“L’Orfeo” di Monteverdi a Versailles
di Alma Torretta
26 Giu 2024 - Commenti classica
All’Opéra Royal di Versailles, dal 21al 23 giugno, gradito ritorno dell’Orfeo di Monteverdi diretto da Jordi Savall.
(Foto © Stefan Brion)
È sempre piacevole ogni tanto tornare all’origine dell’opera, all’Orfeo di Claudio Monteverdi considerato il primo esempio compiuto di teatro musicale, dopo le prove della Camerata dei Bardi a Firenze. Particolarmente se a dirigerlo è uno specialista come il maestro catalano Jordi Savall, pluripremiato per la sua lunga attività concertistica nonché di riscoperta e valorizzazione della musica antica. E fa particolarmente piacere ritornare sull’Orfeo di Monteverdi in un teatro in cui si può godere ancora appieno l’atmosfera speciale, preziosa e antica, delle sale per spettacoli di corte, anche se l’Opéra Royal di Versailles è stata inaugurata nel 1770, quindi è molto successiva alla composizione dell’opera datata 1607 e creata per la piccola corte dei Gonzaga a Mantova.
L’Orfeo di Monteverdi continua a confermare tutta la sua modernità e piacevolezza anche per uno spettatore d’oggi, in questo caso anche grazie alla bella messa in scena di Pauline Bayle che ha creato quest’allestimento nel 2021 a Parigi per l’Opéra Comique, pure allora con Jordi Savall sul podio.
Le scene di Emmanuel Clolus e i costumi di Bernadette Villard sono semplici ma efficaci, eleganti, si combinano tra loro perfettamente e con le luci di Pascal Noël, non fanno rimpiangere, in questo caso, la mancanza di altri effetti speciali perché bastano piccoli tocchi creativi per creare la giusta atmosfera di meraviglia che uno spettacolo barocco deve pure suscitare.
Delizioso è così il prato di rose finte che caratterizza il primo atto, quello in cui Orfeo ed Euridice sono insieme felici, che è diventato l’immagine simbolo di questa produzione; altrettanto poetico è il candido vestito di Euridice che scende dall’alto e diventa la sua stele mortuaria; solo per citare due esempi. Anche il confronto con il traghettare Caronte e Cerbero, il cane a tre teste, è ben risolto, anche se con minimalismo, grazie a tre danzatori in nero che si muovono a quattro zampe. Non tutti sono d’accordo, per alcuni tale semplicità è eccessiva, sicuramente contribuisce un po’ alla sensazione di lentezza complessiva dello spettacolo.
Il lavoro di Monteverdi, composto da un prologo e cinque atti, è dato senza intervallo e si sviluppa lungo due ore che scorrono, infatti, con molta calma. L’unico appunto che si può fare a Savall è, infatti, di compiacersi un po’ troppo nei singoli pezzi perdendo un po’ di vista l’insieme, indulgendo nella preziosa esecuzione da parte dei musicisti de Le Concert des Nations, orchestra creata dallo stesso Savall specializzata in musica antica con strumenti d’epoca, che vede anche alcuni elementi chiamati pure ad esibirsi sul palco, ed è un piacere anche per gli occhi, ma Savall asseconda e aspetta pure un po’ troppo i cantanti.
Un cast giovane che vede Orfeo interpretato da Marc Mauillon, voce che spazia dal registro di tenore a quello di baritono, scelta di registro fortemente voluta già nel 2021 da Savall ma forse un po’ troppo scura per la parte. Mauillon è senza dubbio un bravissimo cantante, dalla voce calda e morbida, ma non arriva ad entusiasmare nel ruolo perché la sua gioia, e poi la sua disperazione alla morte di Euridice, sono sempre un po’ ritenute, velate di dolcezza e poi di malinconia, senza picchi fortemente drammatici, questa la prima impressione già quando canta la famosa aria “Rosa del ciel” del primo atto, confermata poi nel seguito.
Gli altri interpreti sono in gran parte giovani ma di indubbio talento: il soprano Marie Théoleyre ben interpreta sia la Musica nel Prologo che poi la dolce e delicata Euridice; il mezzosoprano Floriane Hasler si fa notare come Messaggera; il mezzo Marianne Beate Kielland fa bene sia come Speranza che poi come Proserpina; il basso Salvo Vitale riesce ad essere sia un credibile burbero Caronte che poi Plutone; il baritono Furio Zanasi è un autorevole Apollo. Bravi anche tutti gli altri, dai pastori agli spiriti e alle ninfe, così come i danzatori un po’ anche acrobati e il coro dell’Opéra Royal che chiudono con il loro ultimo canto, a giusto vigoroso ritmo, l’opera che ancora una volta, con la sua straordinaria complessità per l’epoca, mostra tutto il genio di Monteverdi e del librettista Striggio nel comporre un lavoro tanto avanguardistico per i loro tempi.
Solo tre recite purtroppo, ma la versione del 2021 diretta da Savall e con Maullion nel ruolo di Orfeo è stata registrata e disponibile in un cd edito dallo Chateau de Versailles, che si può ascoltare magari metterlo a confronto con un altro Orfeo di Monteverdi della stessa collana, appena pubblicato, quello diretto da Stéphane Fuget e la sua compagnia Les Epopées con protagonista invece il tenore Julian Prégardien.
La programmazione di concerti e spettacoli incentrati sul periodo barocco dell’Opera di Versailles continua sino a fine luglio e poi riprenderà a settembre, da scoprire qui: https://www.operaroyal-versailles.fr