Straordinaria “Le cinque rose di Jennifer” a Cesena
di Roberta Rocchetti
29 Feb 2024 - Commenti teatro
Un’immersione nell’animo umano straordinaria questa “Le cinque rose di Jennifer” del grande autore, prematuramente scomparso, Annibale Ruccello. Una prova di assoluto valore, nel Teatro Bonci di Cesena, di Daniele Russo e Sergio Del Prete, guidati da Gabriele Russo.
(Foto © Mario Spada)
Cesena – Chissà quali e quanti capolavori ci avrebbe potuto regalare quello che si stava affermando come uno dei più valenti drammaturghi del ‘900 se il destino non avesse deciso per lui la sera del 12 settembre 1986 sulla strada che da Roma avrebbe dovuto riportarlo alla sua Castellammare di Stabia.
Annibale Ruccello muore ad appena 30 anni nel momento in cui la sua carriera stava spiccando il volo decisivo, nel momento in cui a tutti era chiaro che testi come Ferdinando e Le cinque rose di Jennifer tra gli altri, erano stati concepiti da un talento raro.
E proprio Le cinque rose di Jennifer ha messo in scena il Teatro Bonci di Cesena nel pomeriggio di domenica 25 febbraio, un testo che risente in ogni particella della profondissima cultura di Ruccello, antropologo, collaboratore di Roberto De Simone, studioso delle tradizioni popolari campane, acuto e intelligentissimo osservatore delle debolezze umane.
L’azione si svolge nel pieno degli anni ’70, ce lo testimoniano le canzoni che Jennifer ascolta alla radio, ma il testo è forse più attuale, o più universalmente applicabile, oggi del tempo in cui venne concepito.
Il protagonista è appunto Jennifer, un travestito o meglio un femminiello figura tipicamente napoletana la cui antica sacralità è difficilmente spiegabile in poche parole al di fuori del perimetro culturale partenopeo e Ruccello ci descrive proprio il lento sgretolarsi di questa arcaica sacralità che ha avuto inizio nella seconda metà del ‘900, riducendo, quelli che prima erano quasi venerati come creature interdimensionali, a meri oggetti sessuali, cercati di notte ma lasciati a se stessi di giorno.
Jennifer, vive in un quartiere nel quale da un po’ di tempo sembra aggirarsi un maniaco omicida che fa strage di travestiti, situazione della quale si preoccupa relativamente essendo concentrata nell’attesa di un uomo verso il quale nutre sentimenti e aspettative che si esprimono soprattutto attraverso la dipendenza dal telefono che non vede mai dall’altro capo la persona attesa, oggetto tecnologico divenuto ormai l’arbitro del suo destino.
Nel suo profondissimo abisso di solitudine Jennifer ci fa capire che per quanti pericoli si possano correre nell’arco di una giornata o di una vita il peggiore ce lo portiamo dietro e siamo noi stessi, la nostra paura, il vuoto, l’innaturale isolamento in cui ci confina una società indifferente ma giudicante o quello in cui ci auto-confiniamo in una malintesa interpretazione di libertà.
Nell’arco di poche serate, con la colonna sonora di Patty Pravo, Mina, Nada, Ornella Vanoni e Milva, Jennifer guarderà nell’abisso e l’abisso guarderà dentro di lei.
La messa in scena, un allestimento del Teatro Bellini di Napoli, è guidata da Gabriele Russo, vede sul palcoscenico Daniele Russo (premiato per questa interpretazione come miglior attore alle Maschere del Teatro Italiano 2021)e Sergio Del Prete in un gioco di ruoli in cui uno diventa due e poi ancora uno, tra personaggi spariti, mai esistiti, immaginati, desiderati, evocati finché sul palco non rimarrà che l’immenso vuoto d’amore.
L’interpretazione dei due protagonisti è inquietante, ironica, disperata, ingenua e terribile, ma Ruccello non può essere raccontato, deve essere visto, guardato, assorbito, anche perché ogni volta il protagonista non interpreta Jennifer ma diventa Jennifer, con uno strano potere di possessione che è esclusiva dei testi ruccelliani, i quali fanno nascere di volta in volta qualcosa di unico ed inedito e possiamo dire che sul palcoscenico del Bonci nessuno si è risparmiato, il tutto arricchito dalle scene di Lucia Imperato e i costumi di Chiara Aversano.
Andate, andate a teatro ogni volta che leggete il nome di Annibale Ruccello sul programma.
Un grande applauso tributato dal pubblico ha forse compensato i protagonisti di questa immersione nell’animo umano, è strano ma non ho mai visto gli attori uscire a fatica dal ruolo interpretato tanto quanto si tratta di Jennifer, ci vogliono interi minuti di applausi prima che li si riveda riprendere il contatto con la realtà dopo la scena finale.
Un plauso, oltre che al talento, al coraggio di Daniele Russo, uscito al curtain call con una t-shirt che chiedeva a gran voce lo stop dei terribili e inumani bombardamenti su Gaza.