Taylor e soprattutto Marilyn Monroe, alla quale la grande fotografa ha dedicato ben cinque volumi d’immagini. Fra i soggetti da lei rappresentati vi sono alcuni presidenti americani, reali europei e diversi uomini politici importanti, fra cui Indira Gandhi e Malcom X, che ha voluto la Arnold accanto a sé per documentare le sue battaglie per i diritti civili. In un secondo momento questa fotografa si dedica a diversi generi, ma in particolare è impegnata a realizzare grandi fotoreportage, che sono stati pubblicati da Life, Sunday Times e altre prestigiose riviste del Novecento, ottenendo importanti riconoscimenti come il National Book Award (1980) e il Lifetime Achievement dell’American Society of Magazine Photographers.
Quest’artista, una delle più rappresentative nella storia della fotografia americana, si è espressa con grandi capacità tecniche sia con il bianco e nero sia con il colore, conquistando uno stile fatto di essenziale eleganza e d’intensa umanità sia quando si occupa del ritratto e della fotografia di moda, sia quando decide dedicarsi alla fotografia sociale. Diventa così un’attenta osservatrice del mondo che sta cambiando dinanzi al suo obiettivo e cerca di scavare in profondità quando si trova di fronte a determinati avvenimenti che colpiscono la sua sensibilità artistica, ma che risvegliano anche il suo impegno politico, per cui non si tira indietro quando deve documentare il drammatico spettacolo della povertà, oppure entra nel vivo della protesta di coloro che rivendicano i più fondamentali diritti umani. Sotto la spinta del suo impegno umano sociale e politico, la Arnold è riuscita a realizzare in tutti i continenti quei fotoreportage che l’hanno resa famosa nel mondo: è stata una tra i primi fotografi americani a essere ammessa in Cina con uno speciale permesso del governo di Pechino; ha documentato la difficile condizione della donna in Afghanistan e nei Paesi arabi; si è dedicata a documentare con coraggio i cambiamenti di costume negli Stati Uniti ed è stata, per esempio la prima fotografa americana a fare un fotoreportage su un défilé di moda, nel quale sono sfilate soltanto delle modelle dalla pelle nera. La Arnold era solita chiedersi: “Che cosa mi ha spinto e mi ha fatto andare avanti nel corso dei decenni? Qual’è stata la forza motrice? Se dovessi usare una parola sola, sarebbe curiosità”. Infatti, è stata questa la molla, unita a una grande umanità, a spingere questa grande artista in tutta la sua lunga carriera. Quando è caduta gravemente ammalata, si è ritirata in una casa di cura e ha vissuto con estrema dignità gli ultimi anni di vita, ben consapevole che il ciclo creativo era inesorabilmente concluso: “Ormai è finita, non riesco più a tenere la macchina fotografica in mano”. Rimangono le sue opere di grande valore e ha fatto un’opera meritoria la Città di Torino nel volerle dedicare quest’ampia retrospettiva.