“Absolute Music” alla “Biennale Musica” di Venezia


di Andrea Zepponi

9 Ott 2024 - Approfondimenti classica, Commenti classica

Un momento della Biennale Musica di Venezia: nella sezione Poliphonies i concerti al Teatro alle Tese del 6 ottobre 2024 con l’esordio della pianista Mariangela Vacatello in KINDERSZENEN di Marco Momi.

(Foto: Courtesy La Biennale di Venezia ph. Andrea Avezzù)

WDR Sinfonieorchester, pianoforte Mariangela Vacatello

La Biennale Musica di Venezia è un incantevole mare magnum solcando il quale si incontrano isole meravigliose e ci si accorge che il viaggio sulle sue onde è pieno di ricchezze e di sorprese. Questa stupefacente navigazione, nondimeno inquietante, nella musica contemporanea, prende quest’anno il titolo di Absolute Music ed è stata programmata dal 26 settembre all’11 ottobre 2024 con sede privilegiata all’Arsenale di Venezia: in questo periodo stanno susseguendosi innumerevoli espressioni della sua varietà e attualità. Come illustra la introduzione di Pietrangelo Buttafuoco, Presidente della Biennale di Venezia, il titolo conferito intende segnare un “ritorno alla forma pura scevra di riferimenti a testi immagini o legami con altri linguaggi” e per la stessa Lucia Ronchetti, Direttore Artistico del Settore Musica della Biennale di Venezia, tutto l’evento è dedicato al concetto di musica assoluta evidenziandone l’attualità attraverso importanti lavori commissionati ai più originali compositori attivi sulla scena mondiale. “Musica assoluta” è appunto la fortunata definizione wagneriana che nel tempo assunse un significato opposto a quello inteso dal grande musicista nel 1846. E per Richard Wagner il solo pensare di poter scindere significante e significato, forma e contenuto, risulta una vera e propria eresia nell’accezione assunta come premessa nel 68º Festival Internazionale di Musica Contemporanea 2024: la musica è assoluta in quanto suono slegato da ogni altro nesso, immagine o ricordo.

Nei sedici giorni di concerti ed eventi teorici, il Festival mette in evidenza il significato della musica quale linguaggio autonomo e lo statuto ontologico del suono, mostrando lo stato dell’arte di questa disciplina alchemica e coinvolgente, entra a gamba tesa nel laboratorio dei compositori, degli interpreti più rigorosi e inventivi che elaborano partiture, programmi, codici e performance, senza alcun riferimento extra-musicale e ovviamente senza riferimenti visivi.

WDR Sinfonieorchester

Il festival presenta una sezione teorica articolata con conferenze, incontri, tavole rotonde e lezioni di musica in collaborazioni con l’archivio storico delle arti contemporanee della biennale di Venezia, per indagare gli aspetti speculativi del linguaggio musicale, il rapporto tra tempo musicale e fenomenologia dell’ascolto, le questioni cognitive ed ermeneutiche della produzione e della fruizione di musica nuova, il problema filosofico fondamentale del significato della musica e della sua essenza linguistica e comunicativa. Ancora: il termine ‘musica assoluta’ coniato da Wagner nel 1846, per sottolineare come l’idea di un’opera d’arte completamente slegata dal mondo circostante fosse per lui inconcepibile, fu ripreso da molti teorici proprio per esaltare la concezione della musica quale linguaggio di pure forme che evolvono nel tempo a partire dal trattato Vom Musicalisch-Schönen (Del bello musicale) di Eduard Hanslick pubblicato nel 1854, primo di una prodigiosa serie di contributi filosofici e musicologici sull’argomento come quelli di Carl Dahlhaus, Mark Evan Bonds, Peter Kivy e Sarah Collins. Arnold Schönberg in un saggio del 1912 dal titolo Das Verhältnis Text (Il rapporto con il testo) sostiene che le persone in grado di comprendere ciò che la musica ha da dire in termini puramente musicali sono relativamente poche e Igor’ Stravinskij nella conferenza Quelques confidences (Qualche confidenza sulla musica, 1935) aggiunge: “Perché non ammettere che la MUSICA ha un valore intrinseco, indipendente dai sentimenti o dalle immagini che può evocare per analogia? La musica non ha bisogno di aiuto. È sufficiente a se stessa. Non cercate in essa altro oltre a ciò che già contiene.” La musica – ci dice la Ronchetti – è un’arte che si conclude in sé, in rapporto diretto con lo spirito che non abbisogna di nulla se non della verità di chi compone, esegue, fruisce. Spogliata di similitudini, associazioni, contenuti, narrazioni resta solo l’essenziale cioè l’assoluto. Tra le arti è la sola in grado di fluttuare nell’etere, di infrangere le categorie di spazio e tempo. Invisibile come tutto ciò che è sacro. Ieratica stella fissa dell’umanità. Strumento meditativo di elevazione e purificazione.

