Bella “Turandot” allOpéra Bastille di Parigi.
di Alma Torretta
13 Nov 2023 - Commenti classica
Parigi, all’Opéra Bastille torna con successo la “Turandot” firmata Robert Wilson che ne sottolinea la modernità. Suggestivo l’allestimento, buone le voci, ottima Tamara Wilson nel ruolo protagonista.
(Foto © Agathe Poupeney-OnP)
Colori vividi, monocromie, ombre cinesi, pantomime, per ambientare l’ultimo capolavoro incompiuto di Puccini tra passato e contemporaneità, anche se i riferimenti all’antico oriente restano predominanti, traendo spunto non solo dalla Cina ma anche dal Giappone, in particolare dalle maschere e movenze del teatro Noh, con il risultato di fare apparire l’opera “Turandot” in tutta la sua modernità, e senza tradirne lo spirito originario di fiaba.
Con messe in scene tradizionali, invece, a volte si ha più difficoltà a cogliere l’evoluzione novecentesca della scrittura del compositore, mentre qui tutto, dai piccoli movimenti ripetuti degli interpreti all’uso delle luci sature, che passano dal blu del ghiaccio al rosso del fuoco, sembrano sottolinearne gli aspetti più innovativi. Molto efficace poi il presentare Ping, Pong e Pang, i tre ministri del regno, in abiti neri come dei mimi d’oggi, attualizzandoli e rendendoli più facilmente comprensibili e godibili dal pubblico contemporaneo, l’evoluzione delle maschere della commedia dell’arte in artisti di cabaret.
La Turandot creata nel 2018 per il Teatro Real di Madrid dal regista americano Robert Wilson, utilizzando il finale di Franco Alfano con i tagli di Toscanini, già andata in scena a Parigi nel 2021, adesso riproposta di nuovo all’Opéra de Paris a Bastille con diversi cast che si susseguono, convince quindi sempre di più come un allestimento di riferimento.
Robert Wilson ha firmato la regia in collaborazione con la tedesca Nicola Panzer, e anche scene e luci, insieme rispettivamente a Stephanie Engeln e John Torres, con il suo stile minimalista inconfondibile che nasconde tanto lavoro di squadra, mentre i bellissimi costumi sono di Jacques Reynaud e in questo caso da citare anche il sofisticato trucco dei visi curati da Manu Halligan. Noi abbiamo assistito ad una rappresentazione con sul podio Marco Armiliato, che poi nelle ultime recite cederà la bacchetta a Michele Spotti, e sin dalle prime battute è chiaro che il maestro ha cercato una lettura con dinamiche ben marcate della partitura.
Nella parte di Turandot un’ottima Tamara Wilson che nel ruolo ha fatto il suo debutto all’Opera di Parigi dove tornerà presto, il prossimo febbraio, per interpretare Beatrice di Tenda di Bellini. La Wilson si rivela fine interprete e se la freddezza del suo cuore è inizialmente ben tradotta con la necessaria potenza e acuità, poi i primi tentennamenti sono espressi in pianissimo assai ben controllati ed infine l’amore che la conquista emerge appassionato. In altre recite, nella parte della principessa anche le soprano Irene Theorin, Elena Pankratova e Anna Pirozzi. Il nostro Calaf è stato il tenore Gregory Kunde, che si alterna nelle rappresentazioni con il tenore lirico spinto Brian Jagde. Kunde si conferma un ammirevole esempio di longevità vocale, timbro ancora molto bello, dizione e fraseggio perfetto, grande musicalità e padronanza dei mezzi vocali, anche se a quasi settant’anni comincia a non avere sempre la stessa potenza. Come Liù noi abbiamo poi sentito il giovane soprano franco-guatemalteca Adriana Gonzalez, che si alterna, nella parte, con Ermonela Jaho, ed è stata davvero una bella sorpresa, voce di grande dolcezza come necessario per la parte, con pianissimo ben eseguiti, assai commovente nell’interpretazione, giustamente gratificata da calorosi applausi. Bravi pure il baritono Florent Mbia come Ping ed i tenori Maciej Kwaśnikowski e Nicholas Jones come Pang e Pong, tutti e tre artisti della Troupe lyrique de l’Opéra che mostrano ottima preparazione non solo vocale ma anche attoriale. Molto bene pure il tenore Carlo Bosi come imperatore Altoum che qui discende dall’alto e resta sospeso a mezz’aria, e il basso Mika Kares come il vecchio re spodestato Timur, padre di Calef. Buona prova del coro diretto da Ching-Lien Wu anche se la dizione italiana non è sempre chiara.
All’Opéra de Paris Bastille sino al 29 novembre.