La grande magia di De Filippo
Alberto Pellegrino
23 Nov 2013 - Commenti teatro
Ancona. La grande magia di Eduardo De Filippo, scritta nel 1948, si colloca nel contesto storico affine a Napoli milionaria, Filomena Marturano, Le voci di dentro, grandi commedie che riflettono un Paese uscito tragicamente dalla guerra, diviso tra le speranze in un futuro migliore e le disillusioni circa la possibilità di arrivare a un reale cambiamento. Andata in scena il 12 dicembre 1949 nel Teatro Mercadante di Napoli, la commedia fu accolta senza eccessivi entusiasmi dal pubblico che aveva accettato qualche difficoltà il surrealismo di Questi fantasmi, ma che era sconcertato di fronte a un’opera tra le più enigmatiche dell’intero teatro eduardiano. La critica del tempo sentenziò subito che si trattava di un caso di “pirandellismo”, ravvisando nella commedia riferimenti a Così è (se vi pare), I giganti della montagna e soprattutto Enrico IV per questa volontà di evadere dai limiti del naturale per assumere le forme di un’estrema illusione, di sostituire la realtà con la capacità creativa della fantasia, capace di creare un mondo dove le cose concrete sono sostituite dalle immagini della memoria. Nel 1950 Eduardo reagisce a queste critiche chiarendo il suo pensiero circa questa sua opera: “Questo ho voluto dire, che la vita è un giuoco e questo giuoco ha bisogno di essere sorretto dall’illusione, la quale a sua volta deve essere alimentata dalla fede. Ed ho voluto dire che ogni destino è legato al filo di altri destini in un giuoco eterno: un grande giuoco del quale non ci è dato scorgere se non particolari irrilevanti”. Si è ormai conclusa la Cantata dei giorni pari è quella della giovinezza, della spensieratezza e dell’ottimismo: tutto il teatro è come una grande magia che sulla scena fa vivere le illusioni come fanno i trucchi degli illusionisti e gli spettatori sono catturati da questa magia e fingono di credere, fino a quando dura la commedia, che gli avvenimenti narrati siano reali. Con La grande magia Eduardo c’introduce nella Cantata dei giorni dispari: i sogni della giovinezza si sono persi per la strada della vita , i trucchi e gli inganni delle vicende umane sono tutti scoperti e la vita presenta il conto con tute le sue amare illusioni.
Nel grande albergo Metropolitan, situato in una località termale e frequentato da ricchi borghesi, è stato ingaggiato il prestigiatore Otto Marvuglia che sbarca il lunario insieme alla moglie facendo spettacoli itineranti nei centri di villeggiatura, un illusionista filosofo che ama presentarsi come un grande mago, sfruttando trucchi dozzinali. Gli ospiti dell’hotel sono impegnati a fare pettegolezzi su Calogero Di Spelta che segue come un’ombra la bella moglie Marta, rendendosi ridicolo per la sua ossessiva gelosia. I suoi sospetti non sono infondati, perché è proprio Maria che spinge il suo amante a corrompere segretamente il mago per organizzare il trucco della sua sparizione, in modo che possa allontanarsi con lui, sfuggendo alla continua sorveglianza del marito. Il mago è soddisfatto non solo per i soldi presi, ma perché finalmente potrà organizzare la “grande magia” di far scomparire la donna e farla ricomparire dopo un breve intervallo di tempo, ma il trucco non riesce perché la moglie fedifraga è definitivamente scomparsa.
Per salvarsi il prestigiatore convince il marito che la donna non è sparita ma è rimasta rinchiusa in una scatola; aprirla senza avere fede nell’illusione significherebbe accettare la realtà del tradimento e vedere sparire la moglie per sempre; aprirle la scatola quando invece senza dubitare della fedeltà della donna comporterà il suo ritorno definitivo. Calogero Di Spelta, che tutti considerano ormai un pazzo, vive per quattro anni senza mai separarsi dalla scatola e senza aprirla, sempre assistito dal Mago Marvuglia, preferendo vivere nell’illusione che lei sia chiusa lì dentro e che sia rimasta fedele al suo amore. Quando la moglie Marta, abbandonata dal suo amante, decide di ritornare dal marito e prega Marvuglia di fingere di concludere l’esperimento iniziato durante lo spettacolo e di farla riapparire, ma il marito, ormai prigioniero della sua illusione, respinge la donna che per lui è diventata un’estranea, perché se fosse la vera Marta vorrebbe dire che la donna l’ha tradito e abbandonato. E’ meglio continuare a credere che sia ancora rinchiusa nella scatola del mago, sempre fedele e innamorata di suo marito, se la porterà sempre con sé perché, se la dovesse aprire, il suo mondo precipiterebbe nel nulla, mentre la terrà ben chiusa fino a quando non troverà “il suo tesoro ai piedi dell’arcobaleno”.
Nonostante la rivalutazione che ne fece Giorgio Strehler, quando nel 1985 la fece mettere in scena con successo da Eduardo al Piccolo Teatro di Milano, la commedia rimane una delle opere meno rappresentante del grande drammaturgo napoletano, è bene ha fatto Luca De Filippo a riproporla in questo momento storico nella stagione 2012/2013 con una coproduzione del Teatro Stabile dell’Umbria e della Compagnia di Teatro “Elledieffe”. Per questo spettacolo, che ha inaugurato la stagione di prosa 2013/2014 del Teatro delle Muse di Ancona, Luca ha scelto una regia tradizionale, ma puntuale ed efficace che rimane fedele al mondo eduardiano, avvalendosi delle belle scene e dei costumi di Raimonda Gaetani e di un cast di validi attori con lo stesso Luca nei panni del Mago, Massimo De Matteo, Nicola Pinto, Carolina Rosi, Gianni Cannavacciuolo.