Il quadriennio di Ronchetti si chiude con una programmazione di altissimo livello che si distingue per la raffinatezza delle sezioni individuate: POLYPHONIES, ASSOLO, LISTENING/HEARING, SOUND STRUCTURES, ABSOLUTE JAZZ, COUNTERPOINTS, SOLO ELECTRONICS, PURE VOICES, MUSICA RESERVATA. A queste fanno capo concerti rappresentativi con nomi astrali della musica contemporanea che in questa sede sarebbe impossibile elencare, dislocati in luoghi notevoli del teatro lagunare veneziano. Un incredibile viaggio al limite stesso della musica dove per esempio l’improvvisazione jazz trova remote assonanze nella Venezia del ‘500 con la pratica del contrappunto alla mente; sempre a Venezia nei luoghi del dolore presso gli ospedali dei Derelitti degli Incurabili dei Mendicanti e della Pietà scopriamo fiorire la musica pura strumentale; e ancora a Venezia, nella basilica di San Marco in una compresenza temporale, si mettono a confronto ben tre Stabat mater, quello di Lisa Streich, di Palestrina e di Giovanni Croce. La ricerca non è quindi solo rivolta alla contemporaneità, ma intende saggiare le vette di musica pura presenti dei monumenti del passato.

Il Direttore Ilan Volkov

Il momento della Biennale Musica di Venezia cui ho assistito il 6 ottobre al Teatro alle Tese dell’Arsenale di Venezia apparteneva alla sezione Poliphonies e comprendeva le composizioni insiemistiche di Marco Momi (1978) di Beat Furrer (1954) e di  Bert Alois Zimmermann (1918-1970) al Teatro alle Tese, alle ore 20, con l’esordio della pianista Mariangela Vacatello nel primo brano di Momi, dal titolo KINDERSZENEN,2024) della durata di 32’, per pianoforte, elettronica e orchestra: gli altri due, quello di Furrer aveva come titolo KONZERT,2020 (17’) per violino e orchestra con Noa Wildschut al violino e il terzo SINFONIE IN EINEM SATZ, 1951 Rev. 1953 (15’) per orchestra con sul podio il Mº Ilan Volkov. La WDR Sinfonieorchester si avvaleva dell’Ircam computer music design Serge Lemouton

