All’Opéra Comique di Parigi un divertente e poetico “Domino Noir”


di Alma Torretta

25 Set 2024 - Commenti classica

Ancora grande successo per l’allestimento di Valérie Lesort et Christian Hecq del “Domino Noir” di Daniel Auber all’Opéra-Comique di Parigi. Raffinata direzione di Louis Langrée. Perfetti nei ruoli principali Cyrille Dubois e Anne-Catherine Gillet.

(Foto di Stefan Brion)

Se oggi la maggior parte di noi quando parla di Domino intende il gioco da tavolo che si fa con le tessere bianche e nere, questo termine indica pure la cappa nera con cappuccio che una volta si indossava per uscire senza essere riconosciuti, in particolare lo avevano adottato le dame ed era tipico del periodo carnevalesco.

Sono proprio delle tessere del moderno domino che danno il benvenuto agli spettatori all’inizio dello spettacolo, per cedere subito la scena ad un altro gioco nello stile dell’opéra comique, quindi, con l’alternarsi di dialoghi parlati e di parti cantate, all’inseguimento di una misteriosa dama che si cela dietro una cappa nera, un domino appunto.

Creato proprio per l’Opéra-Comique di Parigi il 2 dicembre 1837, con la musica di Daniel Auber che aveva ottenuto un successo trionfale nel 1828 con La muette de Portici, il primo grand opéra francese ad argomento storico, anche il Domino nero riscuoterà un successo enorme ed è oggi tra i dieci titoli più rappresentati dell’Opéra Comique, anche se nel Novecento è stato, come altri lavori del genere, un po’ dimenticato.

Invece una messa in scena intelligente ed ispirata, dall’ironia elegante, con trovate un po’ folli ma poetiche, come quella della coppia Valérie Lesort et Christian Hecq, ne dimostra tutta la vitalità ancora oggi.

Il libretto del grande Eugène Scribe ha necessitato solo qualche “alleggerimento” e, se nella versione originale il primo atto si svolge in una stanza accanto al grande salone dove è in corso un ballo in maschera, ballo che non si vedeva, perché al tempo della prima rappresentazione l’Opéra Comique non aveva ballerini nel suo organico, invece i registi qui hanno voluto farlo intravedere: cosi quando si apre la porta si sente musica da discoteca, ovviamente non d’epoca, e i danzatori si vedono attraverso il grande orologio trasparente che domina la scena e che avrà un ruolo fondamentale nell’intreccio.

L’allestimento è quello creato nel 2018 in coproduzione con l’Opéra Royal de Wallonie Liége e non ha preso una ruga. Siamo a Madrid la Vigilia di Natale ed il nobile Horace spera di rivedere una bella dama mascherata che ha incontrato qui l’anno prima, non sa chi sia e non è riuscita a ritrovarla. Si tratta di Angèle, nipote della regina, destinata a prendere i voti e diventare badessa, ma questo si scoprirà alla fine, all’inizio appare come una dama in incognito che vuole profittare un po’ dei divertimenti della vita.

Il successo dello spettacolo è molto dovuto alla bravura dei due interpreti principali: il tenore Cyrille Dubois è Horace, dal poetico cappello fiorito, tanto dolce quanto appassionato e testardo nel ritrovare la sua bella; e poi c’è Angèle, interpretata dal soprano Anne-Catherine Gillet, a suo agio in tutti i travestimenti. Entrambe due belle voci e perfetti per la parte, in cui già avevano brillato nelle precedenti produzioni.

Le scene sono di Laurent Peduzzi, divertentissimi e molto belli i costumi di Vanessa Sannino: tra quelli del ballo in maschera si fanno notare l’istrice ed il pavone, che corrispondono alla personalità dei rispettivi personaggi, l’inglese Lord Elfort interpretato dall’attore Laurent Montel e il Conte Juliano, parte affidata al tenore Léo Vermot-Desroches.

Molto riuscito anche il costume di Brigitte, l’amica di Angèle, travestita da delicata mimosa, interpretata dal mezzo Victoire Bunel.

E divertentissimi anche la cameriera e il guardiano, Jacinthe e Gil, interpretai dal mezzo Marie Lenormand e dal baritono-basso Jean-Fernand Setti, la prima artificialmente ingrassata con esagerate imbottiture, il secondo naturalmente molto alto, entrambi pure molto disinvolti nelle loro parti e applauditi con calore.

I due registi amano anche utilizzare pupazzi nei loro allestimenti e qui, ad esempio, c’è un delizioso maialino arrosto animato, così come prendono vita le statue del convento, e sono tanto carine pure le monache con i loro svolazzanti copricapi.

Ciliegina sulla torta di una tale riuscita produzione, la raffinata direzione di Louis Langrée, che dell’Opéra Comique è anche il direttore, e che guida la brava Orchestre de Chambre de Paris con gesto elegantissimo e con la vivacità necessaria. Certo oggi alcuni temi spagnoli, come la famosa danza aragonese del secondo tempo, la cachucha, danzata con le nacchere non ci entusiasmano più come un tempo, ma la partitura resta complessivamente assai piacevole da ascoltare, e se la messa in scena è riuscita, come in questo caso, il gioco è fatto.

Sino al 28 settembre.

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