CIVITANOVADANZA continua a stupire… ma solo per pochi


di Elena Bartolucci

17 Lug 2024 - Commenti danza

L’interessante e consolidata maratona di danza che prevede tre spettacoli in uno, “Festival nel Festival”, ha presentato, per Civitanovadanza, due progetti in residenza e “Le Sacre du Printemps”, non del tutto convincente.

Ti ricordi il futuro? (foto di Nicolò Brunelli)

Civitanova Marche – Sabato 13 luglio, è andato in scena il Festival nel festival della XXXI edizione di Civitanovadanza, maratona che da anni contraddistingue la sua forte progettualità nonché la ricerca di profili di alto livello che ogni anno riescono a stupire il pubblico (purtroppo in calo rispetto alle scorse edizioni) nel bene e nel male.

Come nelle scorse annate, la formula prevede tre spettacoli itineranti in uno. Si parte con TI RICORDI IL FUTURO? al Teatro Cecchetti, presentato in forma di cantiere aperto al termine di una residenza di allestimento ispirato a C’è troppa luce per non credere nella luce di Valerio Berruti. Si tratta di un progetto multiforme che prevede l’incontro di diverse discipline artistiche, tra cui danza, musica e arti visive, per creare un’esperienza plurisensoriale e coinvolgente.

Con il rumore di bambini che giocano in sottofondo ha inizio la messa in scena di un possibile futuro, indefinito, utopico, inteso come uno spazio “in cui speranze, ideali, incertezze e paure si intrecciano e affiorano nella vita degli uomini, per diventare tracce di pensieri dimenticati. […] La figura umana, di fronte al futuro, si trova in uno stato di sovrapposizione di potenziali. Scrutare, aspettare, immaginare che “tutto possa ancora avvenire” è il materiale poetico che andrà a definire le qualità drammaturgiche della performance. Così, sono infiniti gli immaginari possibili dei nostri “futuri possibili” e infinite le vie di luce e speranza che aspettano di essere riempite di colori e domande, di strutture e racconti.”

Poco dopo il suono della fisarmonica sul palco inizia ad accompagnare con note molto delicate ogni movenza dei due danzatori, che a tratti ricorda non solo passi di danza moderna ma quasi dei movimenti del tai chi. In quasi totale sincronia i due performer ricreano movimenti ripetitivi dando vita a prese molto leggiadre.

Se le luci erano inizialmente soffuse, con il cambio di ritmo musicale cambia anche la messa in scena e un faro fisso a terra rivolto verso il pubblico padroneggia il palco, mentre i due sono seduti di spalle. Lui le sussurra qualcosa all’orecchio, mentre piano piano tornano le voci e i rumori dei bambini in sottofondo e allo stesso tempo entrambi si alzano e tornano a eseguire quasi gli stessi movimenti iniziali ma a una diversa velocità prima di scambiarsi un ultimo sorriso e bisbiglio e finalmente andar via.

Il progetto fonde alla perfezione danza e musica, contaminando generi e stili diversi per dare vita a una nuova forma espressiva molto delicata e affascinante.

Lo spettacolo è un’ideazione della giovane compagnia YoY Performing Arts, le coreografie e la danza sono di Emma Zani e Roberto Doveri, le musiche dal vivo di Timoteo Carbone, i costumi di Hache Official con il sostegno di Intercettazioni Centro di Residenza Artistica della Lombardia / Circuito CLAPS e Derida Dance Company in collaborazione con Scenario Pubblico Centro di Rilevante Interesse Nazionale, AMAT / Civitanova Danza. Si tratta di un progetto di residenza nell’ambito di RAM Residenze artistiche marchigiane finanziate dalla Regione Marche e dal MiC.

La serata è proseguita al Teatro Rossini con DEAR SON, un progetto di residenza in anteprima nazionale, che analizza il dolore più grande ossia la perdita di un figlio che cambia improvvisamente la percezione del tempo.

Lo spettacolo racconta infatti una storia di separazione, speranza e memoria che trascende ogni barriera spazio-temporale. Due genitori vengono sconvolti dapprima dalla notizia che il proprio figlio debba partire per la guerra e in un secondo momento dalla sua uccisione.

Utilizzando la danza per rappresentare i diversi periodi della vita della famiglia, lo spettacolo offre una riflessione su passato, presente e futuro: questi tre punti nel tempo si mescolano e si confondono seppur riescono in maniera esplicita a traslare il dolore lacerante alla base di un racconto molto espressivo e convincente.

Vengono prima sviscerate tutte le tappe della vita della coppia (dall’incontro, al matrimonio fino alla vecchiaia insieme) per passare poi alla storia dei due come genitori, assistendo sia ai primi passi del bebè che alla crescita del figlio come adulto.