Violino: Noa Wildshut

Lascio commentare allo stesso compositore Marco Momi il concetto chiave dal brano Kinderszenen commissionato da La Biennale di Venezia, Patron’s Françoise et Jean-Philippe Billarant e Milano Musica: in testa è la citazione tratta dall’opera di Cristina Campo, Gli imperdonabili ‘[…] sta indicando al fanciullo una meta: non già il proprio passato, ma il suo futuro, il futuro della sua memoria di adulto.’ Kinderszenen è un titolo rubato a Robert Schumann, questo furto sfacciato non si limita al suo titolo. Comporre delle ‘reminiscenze per adulti da parte di un adulto’ (così Schumann descrive la sua raccolta di brani per pianoforte) è un’attitudine dello scrivere del tutto particolare che forse a guardar bene va ben oltre il capolavoro schumanniano in sé. È possibile che sia un invito. È probabile che si tratti di un esercizio del sentire da praticare ancora e ancora nello scrivere empatico. Guardare il mondo con gli occhi dei bambini – ricordare il nostro essere stati, riappropriarsi e far rivivere quel peculiare modo di e coabitare il tempo – è un gesto di adulta di educazione sensibile. Del resto, il tempo quotidiano di molti di noi esprime con crescente chiarezza dei sintomi da infanzia del mondo: la scoperta sociale delle nuove consapevolezze (sessuali ambientali o relazionali che siano) ci fotografa in una nuova condizione evolutiva. E quanto divertimento c’è nel giocare […] tanto residualmente post-moderni quanto elementari nel soddisfare l’appetito ludico di ironica e in revisioni del passato!). Le grandi narrazioni che ritenevano di poter sovrapporre al mondo modello d’ordine, non sono più esemplari fanno parte degli oggetti di culto da oltraggiare o celebrare, tra figurine di calciatori e feticci di archeologia tecnologica a cui abbiamo probabilmente creduto. Rimangono forti racconti dei nonni ai nipoti. La loro voce augurale di cui parla Cristina Campo nel passo citato sarà loro preziosa memoria. Guerre che iniziano con la facilità dei giochi da tavolo e migrazioni dalla prima età dei popoli si impongono nell’agenda di una politica bambina, e molti vedono per la prima volta il mare nello stesso momento nel quale incontrano la morte. È con lieve verità che il loro chiaro e inconsapevole sguardo può permettersi di cogliere senza presunzione di complessità, che si muove in questo brano un pianoforte amplificato. Dal passo ingenuo e aperto alla meraviglia, i suoi gesti – anche i più fragili ed elementari – entrano nelle trame dell’antieroica orchestra che gli sta dietro e che lo accompagna nella avventura della scoperta. Tutto intorno i mondi elettronici di un possibile viaggio d’infanzia. Una testimonianza raccontata di fiaba. Una memoria dell’oggi, di cosa rimarrà delle sincronie estreme, dei paesaggi subiti, dello smarrimento e dello stordimento che attraversa che attraverso il tono del ricordo ci guarda negli occhi e ci inchioda al presente.”.

WDR Sinfonieorchester, pianoforte Mariangela Vacatello

A di là di quanto il testo, affabulando, sembri agganciare a tale narrazione descrittiva o descrizione narrativa che dir si voglia ciò che viene posto programmaticamente e per statuto ontologico del suono come “musica pura”, scevra da qualsiasi riferimento extramusicale, il primo brano ha visto il Mº Vacatello alle prese con un pianoforte gran coda amplificato e suonato con opportune modalità richiedenti alla esecutrice di fungere con le proprie mani da smorzatrice dei suoni conferendo loro una patina carnea, con effetti di velato ottundimento a qualsiasi altezza, oppure di pizzicare le corde direttamente nella loro sede della cassa armonica evitando la percussione del martelletto; sul tessuto orchestrale sovrastavano inserti registrati con evocazioni diegetiche, situazionali (risate di bambini, sciacquio di una marina) che dirottavano la percezione musicale verso un coté narrativo, al limite dello storico. L’impressione del virtuosismo della Vacatello e della compagine delle percussioni, persino battente sacchi di nylon, aveva però la meglio sul tentativo di imbrigliare il discorso musicale verso un percorso di quel tipo. Le percussioni, protagoniste assolute della musica contemporanea, anche in questo caso agivano in contrappunto ritmico inafferrabile (colpi di archetto sui contrabbassi, ticchettii indotti da arcane presenze digitalizzate) che induceva lo spettatore-ascoltatore a non formularsi nessuna immagine indotta dallo schermo sonoro, a non concedersi nessun miraggio poi contraddetto e vanificato dalla ipersemanticità musicale, piuttosto a immergersi nell’infinito gioco variegato e autosignificante di un’orchestra trasfigurata dagli usi “impropri” degli strumenti (si soffiava sulle corde di viole e violini) sempre più suggestivi e conturbanti.

