Pierpaolo Spollon prova a dire quel che non sa
di Elena Bartolucci
4 Dic 2024 - Commenti teatro
“Quel che provo dir non so” con Pierpaolo Spollon al Cineteatro La Perla di Montegranaro. Un piccolo vademecum autoironico per riconoscere tutte le emozioni umane dall’infanzia all’età adulta.
Montegranaro –Sabato 30 novembre, presso il Cineteatro La Perla del piccolo comune di Montegranaro (FM), è andato in scena lo spettacolo intitolato Quel che provo dir non so con Pierpaolo Spollon.
Il giovane attore, conosciuto soprattutto per il notevole successo derivato dalla serialità generalista come DOC – Nelle tue mani oppure Blanca, ha proposto un monologo sulla tematica delle emozioni in chiave leggera e divertente.
Dopo un breve siparietto con l’uso della voce registrata che di solito ricorda agli spettatori di spegnere i cellulari o effettuare riprese audio e video, il suo one man show prende inizio.
La voce fuori campo di Ugo Dighero gioca sul fatto che, a differenza del pubblico femminile, molti uomini non lo conoscono ancora così bene come attore e per questo lo cercano su Google, scoprendo che in realtà con il suo nome vengono fuori i risultati più disparati.
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Spollon fa il suo ingresso in teatro attraversando di corsa il corridoio della platea e conquista subito tutti i cittadini di Montegranaro presenti in sala facendo qualche freddura divertente sul piccolo borgo marchigiano.
Da tempo si è abituato a essere riconosciuto semplicemente come “Quello che lavora con Luca Argentero in DOC” e rompe subito il ghiaccio raccontando un piccolo aneddoto, non è stato riconosciuto al festival del cinema di Venezia, dove era stato invitato e l’equivoco di essere chiamato Cipollon anziché con il suo vero cognome lo ha mandato talmente in confusione da continuare in ogni caso per giorni a farsi chiamare in modo errato.
Proprio con questo espediente inizia la sua analisi di come le emozioni agiscono su di noi: il mondo emozionale è ancora un universo sconosciuto e si stanno ancora facendo numerosi studi in merito.
Sin dal mondo antico dei Greci si è cercato di analizzare a fondo questa tematica e ancora adesso può capitare che non sappiamo di provare certe emozioni perché non siamo in grado di identificarle o addirittura descriverle con una sola parola.
A tal proposito Spollon cita alcuni termini difficilissimi da pronunciare in altre lingue straniere come awumbuk (sensazione di vuoto che si può avvertire quando un ospite lascia la tua casa dopo averti fatto visita – termine usato in Papua Nuova Guinea), matutolypea (l’infelicità e il cattivo umore che scattano al suono della sveglia al mattino – termine greco) oppure kaukokaipu (nostalgia di un posto in cui non siamo mai stati – termine usato in Finlandia): ognuno di essi permette di identificare con precisione non soltanto una singola emozione ma addirittura uno stato emotivo ben più complesso.
Seguendo una sorta di linea temporale, Spollon condivide con il pubblico diversi espedienti personali per raccontare quali sono stati i sentimenti che ha imparato a conoscere per primi: l’imbarazzo (legato alle numerose foto scattate a tradimento quando era un semplice fanciullo agghindato con abiti variopinti e stravaganti nei primi anni Novanta), il rimorso (per aver rubato una macchinina a un suo amichetto e aver taciuto la verità su una marachella compiuta a 6 anni in campeggio) oppure l’apprensione (trasmessa grazie all’imprinting emozionale dei genitori ossia la madre Gianna – detta la Gigia, donna tutta d’un pezzo che lavora come segretaria dell’Esercito Italiano – e il padre Lucio, commissario della questura di Padova rigoroso e di poche parole).
In età adulta ha poi ammesso di aver imparato grazie all’arte, ai libri, al cinema e alla musica a saper riconoscere certe emozioni. Brani quali La canzone dell’amor perduto di De André o Vita spericolata di Vasco Rossi sono alcuni esempi di testi che gli hanno fatto capire come descrivere e capire a fondo determinati sentimenti in modo da poter prendere le decisioni giuste.
Procedendo verso la fine dello spettacolo, Spollon ha poi regalato due momenti più intimi.
Con il primo ha tentato di dimostrare in modo simpatico (leggendo alcuni scambi piccanti di messaggi con una fan) come la tecnologia abbia permesso di schermare completamente le emozioni, anestetizzando i contenuti dei testi a causa dell’abuso di emoticon e di un’estraniazione totale dal percepire la vera realtà delle cose.
Con il secondo momento, invece, ha puntato a toccare corde più sensibili facendo riferimento al sentimento della paura in qualità di padre quando, a causa della stanchezza e lo stress per il troppo lavoro, ha perso di vista le priorità del figlio che piangeva ininterrottamente.
Suggestivo l’ambiente minimal della scenografia, arricchita solo con cubi luminosi e barre a LED con un enorme video wall che proietta interessanti infografiche a lato del palco che danno movimento all’intero racconto.
Molto ruffiana la scelta di giocare con la voce preregistrata di Luca Argentero che fa brevi incursioni tra un momento e l’altro, ma in linea generale la struttura narrativa scorre in modo abbastanza coinvolgente (anche se a tratti risulta un po’ ripetitiva), adoperando un linguaggio semplice e intuitivo per ogni fascia di età. Ottimo in ogni caso il messaggio di fondo che le emozioni appartengono a ciascuno di noi ma non bisogna mai dimenticarsi che si riversano anche sugli altri.
Nonostante l’evidente stanchezza a fine spettacolo (ha infatti dichiarato di essere sotto cortisone e non essere al 100% delle sue forze), il monologhista si è comunque concesso alle numerose fan che lo hanno atteso a fine spettacolo regalando abbracci, selfie e autografi. Lo spettacolo, scritto da Pierpaolo Spollon con Matteo Monforte e messo in scena con la regia di Mauro Lamanna per Stefano Francioni Produzioni, è stato proposto dal Comune di Montegranaro e AMAT con il contributo di Regione Marche e MiC.