“Felicitazioni! CCCP – Fedeli alla Linea 1984 – 2024”, report della magnifica mostra


di Francesca Bruni

12 Gen 2024 - Arti Visive, Commenti live!

Abbiamo visitato la splendida mostra “Felicitazioni! CCCP – Fedeli alla Linea 1984 – 2024” ai Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia. Un percorso affascinante che vi raccontiamo a parole e immagini.

(Foto di Michele Lapini)

Rompere il muro del silenzio, varcare la soglia di un mondo musicale che non ha compromessi contaminato da svariati fenomeni culturali degli anni ’80 che solo il gruppo emiliano CCCP – Fedeli alla Linea ha saputo fare, lasciando nelle nostre menti ricordi indelebili e scomode verità.   

Visitare la mostra iniziata il 12 Ottobre 2023 e che terminerà l’11 Febbraio prossimo, significa ripercorrere la storia di una band e non solo, che ha saputo dare un’impronta unica, originale ed un’apertura mentale che va ben oltre il fenomeno punk, come lo chiamavano all’epoca.

Un percorso affascinante e sbalorditivo che il visitatore ripercorre, accompagnato da un silenzio interiore necessario in cui tutto ciò che è fuori dai Chiostri di San Pietro lo si dimentica, per immergersi in un’apoteosi riflessiva e meravigliosa.   

Tutto inizia all’esterno del complesso dove tre sagome marcianti dei VoPos, la polizia popolare della Berlino Est, ed un’enorme scritta rossa “Felicitazioni”, accolgono il visitatore con la consapevolezza che tutto sarà sorprendente ed inaspettato.

Appena entrata all’interno del Chiostro Piccolo, caratterizzato da un grande arazzo raffigurante il gruppo all’apice del successo e ventiquattro bandiere di estinti stati sociali, sapevo già che il mio cuore e la mia anima si sarebbero interfacciati con lo sguardo degli altri visitatori, perché i CCCP sanno dare questo e molto altro.

Nella corte interna i simboli di una Berlino che non esiste più, dei cavalli di frisia, il filo spinato, un pezzo del muro, una Trabant simbolo distintivo della Germania dell’Est insieme a dei megafoni che riecheggiano la loro musica, fanno ancora più suggestione se uniti alla pioggia battente che nel giorno della mia visita scalfiva il terreno.

Tutt’intorno, su ogni parete, è riflessa e ripetuta la frase “È una questione di qualità”, storia di un confine travalicato e di una Reggio Emilia genuina da non dimenticare ed in continuo fermento. 

La mostra è suddivisa su due piani per un totale di venticinque sale; al piano terra si vive l’atmosfera di ogni singolo disco, attraverso materiali d’archivio come, abiti unici ed accessori di scena in un susseguirsi di pezzi rari dall’intensa e variegata originalità come i video promozionali dei loro dischi dal sapore surreale destando in me una grande emozione e curiosità. 

Con il proseguire della visita in cui la struttura rupestre ed i cimeli esposti diventano un tutt’uno, nella parte superiore ammiriamo manifesti dell’epoca di riviste, foto, video rari di trasmissioni televisive, concerti ed interviste in un eco sonoro paranoico che rievoca la storia di un universo che ha segnato un’era. 

Bellissima è la sala in cui vi sono in terra un susseguirsi di apparecchi televisivi che rievocano le loro estroverse apparizioni televisive, attraverso una riflessione sul coraggio di essere sé stessi quando ciò poteva costare molto ed aveva un senso osare.

Altra chicca è la stanza dedicata alla collaborazione artistica intrapresa con Amanda Lear che portò la band ad esibirsi negli scenari più trasgressivi, icona di un’epoca sfavillante e tentatrice che intrappola il visitatore tra schermi reticolati e sorrisi patinati.

Il freddo si fa sentire ed il percorso prosegue tra stanze dedicate a Piazza Tienanmen, al Tuwat di Carpi ed al Punk Islam, seguono poi domande e riflessioni personali; rendendomi conto che all’inizio della loro ascesa ero piccola, sussurro alla mia mente: “cosa mi sono persa”…

Il tutto davanti ad un muro che proietta un loro concerto dell’epoca, performance audaci e teatrali come un quadro espressionista, fenomeni di costume e protesta.  

Felicitazioni!

Inedita è la sala con delle casse acustiche sospese per aria che propongono un brano mai registrato dal titolo “Onde” che occupa l’intero corridoio e tra una stanza e l’altra, appesi alle pareti, stravaganti manifesti dei loro concerti e ritagli di giornali, riguardanti articoli, dissacratori e non, circa le loro esibizioni.

I CCCP per molti erano i profeti del punk filosovietico, per altri invece non comprensibili ma resta il fatto che uscita da questa mostra, ho capito che hanno rappresentato l’autenticità e di aver segnato un periodo epocale che nostalgicamente non si ripeterà più nella storia umana; la loro musica è parte integrante del contenuto di una scatola ricca di memorie che tutti noi dobbiamo conoscere e ricordare; quello che siamo adesso in parte lo dobbiamo a loro.

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