Il Mº Vacatello ha avuto comunque modo di esibire il proprio rigore esecutivo nella gestualità e tempestività eleganti degli attacchi-stacchi essenziali in questa pratica percussiva della musica odierna. Quanto richiesto dall’autore che evidentemente non ha rinunciato alla centralità del pianoforte, è stato esaudito e pienamente onorato.

WDR Sinfonieorchester e direttore Ilan Volkov

Quanto al secondo brano Konzert credo sia inderogabile esporre quanto lo stesso autore Furrer ha espresso: “Dalle altezze più elevate, la melodia del violino solista di scendere lentamente nel registro grave, quasi parlando, incrociando l’orchestra che scende lentamente dagli abissi glissando, per minimi gradi fino ad arrestarsi bruscamente. Mentre prima l’orchestra inteso come uno spazio di risonanza dello strumento solista, ora ne diventa una controparte parlante. Lo spazio dello strumento solista si estende, per sfumature graduali, dal canto al parlato o dal parlato al cantato, da suoni creaturali simili al parlato a melodie cantabili stilizzate, cosicché l’orchestra potrebbe essere descritta come la camera di risonanza del violino solista e poi di nuovo come la sua controparte parlante. Al concetto armonico di transizione continua per i minimi lidi, di passaggi graduali di costellazioni di armonici, di dettagli di spettri sonori su sequenze di toniche immaginarie- dalla singola linea all’accordo denso o al cluster, così come una luce costante si trasforma in sequenze lineari fluttuanti, che, filtrate appaiono gesti parlanti. Queste contrappongono al principio armonico, un principio lineare, la dissonanza strutturale crea e allo stesso tempo unisce la dimensione orizzontale a quella verticale. La questione di cosa sia una melodia come si colleghi a una concezione armonica, come molte altre, devono essere sempre formulate di nuovo.”.

In questo caso non poteva sfuggire all’occhio e all’orecchio la esibizione della solista di violino alle prese con un approccio insolito dello strumento che ha trasceso le sue possibilità espressive usuali. Il M° Wildschut non ha lesinato tutte le risorse attuali di sfruttamento sonoro dell’arco e delle corde per una rivisitazione del concerto per violino e orchestra. Grande successo per la solista.

Violino: Noa Wildshut

Infine, la Sinfonie in einem Satz diBernd Alois Zimmermann riporta lo sguardo alla generazione di mezzo cui appartennero due compositori non insensibili al metodo dodecafonico soprattutto dopo la fine della Seconda guerra mondiale, Fortner e Hartman non lontani dal metodo dodecafonico e così abili nel fondere elementi disparati della tradizione novecentesca: neoclassicismo stravinskiano e dodecafonia di ortodossia schömberghiana.  

Scritta nel 1951 e rivista nel 1953, la sinfonia oscilla, secondo le parole del compositore “in ampi archi tra la minaccia apocalittica e il naufragare mistico”. In questo lavoro si manifesta il carattere essenziale della musica di Zimmerman, vale a dire la ricerca di un principio musicale unitario, in grado di uniformare l’intera struttura, dal dettaglio minuto alla forma generale. La serie dodecafonica su cui si basa la Sinfonie ha una funzione tematica nello spirito dei processi compositivi di Arnold Schönberg o Alban Berg. Anche se Zimmerman, in seguito allentato il rigore tematico della serie a favore di una selezione meno vincolante del materiale musicale, alla ricerca di una gestualità seriale più libera e marcata, l’intensità espressiva della Sinfonie in einem Satz rimane un tratto caratteristico del suo stile che accompagna l’intera sua produzione. L’effetto della esecuzione non poteva che suscitare un intenso consenso ed entusiasmo per un sinfonismo che guarda ancora al concerto classico e agli epigoni del ‘900.