Come dichiarato dal suo ideatore: “Il nostro intento è quello di creare un’esperienza artistica che trascenda le parole per comunicare la complessità delle emozioni legate a questa esperienza universale. Attraverso un movimento fluido, espressivo e potente, vogliamo illustrare l’amore incondizionato tra genitore e figlio. Vogliamo esplorare come l’amore e la memoria possano aiutare a superare una simile tragedia.”

Il minimalismo che caratterizza sia le scenografie che i costumi permette allo spettatore di concentrarsi unicamente sui movimenti dei danzatori e sulle emozioni che essi stessi sono in grado di portare sulla scena attraverso una narrativa molto eloquente, in cui la danza moderna strizza continuamente l’occhio alla classica.

Oltre ai visual proiettati sia a inizio che a fine spettacolo che rappresentano immagini potenti e delicate al tempo stesso, uno degli aspetti più interessanti dello spettacolo è sicuramente la colonna sonora, composta sia dalla musica italiana di grandi nomi del passato come Gino Paoli, Claudio Villa e Fabrizio de André che composizioni più contemporanee firmate da Ólafur Arnalds e Arvo Pärt.

Dear son invita il pubblico a riflettere sulla fragilità della vita in tempo di guerra, sulla forza dell’amore familiare e sulla potenza di poter ricordare qualcuno anche dopo la sua morte: attraverso la danza, i tre performer sul palco sono riusciti a traslare in movimento le complesse emozioni alla base di una storia umana toccante e dolorosa creando un pathos crescente che si è degnamente concluso con un finale davvero suggestivo.

La coreografia è firmata da Simone Repele & Sasha Riva, gli interpreti in scena sono Anne Jung, Sasha Riva e Simone Repele. I particolari disegni video sono di Gu Jiajun (con l’aiuto di Adèle Vettu), mentre il disegno luci è di Alessandro Caso. Lo spettacolo è una produzione Riva & RepeleLe Voisin, una co-produzione con Orsolina 28, Centre des Arts Geneve, Romaeuropa Festival, Daniele Cipriani Entertainment.

Le sacre du Printemps (ph @Triennale Milano)

In conclusione, al Teatro Annibal Caro è andato in scena LE SACRE DU PRINTEMPS, un sorprendente (seppur di difficile comprensione) lavoro di una delle compagnie più originali della scena contemporanea.

Un mondo quasi onirico in cui prendono vita insetti e non solo che, grazie a una scenografia suggestiva e costumi molto elaborati, affascinano lo spettatore con movimenti eccentrici, che non ricordano poi molto la danza con la d maiuscola.

“In ogni metamorfosi e grande cambiamento dell’essere umano, la morte è sempre al fianco della vita, manifestandosi come un rito di passaggio o rivoluzione interiore. Nel mondo animale e vegetale la compresenza di vita e morte diviene ancora più letterale; spesso la morte fa parte del processo fecondativo e la vita pullula sulle carcasse decomposte. Soprattutto nel mondo degli insetti, dei semi e delle muffe, la morte è una presenza espansa: la morte è un invito alla vita. La rigenerazione ciclica delle stagioni e della fecondità della terra non sono un percorso lineare, ma lo sconquasso di tutti gli elementi. La primavera è il periodo di massimo turbamento e il terrore dell’esistenza si fonde alla gioia vertiginosa dell’esserci”.

La compagnia di danzatori si è confrontata con l’opera di Igor Stravinskij, pietra miliare della letteratura musicale e infinita sorgente visiva, mettendo in scena “il vero mistero della primavera e della violenta venuta al mondo della vita, in un conflitto tra suono e visione, tra la potente seduzione della musica e la furiosa energia dei corpi”.

Le sacre du Printemps (ph @Triennale Milano)

Il concept e la regia sono di Dewey Dell, la coreografia è firmata da Teodora Castellucci, la musica originale di Igor Stravinsky, mentre i danzatori in scena sono Filippo BabiniAgata CastellucciTeodora Castellucci, Alberto “Mix” GalluzziFrancesca Siracusa. La drammaturgia, il disegno luci e le scene sono di Vito Matera, l’esecuzione musicale registrata di MusicAeterna diretta da Teodor Currentzis, i suoni di Demetrio Castellucci, i costumi di Dewey DellGuoda Jaruševičiūtė, la realizzazione costumi e oggetti di scena Carmen CastellucciDewey DellPlastikart studio.

Lo spettacolo è una produzione Dewey Dell con coproduzione progetto RING, Macalester College / Dipartimento di Teatro e DanzaBIT Teatergarasjen, partner associato Lavanderia a VaporeFondazione Piemonte dal Vivo, con il sostegno di Regione Emilia-Romagna e di Societas, Teatro Comandini.

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