Festival Verdi, al Teatro di Bussetto il Ballo in maschera è affidato ai giovani


di Alma Torretta

30 Set 2024 - Commenti classica

Nell’ambito del Festival Verdi di Parma, per “Un Ballo in maschera”, al Teatro Verdi di Busseto, si è puntato sui giovani talenti, in tutti i reparti. Discutibile l’efficacia della messa in scena ad accompagnare la parte musicale che si gode invece appieno.

(Foto Roberto Ricci)

Per il secondo titolo dell’edizione di quest’anno del Festival Verdi, il Teatro Regio di Parma ha deciso di puntare in pieno sui giovani talenti, non affiancandoli ad artisti già affermati e d’esperienza ma affidandogli per intero la nuova produzione, se ci eccettua la presenza dell’infaticabile maestro Martino Faggiani che sempre ottimamente prepara il Coro di Parma.

Sul podio del Teatro Verdi di Busseto il maestro Fabio Biondi ha diretto per la prima volta Un Ballo in maschera a capo dell’Orchestra giovanile italiana di Fiesole, l’allestimento è stato affidato a Daniele Meneghini già con alcune importanti esperienze registiche, e a cantare molti allievi od ex allievi dell’Accademia Verdiana di perfezionamento.

La sera della prima ad accogliere il pubblico davanti al teatro anche delle piacevoli danze in costume ottocentesco che hanno reso ancora più romantico l’ingresso nella piccola, deliziosa sala e la prima immagine che accompagna il preludio è un poetico palloncino solitario, quel che resta di un momento di gioia.

Non appena si apre il sipario si scopre, infatti, un’ambientazione di festa in costume, e scostumata, con il Conte Riccardo travestito da donna e i suoi dipendenti e amici pure truccati e acconciati nei modi più vari, dallo smoking alle tenute dei pirati dei Caraibi, intenti a godersi la vita il più possibile. Insomma, il ballo in maschera non è solo alla fine dell’opera, come prevede il libretto di Antonio Somma il cui italiano forbito si nota ancora di più di fronte ad un visuale volutamente spinto all’eccesso da Meneghini. Il regista si è ispirato anche alla figura del re Gustavo III di Svezia protagonista del libretto originario di Eugène Scribe, “Gustave III ou Le balmasqué”, musicato da Auber, che gli italiani avevano dovuto trasformare nell’inglese Conte Riccardo, Governatore di Boston, per non avere problemi con la censura.

Le scene di Davide Signorini e i costumi di Nika Campisi sono coerenti con una tale chiave di lettura, e i loro ideatori mescolano epoche e stili in un allestimento scenico che viene un po’ adattato, ma di base resta essenzialmente lo stesso, con una crescente presenza di teschi e con qualche problema di sovraccarico visuale nel piccolo palcoscenico di Bussetto.

Discutibile l’efficacia di una tale messa in scena ad accompagnare la parte musicale che si gode invece sicuramente appieno quando il Conte Riccardo si toglie i travestimenti ed è solo davanti ad un fondale nero a meditare sulla sua sorte, la poesia delicata del palloncino iniziale ritorna. Riccardo è il tenore Giovanni Sala, bravissimo, bella voce e già ottimo interprete, applaudito meritatamente con convinzione dal pubblico, che si alternerà a Davide Tuscano.

L’amata Amelia, ruolo impegnativo, è affidata al bravo soprano Caterina Marchesini, anche la sua è una bella voce, tutte le voci del cast lo sono, ma deve ancora perfezionare un po’ di più l’interpretazione per renderla più interiorizzata e naturale, si alternerà con Ilaria Alida Quilico.

Si fa notare poi il timbro un po’ scuro e ben sonoro del baritono Lodovico Filippo Ravizza, già con la necessaria maturità espressiva per impersonare Renato, marito di Amelia e migliore amico di Riccardo, si alternerà con il coreano Hae Kang.

La veggente Ulrica, qui in abito dalla foggia un po’ elisabettiana, è il mezzosoprano pure coreano Danbi Lee, credibile nella parte malgrado la giovane età, uno dei personaggi più riusciti pur nella bizzarria del suo aspetto.

Brava anche il soprano Licia Piermatteo che interpreta en travesti il paggio Oscar e che, con la sua voce squillante e sicura, riesce a ben fare emergere il personaggio.

Molto attento ai giovani cantanti è apparso il maestro Biondi che ha guidato l’orchestra, in organico ridotto per ragioni di spazio, in modo da renderla pure ben protagonista, a volte anche fin troppo forte, con colori netti e dinamiche il più possibili pulite e rispondenti alla complessità della partitura.

In coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna e la Fondazione Rete Lirica delle Marche.

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