La nascita del Cinema sonoro
di Emidio Saladini
18 Set 1990 - Approfondimenti cinema
Il cinema ebbe il battesimo ufficiale, a Parigi, la sera del 28 dicembre 1985. Ma nacque muto. Subito si pose il problema di sincronizzare suoni, parole e rumori con le immagini in movimento proiettate sullo schermo. Con l’invenzione del fonografo, la soluzione sembrava a portata di mano . Si presentarono invece difficoltà non facilmente superabili e, dei numerosi apparecchi realizzati nel trascorrere degli anni, nessuno uscì dal campo sperimentale, nessuno fu in grado di affrontare un’utilizzazione commerciale. Non esitò a tentare la prova, negli Stati Uniti, il noto inventore Thomas Edison.
Si cimentò poi in Francia, nel1890, Auguste Baron. Sempre in Francia, in occasione dell’esposizione di Parigi del 1900, furono presentati il “crhonophone” di Leon Gaumont e il “phone-cinema théatre” di Clement-Maurice Gratiulet e di Henri Livret. Quest’ultimo apparecchio aveva nel suo repertorio anche brani recitati dalla famosa attrice Sarah Bernardt. Esperimenti furono intrapresi in Inghilterra da Cecil Hpworth (che fondò nel 1909 la “VivaphonePictures”), in Germania da Oscar Messter, in Svezia da Paulsen e Magnussen, in Giappone dalla Yoschizawa Company. Nel 1919 l’americano Lee De Forest inziò a lavorare su di un progetto del tutto rivoluzionario, quello della sonorizzazione non su disco ma sulla stessa pellicola. Quattro anni dopo, nell’aprile del 1923, Lee De Forest mostrò, al “Cinema Rivoli” di New York, i risultati delle sue ricerche. Si trattava di una serie di cortometraggi (battezzati da Lee De Forest “phonofils”) comprendente, oltre a un breve film intitolato Love’s Old Sweet (La vecchia dolce canzone dell’amore), alcune interviste a note personalità (la più importante quella con Coolidge, presidente degli Stati Uniti) ed alcuni numeri musicali e di arte varia. I “phonofilms” di Lee De Forest, non ancora a punto e bisognosi di ulteriori ritocchi, ottennero scarsa attenzione da parte delle case cinematografiche di Hollywood. Furono i fratelli Warner a giocare la rischiosa carta del film sonoro. Nel 1925, acquistati i diritti su di un sistema di sincronizzazione su disco che la “Western Electric” aveva brevettato l’anno precedente, fondarono, sostenendo la spesa non indifferente di tre milioni di dollari, una casa cinematografica esclusivamente dedicata alla realizzazione di pellicole sonore. Il primo film messo in cantiere dalla “Vitaphone” fu Don Juan (Don Giovanni e Lucrezia Borgia) che, proiettato il 6 agosto 1926 al Warner Theatre” di New York, tenne il cartellone per sei mesi con un incasso di migliaia di dollari. Il film si avvaleva di numerosi effetti sonori (come il cozzare delle spade durante i duelli) e, novità davvero sensazionale, di un accompagnamento musicale interamente sincronizzato. La musica, composta da William Axt (artista di notevoli capacità professionali) era assai aderente alla vicenda che alternava intermezzi romantici ad avventurosi episodi di cappa e spada. William Axt aveva infatti compreso la qualità essenziale di una partitura cinematografica, quella cioè di inserirsi discretamente e umilmente nel contesto delle immagini senza travolgerle e sovrapporsi ad esse. Come protagonista era stato scelto uno dei grandi divi della scena americana, John Barrymure, a pieno agio nei panni dell’affascinante seduttore spagnolo. Al suo fianco Mary Astor, al felice esordio di una lunga e fortunata carriera. La regia fu affidata ad un abile mestierante, Alan Crosland, che ebbe la singolare ventura di entrare nella storia del cinema per avere diretto il primo film con partitura completamente sincronizzata (Don Juan) e il primo film interamente sonorizzato, comprendente cioè non solo l’accompagnamento musicale ma anche dialoghi e canzoni (The Jazz Singer). Insieme al Don Juan, la “Vitaphone” dei fratelli Warner, per dare dimostrazione dei progressi raggiunti, presenta anche dei cortometraggi musicali, tra cui uno dedicato al tenore Giovanni Martinelli (di origine padovana, fu scritturato nel 1923 dal “Metropolitan” di New York ove rimase fino al 1945) che cantava “Vesti la giubba” dai Pagliacci di Leoncavallo. L’esibizione di Martinelli ebbe grande successo. Non poteva essere altrimenti giacché, alla fine degli anni venti, sotto l’ondata incontenibile e trionfante della radio, tutta l’America stava dimostrando un crescente interesse per la