La Metacosa di Tonelli alla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno


di Flavia Orsati

30 Set 2024 - Arti Visive

Abbiamo visitato, presso la Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, la Mostra “Giorgio Tonelli e la Metacosa”, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi.

Ho raccolto polveri sottili e pigmenti impalpabili. 
Questo ho messo nella scatola dei colori. 
La mia voglia infinita.
 La mia nostalgia struggente. 
La mia estraneità sostanziale.
Giorgio Tonelli
Giudecca, pastello su carta, 30×25 cm, 2015

Nelle raffinate stanze della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, a Piazza Arringo, venti pastelli su carta dell’artista Giorgio Tonelli, nella mostra “Giorgio Tonelli e la Metacosa”. La mostra si inscrive nella rassegna La Milanesiana, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, dopo una mostra simile dedicata, tre anni fa, a Gianfranco Ferroni.

Giorgio Tonelli, allievo proprio di Ferroni, è stato tra gli animatori del movimento della Metacosa; egli ambienta gran parte delle sue opere in milieu quotidiani, spesso cittadini, caricandoli, però, di un’atmosfera straniante, colma di inquietudine e malinconia, che suscita nell’osservatore un senso indefinito di attesa, di qualcosa che, probabilmente, non arriverà mai.

Imbrunire, pastello su carta, 18,5×36,8 cm, 2016

Nelle opere di Tonelli, la presenza umana è esclusa. Le sue sono periferie abbandonate, di una metafisica ormai immersa nell’immaginario contemporaneo, tra enigmatici edifici e stabilimenti abbandonati, che non sono più città perfette rinascimentali, ma stranianti eterotopie cariche di un’anima che le ha attraversate e che sembra, ormai, averle abbandonate per sempre, lasciandone solo le vestigia a monito di qualcosa che fu.

Come già nella mostra dedicata a Ferroni, si intesse un dialogo tra i disegni di Tonelli e le opere della civica pinacoteca ascolana, che spaziano dal Medioevo fino all’Età Moderna. L’effetto è straniante: alcune delle vedute – ed è anche esplicito in un titolo – sembrano omaggi ai luoghi industriali di Mario Sironi ed al silenzio del realismo americano di Edward Hopper.

Improvvisamente alla Giudecca, pastello su carta, 20,4×29,6 cm, 2019

Ecco che, allora, le ciminiere delle grigie metropoli odierne sono avvolte da un silenzio siderale, su cui, tuttavia, troneggia ancora, immutata, la luna, l’astro a cui, da sempre, poeti e pittori si rivolgono per avere consolazione dalle brutture del nostro mondo. Il buio, l’avvento della luce lunare argentea che irradia il cemento, tuttavia, non ha più alcun afflato consolatorio; l’uomo è quasi espulso, cacciato, come un moderno Adamo, da un mondo privo, però, di grazia, da cui si sente estraneo.

Omaggio a Sironi, pastello su carta, 27×20,8 cm, 2021

Il senso che scaturisce è di inevitabile nostalgia: per qualcosa di perduto, per una lirica da ritrovare, che, Tonelli ci suggerisce, alberga anche nelle vetrine di un negozio del Sud Dakota, di un caseggiato sulla Giudecca o nelle imposte chiuse di una casa urbana, ormai abbandonata. Si tratta di un universo, ormai, scabro ed essenziale, privo di qualsiasi orpello retorico, in cui le forme sono geometriche e basiche, il cielo è privo di nuvole che lo increspino, la luce netta e decisa, la cromaticità definita, quasi irriverente, ad annullare ogni contrasto con l’ombra e con ciò che ne può derivare.

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