Non ultime le considerazioni sulle modalità di ascolto e di fruizione delle manifestazioni di Absolute Music scaturiscono dalla concezione della musica tramontata come arte effimera fatta di suoni che svaniscono definitivamente grazie alla possibilità di registrare, analizzare e visualizzare lo spettro sonoro. La stessa visione lineare dell’ascolto è stata messa in discussione da una nuova interpretazione atomistica in grado di rappresentare e studiare gli stati caotici del materiale sonoro aldilà della natura temporale cronologica del flusso performativo. Il repertorio generato dalle diverse forme di creatività musicale in ambito di musica assoluta include attualmente ambiti compositivi e performativi estremamente diversificati. Alla tradizione di matrice europea della musica contemporanea scritta, fondata sullo sviluppo della musica come disciplina autonoma, si aggiunge l’immenso repertorio dell’elettronica e quello generato dalle prassi improvvisative testimoniate da tecniche di registrazione sempre più sofisticate.

WDR Sinfonieorchester, pianoforte Mariangela Vacatello

Nell’ambito del festival Absolut Music vengono presentati importanti protagonisti della scena globale elettronica e digitale attuale oltre a performer e improvvisatori attivi nell’ambito del jazz sperimentale, mettendo in evidenza i processi di trattamenti digitali che permeano ogni aspetto della creazione, produzione, performance, distribuzione e ricezione musicale dell’oggi.

Non a caso ciò avviene a Venezia dove la “musica assoluta, sperimentazione musicale e ricerca organologica” era di casa nel Cinquecento quando si è generato un laboratorio di ricerca compositiva unico nella storia della musica, nello sviluppo di diverse prassi improvvisative e un repertorio strumentale formato da partiture stampate. Andrea e Giovanni Gabrieli, Girolamo Parabosco, Claudio Merulo sono alcuni dei più importanti compositori che a Venezia hanno lavorato sulle forme strumentali della musica per tastiera attraverso la prassi altrettanto improvvisativa del cosiddetto “contrappunto alla mente”. Nello stesso periodo si realizzano importanti innovazioni organologiche nella sperimentazione di diversi sistemi di intonazione come testimoniato dal trattato Le istituzioni armoniche pubblicato a Venezia nel 1558 da Gioseffo Zarlino e dalla costruzione di strumenti quali il clavemusicum omnitonum con la divisione dell’ottava in 31 toni e l’arciorgano a 36 toni teorizzato da Nicola Vicentino. Nell’ambito della ricerca per strumenti ad arco un altro grande compositore veneziano, Antonio Caldara, violoncellista e cantore di San Marco, ha sviluppato un linguaggio tecnico virtuosistico che prepara i capolavori di musica assoluta strumentale del Settecento veneziano. Le Sonate a tre, Op. II (1734) di Benedetto Marcello sono un esempio di musica speculativa affidata alle texture medio gravi degli strumenti ad arco il linguaggio intenso e meditativo del lavoro, raffinato esercizio di scultura acustica, rappresenta uno specchio ascetico della straordinaria costruzione di architetture sonore realizzata nel 1711 da Antonio Vivaldi nella sua raccolta di musica pura strumentale l’Estro armonico, opera sintomatica della ricerca esecutiva e compositiva che era praticata a Venezia nei quattro famosi ospedali: i Derelitti, gli Incurabili, i Mendicanti e la Pietà. L’Estro armonico racchiude la nascita di un modello divenuto universale e la sua stessa evoluzione, presenta un’ampia gamma di soluzioni formali fondamentali.

Un patrimonio eccelso di cui Absolute Music si impegna a studiare e ripristinare come fonte privilegiata di modelli funzionali per una rinnovata concezione compositiva e trasformazionale.

Mariangela Vacatello, Marco Momi e Ilan Volkov

INFO BIENNALE MUSICA 2024

https://www.labiennale.org/it/musica/2024

Per la biografia e il curriculum di Mariangela Vacatello: Home – Mariangela Vacatello – Italian Pianist

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