musica, sia lirica che leggera, e i cantanti stavano superando in popolarità i divi del cinema. Per questo motivo il ruolo di protagonista del film sonoro, fu affidato ad Al Jolson, un cantante assai popolare. Al Jolson, di discendenza ebrea, aveva percorso i gradini di una eccezionale carriera. Debuttò, giovanissimo, insieme al fratello Henri. Fu poi scritturato dal Minstrel Show, il celebre spettacolo in cui gli attori si fingevano negri tingendosi la faccia di nerofumo. Quindi approdò definitivamente a Broadway dove, in pochi anni, divenne il re assoluto della commedia musicale. Fu interprete impareggiabile di Honeymoon Express (1913), Dancing Around (1914), Robinson Crusoè (1916), Simbad (1919), Bombo (1921), Big Boy (1925). Innumerevoli le canzoni da lui lanciate. Tra le più famose ricordiamo Sonny Boy, My Mammy, Swanee, California Here I Come, April Showers, Toot Toot Tootsie!, Alabany Bound, You Made Me Love You, Carolina in the Morning. L’ingresso nel mondo del cinema non risultò facile. Al Jolson diffidava delle apparecchiature sonore e temeva che un insuccesso avrebbe potuto danneggiare la sua immagine. A convincerlo furono un contratto da favola e il soggetto del film che, ricavato da un lavoro teatrale di Samson Raphaelson, treva ispirazione da alcuni episodi della vita dello stesso AL Jolson. Al si trasferì ad Hollywood e così, finalmente, iniziarono le riprese di The Jazz Singer (questo era il titolo della pellicola) sotto la direzione dell’esperto Alan Crosland. Con The Jazz Singer (Il cantante di Jazz, 1927) il cinema sonoro fece il passo decisivo, All’accompagnamento musicale eseguito da Louis Silvers, furono infatti aggiunte delle scene parlate e l’esecuzione di brani cantati. Il “parlato” era ridotto a ben poco: una frase che Al Jolson rivolgeva improvvisamente al pubblico (“Aspettate un momento, aspettate un momento, gente, non avete ancora sentito nulla!”) e un breve dialogo tra il protagonista e la madre. Maggiore spazio venne invece lasciato alle canzoni e furono esse, interpretate da Al Jolson con la sua consueta melodrammatica foga, ad accendere l’entusiasmo degli spettatori. Le canzoni erano cinque; My Mammy di Sam Lewis, Joe Young di Walter Davidson; Toot, Toot Tootsie! di Gus Kahn, Ernie Erdam di Dan Russo; Dirty Hands, Dirty Face di Edgar Leslie, Grant Clarke, Al Jolson; Blue Skies di Irving Berlin ( che diverrà, insieme ad un altro brano celebre di Berlin Bianco Natale, il cavallo di battaglia di Bing Crosby); Mother, Istill Have You di Al Jolson, Louis Sivers. A queste canzoni si aggiungeva il motivo ebraico Kol Nidre che Al Jolson intonava nella sinagoga. La trionfale accoglienza ricevuta da The Jazz Singer scatenò la corsa al sonora e la guerra dei brevetti. Giacché il metodo “Vitaphone” su disco era un’esclusiva della “Warner Bros”, le altre case cinematografiche di Hollywood ricorsero al sistema di sincronizzazione su pellicola che, sperimentata da Lee De Forest, aveva avuto ulteriori perfezionamenti da parte della “General Electric” e della “Fox Movietone” (quest’ultima già attiva sul mercato con una serie di “cine-giornali sonori”, uno dei quali, proiettato al “Cinema Corso” di Roma, presentava un discorso di Benito Mussolini). Ma due metodi diversi di sonorizzazione non potevano sussistere. Occorreva un sistema “standard” da applicarsi in tutte le sale. Si ricorse al giudizio di una commissione di tecnici che scelse la sincronizzazione su pellicola. La “Warner Bros” non perse tempo. Abbandonato il metodo su disco per quello su pellicola, si accinse a produrre un film, Light of New York interamente parlato. Lights of New York (Le luci di New York) ebbe la sua “prima” l’8 giugno 1928. Realizzato in fretta e, forse, senza un’adeguata preparazione tecnica, riscosse tiepidi consensi non solo per la sua brevità (meno di un’ora di proiezione) ma anche per la confezione piuttosto grossolana e per una recitazione incerta e filodrammatica determinata dal difficile impatto con i microfoni. Ben altra accoglienza ottenne invece il film successivo, The Singing Fool (Il cantante pazzo) che, lanciato nell’autunno dello stesso anno superò il successo e gli incassi di The Jazz Singer. Anche The Singing Fool ebbe come protagonista Al Jolson. Era destino che il suo nome continuasse a restare legato ad una pagina straordinaria della storia del cinema: quella dell’avvento del film sonoro.
(La foto è tratta da www.fanpage.it)